la Repubblica, 25 ottobre 2018
La scrittura che voleva Vito Laterza
Le stanze segrete d’una casa editrice possono raccontarci molte cose. Clamorosi rifiuti, relazioni imprevedibili, sogni mai realizzati. Ma il modo migliore per attraversarle è trarne indicazioni per il futuro. Così dai sette pannelli dedicati ai rapporti tra il marchio Laterza e i grandi scrittori del Novecento – in mostra da oggi al 2 febbraio presso la Biblioteca Nazionale di Roma (a cura di Giorgio Nisini ed Eleonora Cardinale) – si ricavano informazioni sulla singolare bocciatura di Luigi Pirandello e Luigi Capuana, entrambi respinti dall’editore forse perché invisi al nume tutelare Croce. E si scopre che lo stesso Croce, che pure fin dall’inizio aveva osteggiato «romanzi, novelle e letteratura amena» disegnando così il Dna della casa editrice in senso saggistico, si sarebbe dato molto da fare per aprire il catalogo allo “squisito” Salvatore Di Giacomo. Ma oltre questa preziosa storia culturale, che getta una luce diversa sui molteplici legami con la tradizione letteraria della Laterza “editore di roba grave”, c’è un aspetto progettuale ancora molto vivo che si può leggere nel lavoro di Vito Laterza. Fu lui a segnare una svolta culturale che ancora ci interpella, invocando più di sessant’anni fa «una prosa narrativa» provvista «di un saldissimo fondamento documentario». Lo esplicita in una lettera a Corrado Alvaro del 13 gennaio del 1954: «Avventure dell’Anima non ne vogliamo: altri editori già coprono egregiamente questo settore della produzione libraria. C’è intorno a noi una quantità di cose che vanno ancora scoperte, ci sono dei tratti nuovi, grandi, decisivi della nostra storia quotidiana che occorre far conoscere a tanti per quell’unica via di conoscenza che la letteratura fornisce» (il carteggio con Alvaro sarà pubblicato a gennaio a cura di Nisini). La collana progettata con lo scrittore calabrese, Cronache, poi non si sarebbe fatta. Ma era già tracciato un genere editoriale che adattava le potenzialità della scrittura letteraria in direzione saggistica: matrimonio felicemente realizzato con la collana dei Libri del Tempo, che annoverò anche il lavoro di Brancati sulla censura, I minatori della Maremma di Bianciardi e Cassola, Le parrocchie di Regalpetra di Sciascia, Silenzio a Milano di Anna Maria Ortese. Sempre in quella lettera, Laterza spiegava che nello stato in cui la cultura italiana allora si trovava – «tra una società sclerotizzata e una germinante» – non era possibile «che la letteratura non si rendesse conto». Impensabile allora. E ancora più inconcepibile oggi.