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 2018  ottobre 24 Mercoledì calendario

L’X Factor della musica classica

Un talent di musica classica è quasi una contraddizione, perché nel nostro ambiente lo sappiamo tutti: il talento arriva fino a un certo punto, il grosso è dedizione, studio, abnegazione. Ma se ne sei consapevole, allora essere qui è interessante», dice Francesco, 18 anni, riccioli rossi disordinati, jeans e scarpe da tennis, violoncellista del Trio Chagall in mezzo a un gruppo di altri giovani, violinisti, pianisti, flautisti...
Benedetti ragazzi: Francesco, Jacopo, Lorenzo, Marcello, Martina, Beatrice, hanno studiato anni, almeno cinque ore al giorno, pomeriggi interi su Beethoven, Schubert, Shostakovich, e ora sono qui educati, professionali, seri, davanti a un possibile futuro che pareva lontano.
Dare visibilità ad artisti di un genere che da noi è considerato la cenerentola della musica è lo scopo di Amadeus Factory, già battezzato “l’X Factor della musica classica e colta”, organizzato per il secondo anno dalla rivista musicale Amadeus, ma per la prima volta in collaborazione con Sky. Proprio su Classica HD, canale 136, dal 29 ottobre, con strisce quotidiane e approfondimenti settimanali, si vedranno le selezioni e le varie fasi del contest, poi il 12 novembre la semifinale dal Conservatorio di Milano presieduta da Ottavio Dantone e il 1 dicembre dal Teatro Dal Verme, sempre a Milano, la finalissima condotta da Elio, con i 4 migliori diplomati e neodiplomandi (l’età di chi si è presentato va dai 17 ai 38 anni), uno per ciascuna delle 4 categorie in gara: cantanti, musicisti jazz, pianoforte e musica da camera.
In questi giorni, nella sede milanese di Yamaha, partner del talent, i musicisti degli ensemble da camera sono entrati nella fase dei “workshop”: come a X Factor, lavorano con i giudici, che qui, più rispettosamente, chiamano “maestro” – e sono fior di artisti: Enrico Pieranunzi per i musicisti jazz, Monica Bacelli per il canto, Beatrice Rana per i pianisti e Enrico Bronzi, appunto, per la musica da camera.
E se nel gergo arrogante dei talent questa sarebbe un’ulteriore fase di selezione, perché da 20 i concorrenti scenderanno a 8, qui è vissuta come una parentesi formativa: «Quando mai avremmo avuto l’occasione di una lezione dal maestro Bronzi», dicono nella sala prova, tramortiti più dall’emozione di farsi ascoltare da Bronzi, violoncellista del Trio di Parma, docente a Salisburgo, che dalla presenza delle telecamere che riprendono. Un talent dei nerd? «Ma no. Questi sono gli stereotipi che ci accompagnano da una vita», sbuffa Lorenzo Nguyen, 20 anni, pianista, appassionato dei Pink Floyd. «La mia passione è l’heavy metal», dice Marcello Sette, 18 anni, violoncellista del Duo Sette Imperatrice. «Noi De André», dicono i gemelli Famà, flautista e pianista: non hanno mai visto X Factor, Amici o altri talent. «Semmai Masterchef», dice Edoardo Grieco, violinista, 19 anni. Che ci fanno qui, allora? «La musica è lavoro e impegno, e qui c’è un bel clima di confronto e ascolto», dicono violinista e pianista 22enni del duo De Luca-Barison. Come molti, sono già passati per concorsi e esibizioni.

«Il nostro obiettivo è metterci al servizio dei giovani che cercano di costruirsi un futuro in musica», dice l’ideatore e curatore del “talent di classica” Biagio Scuderi. Il vincitore dello scorso anno, Lorenzo Albanese, fisarmonicista di Vibo Valentia, ha già trovato occasioni concertistiche attraverso la rete di collaborazioni del talent con la Società del Quartetto di Milano, la Gioventù Musicale d’Italia, la Fondazione Zeffirelli di Firenze, oltre a quelle con l’Accademia della Scala e dello Ied i cui allievi hanno partecipato alla realizzazione.
Il casting di Amadeus Factory è partito in 80 istituzioni tra Conservatori e scuole musicali italiane, pescando in un bacino di oltre 70mila studenti-musicisti, la maggior parte dei quali una volta diplomata, finisce per insegnare nelle scuole. Hanno risposto 11 scuole, ciascuna con 5 allievi per ogni categoria in gara. «Se ci fosse stato ai miei tempi l’avrei fatto, è un’occasione importante», dice Bronzi, «perché i talent, come i concorsi, richiedono disciplina interna. Il grande artista non è chi vince il primo concorso o talent, ma chi impara qualcosa nel primo, poi prova il secondo e così via. È il percorso che fa grande un artista, non il risultato della gara».