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 2018  ottobre 24 Mercoledì calendario

Il ragazzo del fight club: «Da quando organizzo risse ho 400 follower in più»

Uscito dalla stazione dei carabinieri, sembra provato, guarda per terra. Ma appena parla dell’impennata della propria popolarità sui social network, il volto si apre in un sorriso. «Da quando ho cominciato a organizzare gli incontri, ho guadagnato 400 follower su Instagram. I ragazzi che si sono picchiati in poche settimane sono stati seguiti da mille persone in più rispetto a prima», dice trionfante il quindicenne di origini bosniache che nell’ultimo mese ha convocato e promosso le risse fra coetanei nel centro di Piacenza.
Di fronte al bar del paese in cui vive, a venti minuti di pullman dalla città, spiega la genesi del suo business, in cui il solo guadagno è qualche seguace in più in rete. «Quando venivo a sapere che due ragazzi volevano picchiarsi, magari per uno screzio nato da un “mi piace” di troppo a una tipa, consigliavo di farlo in pubblico.
Decidevamo luogo e ora. Poi spargevo la voce su Instagram e nelle chat di WhatsApp. Risultato: centinaia di persone a godersi la rissa». È lui, iscritto a una scuola professionale per meccanici, il piccolo Don King dell’improvvisata Las Vegas di via San Siro, vicolo dietro al Coin di corso Vittorio Emanuele. Gli spalti sono una lamiera inclinata, sui cui negli anni sono state scarabocchiate bestemmie, promesse d’amore e slogan calcistici. Il ring è uno spiazzo di quattro metri per quattro. Lì, sempre alle quattro e mezza del pomeriggio per tre sabati a fila, si sono sfidati ragazzi molto giovani. Alcuni tredicenni. Tutti smaniosi di comparire sugli schermi degli smartphone dei coetanei. Magari con un sopracciglio pesto o un occhio nero, poco importa. «Solo i primi due ragazzi che si sono picchiati erano arrabbiati l’uno con l’altro, poi ci abbiamo preso gusto», ammette il piccolo manager. Sul suo profilo Instagram compare in posa di fronte a un’auto dei carabinieri, mentre mostra il dito medio.
Tre giorni fa la questura ha fatto trovare dietro al Coin agenti in divisa e in borghese. Sono 63 i giovani che sono stati controllati. In sei sono stati portati per accertamenti nella stazione dei carabinieri. E sarebbero una quindicina quelli che rischiano guai giudiziari. «Ma per ora nessuno denuncia – dicesconsolato un poliziotto – sembra fossero tutti d’accordo». La procura presso il tribunale per i minorenni di Piacenza avrebbe aperto un fascicolo a “modello 45”, senza indagati né ipotesi di reato. Il questore Piero Ostuni ripete il suo appello: «Invitiamo i genitori a cercare di capire i propri figli adolescenti, e di segnalarci eventuali comportamenti allarmanti».
Questa mattina incontrerà i presidi delle scuole superiori di città e provincia, per studiare un protocollo contro il dilagare della violenza pompata dai social network. «Ricordiamo ai ragazzi le loro responsabilità, anche penali. Usati da loro, i social network sono come armi cariche in mano a bambini», dice Cristina Capra, dirigente dell’istituto tecnico Romagnosi, a poche centinaia di metri dal luogo delle scazzottate. C’erano anche suoi studenti fra quelli accalcati attorno ai pugili del sabato pomeriggio. Di fronte agli istituti professionali Marconi e Da Vinci, un ragazzo di origini marocchine racconta una piccola storia di buon senso: «Ho visto due tredicenni che si menavano e ho avuto pena per loro, li ho fermati», dice. Per il resto, nel ricordo concitato degli studenti in attesa dell’autobus, le cronache dei match suonano così. «C’ero quando è stato picchiato l’albanese di merda». «Ci godo che il bosniaco ha fatto il culo a quel terrone». L’appartenenza etnica è uno dei punti su cui gli organizzatori hanno fatto leva per alzare la temperatura in attesa degli incontri, con post anonimi su chat come This Crush. «Non è razzismo – assicurano in coro i quindicenni, figli di nordafricani, filippini, ecuadoriani e piacentini doc – infamarsi prima del match è solo un modo per fare più casino».
Negli sport di combattimento si chiama trash talk. Serve a fare lievitare gli incassi in tv. Dietro al Coin di Piacenza funziona allo stesso modo, porta ai combattenti una manciata di follower.