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 2018  ottobre 24 Mercoledì calendario

L’immortalità esiste. Con il Sé digitale

In una scena di «The Congress» l’attrice Robin Wright entra in una cupola luminescente in cui ogni movimento del corpo e ogni micro-espressione del viso viene scannerizzata per creare un duplicato digitale. Più affidabile e docile della persona reale ai voleri dello studio cinematografico che ha commissionato la replica.
Nel film di Ari Folman la protagonista cede ogni diritto sulla sua identità virtuale in cambio di una cospicua somma. Distopia tecno-hollywoodiana? Non proprio. Già nel 2014, anno del film (tratto dal libro di Stanislav Lem «Il congresso di futurologia»), il team del mago della realtà virtuale Paul Debevec all’Institute for Creative Technologies della University of Southern California aveva allestito i «Light Stages», cupole led per ricreare volti in grado di parlare ed esprimere emozioni.
Oggi la tecnologia di replicazione è in accelerazione. E il campo di sperimentazione sono i laboratori di effetti speciali e di «Cgi» («Computer generated images») degli Studios. «Facciamo lo scan ai nostri attori», ha rivelato Ben Morris, supervisore della Lucasfilm, al webmagazine Inverse. «Ci serve da riferimento». La Lucasfilm ha già resuscitato virtualmente Carrie Fisher per far tornare giovane la principessa Leia in «Rogue One: a Star Wars Story». Nel corpo di pixel si muoveva però un’altra attrice, Ingvild Deila, attraverso la tecnica del «ghost acting», in cui l’attore reale ha il ruolo del burattinaio che muove l’avatar. «La tecnologia è diventata più veloce e precisa e questo ci permette di ricreare i dettagli più complicati quali i capelli».
Anche la Marvel ha fatto bere alcuni dei suoi supereroi alla fontana della giovinezza hi-tech. In «Captain Marvel», di prossima uscita, Samuel L. Jackson si ritroverà nella pelle di un Nick Fury più giovane di 20 anni grazie ai «Cgi». Lui ha definito l’esperienza «a dope», una droga. Un’affermazione ambigua.
Le star, in effetti, sono più smaliziate del personaggio di Robin Wright riguardo i «doppelganger» digitali. Secondo Darren Hendler, manager della società di effetti speciali Digital Domain, tra i propri clienti ci sono diverse celebrità che hanno richiesto un clone virtuale. Hendler non fa nomi. Ma alla «Technology Review» del Mit ha spiegato che il servizio consiste nel catturare ogni angolazione di un individuo attraverso centinaia di led disposti in una sfera. Ogni sfumatura del volto è registrata, dai singoli pori all’angolo di un sorriso. Il processo arriva al punto di simulare i riflessi della luce sulla pelle in un giorno di sole. «E possiamo ricreare i flussi del sangue dei capillari».
Un doppio agli eredi
I vantaggi non sono pochi, dalla possibilità di recitare in ruoli di personaggi più giovani dell’età reale all’occasione di lasciare, con i diritti, un doppio agli eredi. Che continueranno a farlo recitare e a incassare le «royalties». Il costo del servizio è a misura di una star: un milione di dollari. E intanto i divi diventano sempre più attenti alla loro immagine, ora che c’è la possibilità che acquisti una sorta d’indipendenza dall’originale.
Tom Cruise, scannerizzato in «Oblivion», ha preteso che i dati dell’alter ego digitale gli fossero consegnati e tutte le altre copie distrutte. Robin Williams, nel testamento, ha ceduto i diritti della sua immagine dopo la morte - inclusi i doppi in pixel - a una fondazione benefica.
Ma è possibile ricreare la recitazione, oltre che il look di un attore? I maghi degli effetti speciali studiano algoritmi che setacciano ogni apparizione: sullo schermo o nei video privati. Così come ci sono «bot» che ricompongono la personalità di un individuo, dalla vita nei social e attraverso le email spedite.
Il «bot» per il compagno
Ha fatto sensazione il «bot» che l’imprenditrice di start-up Eugenia Kuyda ha realizzato per Roman Mazurenko, assemblando messaggi ed email e ricomponendoli in una rete neurale. Lei lo ha definito un «monumento digitale» al compagno perduto. Chiunque può conversare con l’avatar di Mazurenko, scaricabile su Apple Store. Roman non è solo in questo limbo. Eter9 è un social che impiega l’Intelligenza Artificiale per creare dei sé virtuali. E, quando i costi delle repliche digitali si abbasseranno, la ricostruzione - esteriore e interiore - verrà combinata. Così si reciterà all’infinito in un prossimo e inquietante futuro.