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 2018  ottobre 24 Mercoledì calendario

Biografia di Flavio Lucchini

Primo scatto. «Franco Sartori era un grande giocatore - racconta Flavio Lucchini -. Quando l’ho incontrato aveva da poco perso una fortuna con Renato Rascel al Casinò di Campione, suo padre era direttore generale al Corriere della Sera... i giovani architetti Gae Aulenti,Vittorio Gregotti e altri gli parlarono con entusiasmo di un mensile da me progettato che si chiamava Fantasia. Diventammo amicissimi. Con le locandine per la Domenica del Corriere iniziai la collaborazione con Dino Buzzati; non dimenticherò mai lo storico manifesto per la morte di Stalin... Nel 1959 fui assunto per realizzare il femminile che su indicazione di Buzzati si chiamò Amica». 
Secondo scatto. «Ho conosciuto Helmut Newton nel 1963 a Parigi appena arrivato dall’Australia. Mi raccontò che i genitori a 16 anni lo avevano imbarcato per la situazione razziale a Berlino... Mi chiamava “Il Professore” perché aveva saputo che avevo mollato il posto di ruolo come insegnante di disegno per fare l’art director. Il primo servizio per Vogue lo facemmo a Rho-Pero quando c’erano raffinerie e campi incolti. Helmut fotografava da lontano con un potente teleobiettivo. Io stavo a metà strada fermo in un punto dove aveva stabilito il “fuoco” per lo scatto. Verena era lontanissima, vestita di pelle nera, stivali sopra il ginocchio». 
Il logo Armani
Terzo scatto. «Il giovane Armani dopo l’esperienza come buyer in Rinascente dimostrando subito il suo talento s’occupava per Cerruti e Hitman delle linee uomo, delle scarpe realizzate dai Fratelli Rossetti a Parabiago, dei tessuti e di tutto il resto... Nel 1974 quando il rapporto andò in crisi Giorgio e Sergio Galeotti, il suo compagno, vennero a chiedermi un consiglio. C’era solo una via d’uscita: mettersi in proprio. Sergio fu subito entusiasta; Giorgio più titubante: dove prendiamo i soldi? Fai 6 pagine di pubblicità su l’Uomo Vogue. Noi ti facciamo credito. Conoscendo il valore eccezionale di Giorgio come uomo e come stilista non avevo dubbi. Seduta stante con il Bodoni originale di Vogue, gli composi il logo che ancora oggi usa».
Stile Lucchini. Con prodigiosa memoria e senza rancori alla vigilia dei festeggiamenti per i suoi 90 anni (serata Ricomincio da 90 sabato alla Triennale di Milano con video-racconto, testimonianze e sue sculture) Flavio Lucchini, l’art director ideatore e fondatore di tante celebri testate di moda (da Amica a Vogue Italia e Uomo Vogue, Lei/Glamour etc etc) riavvolge, scatto dopo scatto, la storia della sua affascinante vita dall’infanzia in una famiglia contadina del Mantovano ai mille incontri nella Milano del boom dove fra architetti e artisti al bar Giamaica e una serata allo Stork quel giovane geniale e squattrinato incontrò il suo destino e diventò per sua ammissione «malato di fashion». 
Riflette: «Dovevo diventare contadino. Da provinciale quando ho scoperto la haute couture con sarti appassionati, donne affascinanti come Consuelo Crespi e straordinari fotografi come Richard Avedon e Irving Pen mi sono fatto travolgere. Ho avuto la fortuna di poter presentare la moda con i più grandi fotografi, le modelle più belle, la carta più preziosa e i migliori stampatori. Ora invece i poveri direttori devono fare i conti tra tagli di mezzi e tanto cattivo gusto!».
Andy Warhol
Da Andy Warhol a Elio Fiorucci, da donna Marella Agnelli a Diana Vreeland, dal giovane Yves Saint Laurent a Gianni Versace («mi portò i primi pantaloni da uomo tagliati con sua mamma») a Federico Fellini, Ettore Sottsass, Giangiacomo Feltrinelli in posa per l’Uomo Vogue. Altro che certi influencer dei nostri giorni! Ben altro mondo quello che Lucchini descrive nella sua autobiografia (ed. MyOwn Gallery). Per la copertina il creativo ha scelto la parola «destino» fatta dalla nipotina Luna, 11 anni, con lo smartphone. 
È lo spirito di un uomo che per decenni da generoso talent scout ha lanciato tanti fotografi (solo tra gli italiani Oliviero Toscani, Gian Paolo Barbieri, Giovanni Gastel, Fabrizio Ferri) e giornalisti. «È il vero inventore e creatore del made in Italy», sostiene Oliviero. Il giovane figlio di Fedele Toscani, fotografo del Corriere, per Flavio cominciò posando da modello; nel 1976 fu suo testimone alle nozze molto low profile di Lucchini con Gisella Borioli, la giornalista da sempre suo braccio destro. L’altra testimone era Franca Sozzani che aveva assunto con una inserzione. «Volevo ragazze preparate non “punta spilli” come le chiamavano David Bailey e Toscani! La moda è cultura, è cambiamento. Soprattutto non dovrebbe mai essere uno status symbol».
Made in Italy
Lucchini&Borioli aiutati dall’industriale Renzo Rossetti nel 1983 aprono dove c’erano fabbriche dismesse il primo Superstudio rivoluzionando una fetta di Milano. Infine, Flavio si dedica solo alla sua arte con surreali sculture, totem, esplorazioni sul burqa. Domando: anche il marchio Versace è stato venduto, siamo alla fine del made in Italy? Il sempre giovane Lucchini risponde: «Non esiste l’Italia o Milano. Esiste il mondo! Capitali americani, cinesi o francesi? L’importante è che la nostra moda sia sempre apprezzata».