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 2018  ottobre 23 Martedì calendario

Robin Wright «Che fatica finire House of cards senza inseguire Trump Spacey? Mai più sentito»

«Sapevamo fin dalla prima stagione che Claire non sarebbe stata la moglie di un politico e basta», avverte Robin Wright, 52 anni: la sua Claire Underwood arriva alla presidenza degli Stati Uniti nella sesta e ultima stagione di House of cards, creata da Beau Willimon per Netflix, dal 2 novembre su Sky Atlantic. Prima presidente donna Usa, ed era già nell’aria la sua presidenza ancora prima che Kevin Spacey venisse fatto fuori dalla premiata serie per il famoso scandalo sessuale che lo ha travolto. Claire è sempre stata non solo il braccio destro di Frank Underwood e compagna di cordata nella scalata del marito da membro del congresso a vicepresidente a Presidente, ma un’autentica forza trascinatrice nella saga washingtoniana.

La Wright, madre di due figli avuti dall’ex marito Sean Penn, Golden Globe come miglior interprete per House of cards nel 2014, candidata tre volte agli Oscar (anche per Forrest Gump nel 1994), nella nuova stagione di House of cards dopo la morte sospetta di Frank cerca di approntare uno staff tutto femminile. Tra i nuovi personaggi i fratelli Sheperd, interpretati da Greg Kinnear e Diane Lane, miliardari con chiari intenti di manipolazione politica sulla Casa Bianca. La incontriamo a Los Angeles: t-shirt bianca con giacca di finta pelle, jeans neri e stivali con il tacco, trucco minimo.
Come è stato tornare a girare sul set di "House of cards" senza Kevin Spacey?
«È stata una cosa cui ci siamo dovuti adattare tutti, i produttori, Netflix, lo studio. Abbiamo avuto molte discussioni sul da farsi, abbiamo avuto bisogno di tempo per capire quello che era successo, per questo ci siamo chiusi per mesi a valutare le opzioni che avevamo davanti. Il clima era teso, nessuno sapeva che fare, era sulle prime pagine di tutti i giornali, c’era tanto da prendere in considerazione. La decisione finale è venuta perché dovevamo pensare ai fan dello show e tenere in piedi la sua eredità. E allora perché non chiudere con la storia che c’era sempre stata: avevamo sempre saputo che Claire sarebbe diventata presidente. È cambiato solo il modo in cui ci è arrivata».
Ha più sentito Spacey, dopo tanto tempo insieme?
«No, nessun contatto. (Guarda fisso e lascia capire che è meglio far cadere l’argomento, ndr). Ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo ricominciato da capo, a riscrivere tutto. Il nostro set è sempre stato divertente e c’è sempre stato un grande legame fra noi, e quello non è mai cambiato».
Gioie e ostacoli nell’avere un ruolo da protagonista assoluta?
«Nessun ostacolo, onestamente, a parte il fatto che le mie giornate sono state molto più lunghe. Ho anche diretto l’episodio finale, che abbiamo cambiato all’ultimo momento e che penso vi scioccherà. Ovviamente dovevamo seguire anche quello che succedeva a Washington, ma con il presidente che abbiamo anche le cose più assurde che pensavamo lui le faceva, come se ci copiasse! Quindi dovevamo cambiare idee in continuazione. Ed è stato importante vedere che può significare avere una donna presidente, con uno staff solo di donne, osservare 25 donne in una sala delle conferenze, come cambia la comunicazione, come si prendono decisioni in modo più collaborativo. È un approccio diverso».
E come cambia?
«Beh, nello show vedi perché non funziona. Lo capisci nel suo rapporto con la sua vecchia amica, Annette Sheperd, interpretata da Diane Lane: non c’è nessuno di cui ti puoi fidare».
Perché secondo lei non c’è stata finora una donna presidente?
«Perché le elezioni sono state truccate? È un’ipotesi di cui hanno parlato, lo so, ma è una domanda interessante perché ci sono tanti paesi guidati da donne e noi siamo il paese delle opportunità. Io ho solo una parola per quello che succede in questo paese: devastante! Ma non rinuncio alla speranza di una donna presidente e al fatto che possa portare un vero cambiamento, magari ci sarà una polvere magica che porterà alla trasformazione di cui abbiamo bisogno».
La nuova stagione introduce ancora più l’influenza delle corporation sul potere politico.
«Non voglio commentare troppo la nostra amministrazione, ma il punto dello show era proprio quello, introdurre questi personaggi che emulano quello che era il Tea Party. È vero: l’America del corporativismo minaccia la democrazia e crea nuove avversità per Claire. Lei ha imparato dal migliore, Frank, e deve usare tutto il suo talento per resistere perché è una donna. Deve conquistare nuovi amici per farsi nuovi nemici».
Cosa le mancherà di Claire?
«I vestiti. Non ho potuto tenerne nemmeno uno perché stanno preparando una mostra che girerà il mondo. Lo stile di Claire cambia da una stagione all’altra, e diventa sempre più "militare" man mano che prende il potere».
Cosa si aspettava da Claire quando è iniziata la serie?
«Esattamente quello che ha fatto: Claire e Francis avevano un accordo, un’unione di corruzione e efficienza in cui si sono nutriti a vicenda, con amore e rispetto. Quello che non sapevamo all’epoca è come sarebbero diventati rivali. David Fincher, il primo regista, ha sempre detto che lo avremmo capito insieme. E così è stato».