la Repubblica, 23 ottobre 2018
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Biografia di Gabriele Gravina
Se il volto del nuovo presidente della Federcalcio vi sembra per qualche ragione familiare, magari l’avete visto in qualche vetrina del centro, dove si presta, fiero delle sue rughe, a una réclame di abiti da uomo. La casa sartoriale Brioni, che ha vestito Tom Cruise e Morgan Freeman, cercava testimonial dalla vita quotidiana e ha scelto Gabriele Gravina. Su Instagram, troverete lo spot in cui, vestito di cachemire, sorseggia pensieroso un caffè, alla finestra. «Mi chiamano amici da tutto il mondo, è una cosa bella», la concessione alla vanità. In attesa di capire se sarà un presidente modello, la Figc ha un modello per presidente. Il gusto per la scena, in fondo, non è casuale per uno nato 65 anni fa a Castellaneta (Taranto), la città del mito di Rodolfo Valentino. Figlio di Francesco, dipendente del consorzio di bonifica, e di Maria Concetta, casalinga, Gabriele Gravina vive in Puglia fino a 24 anni. Si laurea in Giurisprudenza, studia dai Padri Dehoniani, che invitano a uscire dalle sagrestie, si dedica all’associazionismo dopo l’incontro con don Leonardo Molfetta, vive il circolo culturale La Fenice e la comunità L’incontro, che assiste i più deboli: c’è una cassetta dove ciascuno dona quel che può e prende secondo i suoi bisogni. Nel ’77 si trasferisce in Abruzzo: per trent’anni a Castel di Sangro, da più di dieci abita a Sulmona con la compagna Francisca, sorella di Maximo Ibarra, l’ex ad di Wind, oggi Ceo dell’olandese Kpn. Cavaliere al merito, commendatore, Gravina ha due figli da un precedente matrimonio, Francesco e Leonardo, che lo affiancano nell’azienda di famiglia. È nonno di Gabriele, Clara, Ginevra ed Emma. Un passato da centrocampista dilettante, si avvicina al calcio a Castel di Sangro, seimila anime in provincia dell’Aquila, dove a metà degli Anni 80 il sindaco Gargano rilancia la città con lo sport e coinvolge Pietro Rezza. Per i tifosi diventerà Don Pierino, il patron: nella sua azienda di costruzioni lavora Gabriele, nipote acquisito. Gravina prende la squadra in seconda categoria nell’82, arriva in B nel ’96, quando il tecnico Jaconi, in finale play-off, fa entrare a sorpresa il secondo portiere Spinosa per parare i rigori. Una favola. Il giornalista americano Joe McGinniss si stabilisce in Italia per la prima stagione fra i cadetti e ne scrive un libro, Il miracolo del Castel di Sangro, in cui accuserà la squadra d’aver regalato, ormai salva, l’ultima partita al Bari. Pochi mesi fa, l’Arena di Massimo Giletti ne ha tratto una puntata, Gravina ha replicato alle «illazioni che tendono a screditare una pagina pulita ed emozionante del calcio» ricordando che McGinniss fu condannato a risarcire i danni. In B, il Castello annuncia pure l’arrivo dal Leicester di Robert Ponnick, sedicente attaccante nigeriano. Google non c’è ancora, Ponnick vanta in conferenza le sue virtù amatorie, poi debutta in un’amichevole in cui sbaglia tutto, si fa ammonire per un fallo su un compagno, finge di svenire sul dischetto e segna al portiere uscito a soccorrerlo. Si rivelerà tutta una burla televisiva di Luca Barbareschi per Il Guastafeste. In campo, pure Teo Mammucari. Oggi la galassia di Gravina ruota intorno all’omonimo gruppo imprenditoriale con a capo la Mic srl. Dal quartier generale in piazza Buenos Aires a Roma si snoda una rete che include case in legno, ristrutturazioni post sisma, impianti sportivi (lo stadio e il centro di tennis di Castel di Sangro, l’Aqualand di Vasto, un golf club a Chieti), energie rinnovabili. Vicepresidente del Banco di Credito Cooperativo di Roma, socio della Fondazione Carispaq, è stato commissario liquidatore del consorzio Val Pescara. In politica ha relazioni bipartisan ma non si è mai candidato, il Pd lo avrebbe voluto sindaco di Sulmona nel 2013. Assai legato a Urbano Cairo, è produttore del musical Divina Commedia, con i disegni del premio Oscar Carlo Rambaldi, il papà di E.T.. Gravina avvia negli Anni 90 il primo percorso universitario legato allo sport, all’Ateneo di Teramo, dove oggi insegna materie economiche al corso in Management delle imprese dello sport e del turismo e a Scienze della comunicazione. In questa fase si lega al futuro presidente Fifa, Gianni Infantino, che ieri si è fermato a cena con la nuova squadra di governo. Eletto consigliere di Lega di C nel ’90, in consiglio federale dal ’92, Gravina cresce sotto l’ala protettiva di Giancarlo Abete che era il primo nome indicato dai ribelli questa volta e che, scopertosi incandidabile, si è fatto da parte tirando la volata al delfino: «Gabriele è una delle persone più affini al mio pensiero e soprattutto un uomo perbene». Capo delegazione dell’U21 che vince Europeo e bronzo olimpico nel 2004, per tre anni numero 2 del settore tecnico, membro della spedizione al Mondiale 2006, è dalla Serie C che Gravina avvia la scalata alla Figc. Nel 2012 si candida in Lega Pro: perde, ma organizza la lunga resistenza che sposterà gli equilibri in via Allegri, fino alle dimissioni di Macalli nel 2015, dopo 18 stagioni di regno, e di Carlo Tavecchio due anni dopo. A marzo 2017 tenta di incoronare Abodi, nel gennaio 2018 si candida lui personalmente. Ora, al terzo tentativo, vince e cita Einstein: «Non possiamo pensare di risolvere i problemi con lo stesso tipo di pensiero che abbiamo usato quando li abbiamo creati».