Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  ottobre 22 Lunedì calendario

Via col vento. Petrolio, addio

Dopo 200 anni di crescita ininterrotta, la domanda mondiale di combustibili fossili sta entrando in un declino strutturale. Le fonti rinnovabili sono sempre più competitive e crescono dappertutto, non solo per motivi ambientali quanto perché usarle conviene. La trasformazione si annuncia epocale, equivalente a una seconda rivoluzione industriale ed è già in corso. I consumi globali di carbone raggiungeranno il loro picco quest’anno, ma in Cina le centrali esistenti funzionano a capacità ridotta per la concorrenza dell’energia dal sole e dal vento. Se la transizione verso le fonti pulite accelererà come previsto, lo stesso potrebbe verificarsi presto anche per il petrolio, tanto che molti investitori, dall’Irlanda alla Norvegia, stanno già uscendo dalle società esposte a quella che ormai si definisce comunemente la «bolla dei fossili», cioè l’eccessiva valutazione di asset minerari e petroliferi, che in tempi brevi potrebbero svalutarsi molto perché non avranno più mercato.
L’Opec colloca il picco dei consumi globali di petrolio al 2030, altri analisti anche prima: gli esperti di Carbon Tracker l’hanno fissato al 2023,grazie alla crescita dell’auto elettrica.
La storia Tutti i segnali indicano dunque che aveva ragione lo sceicco Ahmed Zaki Yamani, voce ufficiale dell’Opec al tempo dei due choc petroliferi degli anni Settanta, quando sosteneva che l’era del petrolio non finirà per mancanza di greggio, così come l’età della pietra non finì per mancanza di pietre. Le fonti rinnovabili sono destinate a prevalere. La domanda fondamentale non è se, ma quando.
A seconda del ritmo con cui i governi e l’industria investiranno nella transizione, le ricadute potrebbero essere molto diverse. Il governatore della California Jerry Brown ha appena firmato la decisione, già approvata dal parlamento statale, di produrre e utilizzare solo energia da fonti rinnovabili entro il 2045, ma da un recente rapporto del Climate Action Network emerge come la maggior parte dei Paesi non sia in linea con gli obiettivi su cui si sono impegnati nell’Accordo di Parigi sul clima. «Nessun Paese europeo fa abbastanza sul fronte dei progressi per ridurre le emissioni di carbonio», sostiene il rapporto e anche il nuovo pacchetto di misure approvato dall’Ue, che alza al 32% la quota di fonti rinnovabili nel mix energetico da centrare al 2030, non è compatibile con l’obiettivo dell’Accordo di mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto di 2 gradi centigradi rispetto all’era pre-industriale.
TraiettorieProprio i Paesi dove le emissioni di gas serra hanno toccato livelli record negli ultimi anni, come la Cina e l’India, sembrano invece destinati a diventare i campioni della crescita delle rinnovabili. La Cina lo è già, avendo superato gli Stati Uniti anche nella produzione di pannelli fotovoltaici, e l’India ci sta arrivando. A trainare il boom del solare l’anno scorso è stata la Cina, che ha compiuto da sola oltre la metà dello sforzo: 86 miliardi d’investimenti nel fotovoltaico e 53 gigawatt installati sui 160 miliardi di dollari investiti globalmente nell’energia del sole. Per quest’anno si prevede un altro botto del fotovoltaico, che secondo Ihs dovrebbe arrivare a 113 gigawatt di nuova capacità installata, +19%, con un ruolo sempre dominante della Cina. L’India, intanto, dovrebbe superare gli Usa già quest’anno, diventando il secondo mercato mondiale del solare.
La galoppata di solare ed eolico dipendono dal forte calo dei prezzi di queste tecnologie e delle batterie, che favorirà le installazioni di grandi sistemi di accumulo per le reti. Già oggi, in ampie aree del mondo il costo finale dell’elettricità prodotta dal sole o dal vento è inferiore a quello delle centrali alimentate da combustibili fossili. Per questa ragione, gli investimenti si concentrano ormai in larga misura sulle rinnovabili. Oltre 8.000 miliardi di dollari saranno investiti su scala mondiale in nuovi impianti eolici e solari entro il 2050 e più di 540 miliardi di dollari saranno destinati alle nuove installazioni di batterie. «Di questo passo, nel 2050 eolico e solare soddisferanno quasi il 50% della domanda elettrica globale e insieme all’idroelettrico, alle altre fonti rinnovabili e al nucleare porteranno al 71% la quota di elettricità a emissioni zero», spiega Bnef nel suo Outlook.
Basterà? Non lo sappiamo. In base all’ultimo, drammatico rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change, la quota di fonti rinnovabili sulla generazione elettrica dovrebbe arrivare al 97% al 2050 per essere certi di contenere il riscaldamento del clima a 1,5°C in più rispetto al periodo pre-industriale. Gli investimenti necessari per arrivarci, secondo l’International Energy Agency, superano i 2mila miliardi all’anno da qui al 2050, un livello da cui siamo ben lontani.
Secondo Bnef, nel primo semestre del 2018 gli investimenti nelle fonti pulite hanno superato di poco i 138 miliardi. C’è ancora molto spazio per migliorare.