L’Economia, 22 ottobre 2018
Generali e Unicredit, nella stanza di Rubik
Tre anni di lavoro, più di mezzo milione di euro d’investimento e una combinazione di quattro tra i migliori cervelli ungheresi contemporanei, l’inventore del cubo di Rubik in testa. Tutto per costruire la prima «escape room» dotata di intelligenza artificiale autonoma: si chiama Flow Factory, è nata a Milano. È la prima al mondo. Serve anche alle imprese per formare (e conoscere meglio) il personale. In dieci mesi di attività, Flow Factory ha già accolto 3.500 giocatori di tutte le età. E più di 900 partecipanti inviati da circa 50 aziende con sede in Italia, tra cui Google, Generali, Unicredit, Swatch e Levi’s. I dipendenti devono passare la prova: fronteggiare con abilità l’intelligenza artificiale della «stanza di Rubik».
L’«escape room» è divenuta nel corso degli ultimi anni una delle forme di intrattenimento più diffuse e popolari nel mondo, in crescita costante per numero e gradimento. Da giocare rigorosamente in gruppo. Si viene chiusi in una stanza a tema, dal medioevo all’horror passando per spionaggio e detective story, e si hanno 60 minuti di tempo per riuscire a scappare, intuendo le logiche della stanza e decifrandone i numerosi enigmi. Un gioco più per adulti che per ragazzi, trasposizione nel mondo reale di meccaniche ludiche nate come virtuali, nei videogiochi. Per una serata di divertimento interattivo si spendono in media 20 euro a persona.
I 4 ungheresiOra la novità è che l’escape room ha un cervello. Con l’intelligenza artificiale, appunto. Gliel’hanno dato in quattro. Il primo è Ermo Rubik, l’inventore del cubo più famoso e giocato del mondo, costretto al quasi anonimato dal contratto che lo impegna a cedere il suo cognome a quei rompicapo che non ha smesso di creare.
Il secondo è Andras Czeller, uomo d’affari e buon amico di Rubik, responsabile del successo commerciale del cubo. Il terzo, Peter Hornung, è un programmatore, sviluppatore di intelligenze artificiali evolute. Infine c’è Laszlo Mero, psicologo e matematico noto per le numerose pubblicazioni scientifiche.
Dall’unione di tante e differenti specializzazioni ed eccellenze nasce una nuova forma di intrattenimento: la «stanza che ti gioca». È un ambiente capace di sfidare i suoi abitanti in maniera del tutto autonoma, senza alcun intervento umano, grazie allo sviluppo di un’intelligenza artificiale che studia e comprende le attitudini e le debolezze dei partecipanti; e vi si adatta a seguendo le regole di un flusso dinamico. Flow, per l’appunto.
La nuova «stanza intelligente» si inserisce fra le escape room tradizionali, che sono lievitate. In Italia, allo scorso luglio, se ne contano 667 (erano 490 a dicembre del 2017). Negli Stati Uniti e in Giappone – il Paese in cui il fenomeno è nato – se ne contano a decine di migliaia. Per i promotori, è anche una scommessa economica.
«Il progetto imprenditoriale di un’escape room può rivelarsi un valido investimento in un momento di forte cambiamento sociale ed economico – dice Matteo Pella, amministratore delegato di Flow Factory —. È un settore divertente, innovativo e dal potenziale di crescita alto in Italia. Tra l’altro, è un’ottima diversificazione per mettere a reddito delle unità immobiliari considerate poco adatte agli usi tradizionali». L’apertura del locale di Milano dovrebbe essere seguita, fra un anno, da altre nel mondo: Abu Dhabi, Londra, Parigi e Doha, dice Pella.
Ma quanto costa creare un’escape room? Trovato il locale – che può essere un negozio o un sotterraneo, un appartamento sfitto – si parte da poche migliaia di euro per una manciata di lucchetti, una scenografia improvvisata al mercatino delle pulci e tanta fantasia nello scrivere una sceneggiatura, sino al mezzo milione del progetto di Rubik.
La formazione«È però importante – dice Pella – comprendere che in pochi anni il mercato sta già evolvendo dalla fase amatoriale in direzione di un intrattenimento più evoluto, tecnologico, realistico. E naturalmente più costoso».
Le ragioni si spiegano non soltanto con le maggiori esigenze di un pubblico di giocatori più evoluto, ma anche perché le escape room sono sempre più utilizzate dalle aziende come esercizio di team building, di costruzione del lavoro di squadra. Fanno emergere le dinamiche comportamentali dei singoli, quando si tratta di risolvere problemi complessi. A richiesta e con il consenso dei partecipanti, alla fine del percorso viene fornito uno studio comportamentale su supporto ottico. Per soddisfare ogni ufficio del personale.