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 2018  ottobre 22 Lunedì calendario

Pensioni, al Nord le fanno meglio

Le pensioni degli italiani, considerando anche il contributo della previdenza complementare e delle forme di risparmio pensionistico che le accompagnano (dal Tfr alle assicurazioni), si mantengono su livelli di adeguatezza elevati ma devono fare i conti con una debolezza di fondo del sistema previdenziale pubblico: la sua sostenibilità nel medio-lungo periodo. Naturalmente a prescindere dall’impatto delle nuove misure in arrivo. 
Con questo verdetto il nostro Paese si colloca al 27° posto in una classifica di 34 Stati stilata nel decimo Report Melbourne Mercer Global Pension Index. I risultati del ranking, che Il Sole 24Ore anticipa in esclusiva, propongono una misura sulla tenuta dei sistemi previdenziali alla luce delle dinamiche demografiche aggregando oltre 40 indicatori, con pesi diversi, in tre macro-aree: adeguatezza, sostenibilità, integrità.
Vincitore dell’edizione 2018 sono i Paesi Bassi, ultima in classifica l’Argentina, mentre l’Italia come detto arriva al 27° posto nella classifica generale, 14° per adeguatezza, 19° per integrità (normativa, governance del rischio pensionistico e fiducia dei cittadini nel sistema) e 34° per la sostenibilità. «L’Indice ha un approccio multipilastro – spiega Marco Valerio Morelli, amministratore delegato Mercer Italia -. Di ogni sistema previdenziale rendiconta cioè il “pilastro 0”, ovvero la previdenza minima garantita dallo Stato; il “pilastro 1”, ovvero la previdenza pubblica obbligatoria; il “pilastro 2”, ovvero la previdenza complementare collettiva; il “pilastro 3”, ovvero la previdenza complementare individuale e il “pilastro 4” ovvero i risparmi e altre entrate delle famiglie. L’Indice premia i sistemi-Paese che affiancano alla pensione pubblica un’elevata partecipazione ai sistemi pensionistici integrativi, è fortemente influenzato dalle dinamiche del debito pubblico, dall’andamento demografico, della natalità e dalla partecipazione al mercato del lavoro».
La pubblicazione arriva in un momento cruciale del policy making pensionistico a livello internazionale. Se in Italia si punta a nuovi pensionamenti di anzianità che consentono il ritiro fino a cinque anni prima rispetto ai requisiti di vecchiaia, in altri paesi come il Messico o la Russia dove la speranza di vita è molto più bassa, si elevano i limiti, rispettivamente da 65 a 68 anni e da 60 a 65 anni. Il Giappone li ha portati a 70 anni, mentre in Germania è stata molto criticata dagli economisti l’apertura a nuovi ritiri anticipati. La scorsa settimana il capo economista della Bce, Peter Praet, ha rilanciato con forza un appello affinchè i paesi dell’Ue adottino politiche di allungamento della vita lavorativa avvisando che se oggi, in media, ci sono tre lavoratori a supporto di ogni pensionato, nel 2070 ce ne saranno solo due. 
Tornando al Report Mercer, i punti di debolezza che vengono messi a fuoco per l’Italia sul fronte della sostenibilità spaziano dai bassi livelli di adesione a forme di previdenza complementare al basso tasso di occupazione, come ai noti tassi di invecchiamento e bassa fecondità. «L’Italia, la Spagna e l’Austria ottengono buoni risultati in materia di adeguatezza ma scarsi in termini di sostenibilità futura, a motivo di una impostazione di base del sistema simile – argomenta Morelli -. Si tratta cioè di sistemi a ripartizione, in cui sono i contributi versati dai lavoratori attivi a pagare le pensioni, con peso preponderante della pensione erogata dallo Stato, e dunque esposti alle contrazioni del mercato del lavoro e agli shock demografici». L’indicazione di policy finale è semplice: continuare ad aumentare la copertura del sistema pensionistico privato, limitare l’accesso a benefit di natura previdenziale prima del pensionamento, far crescere il tasso di partecipazione al lavoro della popolazione di tutte le età, ridurre il debito pubblico.

Per il Mercer Global Pension Index il sistema italiano già nel suo assetto attuale presenta criticità di lungo periodo. In testa Paesi Bassi e Danimarca, ultima l’Argentina