La Stampa, 21 ottobre 2018
Intervista all’oncologo Siddhartha Mukherjee
Siddhartha Mukherjee è un medico, biologo, oncologo e scrittore indo-americano, Premio Pulitzer nel 2010 con il libro L’imperatore del male. Una biografia del cancro. Quello successivo, Il gene. Viaggio dell’uomo al centro della vita, è stato segnalato dal New York Times tra i 100 migliori libri del 2016.
Da quanti anni lavora in questo campo?
«Quando studiavo ad Harvard mi sono appassionato allo studio dei tumori umani. Ho fatto un lungo addestramento per diventare un esperto in cancro, e ho approfondito le mie ricerche di virologia. Da dieci anni ho il mio gruppo alla Columbia University e mi occupo di tumori del sangue, leucemia e linfomi».
Ha ottenuto dei risultati?
«Sì, è appena uscito a questo proposito un articolo su Nature. Abbiamo dimostrato che una dieta chetogenica (che limita i carboidrati), in combinazione con tipi particolari di terapia molecolare, crea una sinergia. Abbiamo scoperto che le diete possono coadiuvare le terapie molecolari in modi che non ci aspettavamo. Non sono diete che funzionano per la prevenzione e non si dovrebbero intraprendere a caso, ma affiancandole alla terapia molecolare».
Quante persone muoiono di cancro oggi?
«In Occidente, le proiezioni dicono che circa 1 persona su 4 morirà di cancro. La curva storica della mortalità per cancro nell’uomo è diminuita costantemente nel tempo, di circa mezzo punto percentuale all’anno. Ci sono molte cause. Determinante è la rinuncia al fumo, la nostra dieta sta cambiando e poi naturalmente ci sono le cure. Il calo della mortalità per cancro al seno è un mix di trattamento, prevenzione e screening. Proporzionalmente però la mortalità per cancro è in aumento, perché più a lungo vivi più possibilità hai di sviluppare il cancro».
Come mai si vive più a lungo?
«Non abbiamo malattie infettive, le nostre diete sono migliori e così l’igiene pubblica. La durata della vita in Occidente è aumentata e con essa il cancro. Il cancro nasce come conseguenza di cambiamenti genetici nelle cellule. A questo concorrono altri mutamenti genetici, consentendo alle cellule di sfuggire al sistema immunitario».
Come avvengono queste mutazioni genetiche?
«Ci sono 4 o 5 fonti di alterazione genetica nelle cellule. 1) si possono ereditare dai genitori. 2) Possono essere causate da agenti cancerogeni, sostanze chimiche presenti nell’ambiente. 3) Possono insorgere casualmente. Ogni volta che una cellula si divide deve fare una copia dei suoi geni, e in qualsiasi processo di copia si possono verificare degli errori. 4) I virus possono entrare nelle cellule e modificare l’apparato genetico. 5) Una cellula può subire cambiamenti genetici ma non formare un tumore perchè è in un ambiente poco favorevole. È la mia ipotesi di “seme e suolo”: il cancro è il seme e deve prosperare nel terreno giusto, se il terreno non è giusto non cresce».
I ricercatori collaborano con successo a livello globale?
«Sì, lavoriamo insieme e le idee circolano. Gli spostamenti favoriscono la diffusione dei talenti. Non tutte le scoperte avvengono in America, ma qui la creazione e la messa a punto di nuovi farmaci è molto attiva e vengono fatti molti test».
Perché alcuni centri di trattamento sono migliori di altri?
«La medicina è una professione che richiede grandi capacità e centri americani come la Mayo Clinic, Sloan Kettering, Mount Sinai, Columbia University, hanno costruito la loro reputazione sull’accuratezza della diagnosi: non si tratta solo di curare ma anche di sapere usare al meglio il ragionamento».
Crede nelle cosiddette “medicine alternative”?
«No. Tutte le medicine iniziano come alternative. Ogni medicina va sottoposta a test e se non hanno successo, non mi venite a dire che funziona. Prendere una medicina che non è stata correttamente testata non serve».
L’anticipo nei test diagnostici è sempre più utile?
«Usare il sangue per rilevare il cancro nelle sue prime fasi è molto utile. Tutte le cellule versano il loro Dna nel sangue, ma in passato non eravamo in grado di misurarlo. Ora possiamo. Quello che non posso dire è se il cancro resterà lì e non farà nulla, o se ucciderà».
Le vitamine sono utili?
«Non è mai stato dimostrato che le vitamine abbiano effetto sui tumori. Il cancro non è una carenza di vitamina C o di vitamina D, ma lo stato di salute generale ha un impatto sulla capacità di tollerare la chemioterapia».
L’atteggiamento psicologico è importante?
«Il cancro è una malattia genetica. Uno stato psicologico negativo non causa il cancro e la reazione alla malattia non fa differenza a meno che non si accetti o si rifiuti la cura».
Ci sono dei progressi nella gestione del paziente?
«Il vero progresso nella cura del cancro negli Anni 80 non è stata solo la chemioterapia, ma le cure palliative e di supporto, il confronto con la paura di morire. La cosiddetta psico-oncologia, attorno a cui è stata creata un’intera disciplina. C’è un senso di disperazione quando ci si trova ad affrontare la propria mortalità, ma il dolore è ciò di cui la maggior parte della gente ha paura, non la morte».
Quanti dei suoi pazienti muoiono?
«Il 30%. Quindi il 70% guarisce. Non sono demoralizzato, ho un sacco di energia e speranza».
(traduzione di Carla Reschia)