Era difficile scrivere canzoni?
«All’inizio sì, tendevo a correre troppo. Saltavo i versi, cose così».
Ti ci voleva tempo per capire come organizzarle sulla carta?
«Sì, perché le canzoni hanno una lunghezza variabile».
Scrivere canzoni ti ha fatto riflettere sul processo?
« Sì, in un certo senso; però non esiste una formula che funzioni per tutto. Una volta che hai registrato la canzone, ti dimentichi i passaggi fatti per arrivare fin lì».
Alcune di queste canzoni hanno più di cinquant’anni. Te le ricordi tutte? Ce n’erano alcune qui che non ricordavi di aver scritto?
«Cinquant’anni non sono così tanti. Forse per un ventenne sì, ma per chi ha superato gli ottanta no. Barbara Allen ha tre o quattrocento anni ma la cantiamo ancora. Poi ci sono cose che non ricordo di aver scritto. Cioè, non ricordo dove o quando».
Vedendo qualcuna di queste canzoni hai pensato: dovrei ricominciare a suonarla dal vivo?
« Song to Woody. Non la faccio da secoli. Sì, forse quella. E forse un altro paio».
E hai pensato, invece: questa dovrei smettere di suonarla?
«Ci sono alcune canzoni con versi che potrebbero essere eliminati o modificati, qua e là, ma non canzoni intere».
La maggior parte delle illustrazioni sembra molto letterale. È stata una cosa che hai fatto di proposito?
«Sì, assolutamente di proposito. Nella traduzione di Mary Jo Bang dell’Inferno di Dante ci sono illustrazioni di Henrik Drescher che sono molto realistiche e letterali, e le ho usate come modello. Ce ne sono anche altre: le illustrazioni di Reginald Marsh per La trilogia Usa di John Dos Passos hanno avuto una grande influenza».
Pensi che per qualcuno un’illustrazione possa essere d’intralcio per interpretare una canzone?
«Probabilmente sì. Ma è una cosa che succede già con i video».
Certe canzoni si prestano meglio a essere illustrate rispetto ad altre?
«Quelle che sono più visive».
Alcune illustrazioni sono piuttosto esplicite, quasi inquietanti, come l’uomo con la lingua che sanguina in “A hard rain’s a-gonna fall”, e l’uomo che annega in “The times they are a-changin’”. Perché hai scelto di abbinare quelle canzoni a queste immagini così esplicite?
«Quelle immagini provengono direttamente dalle canzoni. Si adattano a pennello. Hai mai visto i disegni di Otto Dix sulla Prima guerra mondiale? Sono ben più che espliciti. I miei disegni sono molto misurati al confronto».
È stato difficile elaborare i concetti per le illustrazioni?
«Ho iniziato a fare esperimenti con canzoni di altri. Per esempio, per Love is a long road di Tom Petty ho disegnato una strada sterrata. Per Moving out di Billy Joel un furgone in movimento. Per Darling Nikki di Prince, una ragazza che si masturba nella hall di un hotel. Visto che funzionava, ho cominciato a farlo anche con le mie. Alcune erano un po’ un enigma. Tangled up in blue, per esempio. Quando la scrissi c’erano molti album con il blu nel titolo: Bluedi Joni Mitchell, Blue train di Coltrane, Kind of blue di Miles Davis, Blue Hawaii, Blue Bayou, Blue moon of Kentucky, Call me Mr. Blue; sembrava che il blu fosse ovunque. Mi sentivo sommerso dal blu... intrappolato dentro, tangled up appunto. Un concetto simile era difficile da focalizzare. Alla fine mi sono basato sui titoli delle canzoni, al massimo il primo verso».
Hai mai avuto l’impressione che le illustrazioni abbiano modificato il significato della canzone per te?
«Il significato di una canzone sta tutto nell’ascolto. Le canzoni possono cambiare il loro significato a seconda di chi canta. Quando i Grateful Dead suonano Big river
significa qualcosa di diverso rispetto a quando la canta Johnny (Cash ndr)».
Hai preso in considerazione di fare dipinti per i brani, invece che disegni?
« Non c’era tempo. E non solo quello: semplicemente non era pratico. Una canzone è una forma di narrazione che cambia di minuto in minuto e si adatta a circostanze diverse. Un dipinto è una scena fissa, in cui il soggetto è inchiodato e cristallizzato. Non puoi lasciare buchi in mezzo. Con le canzoni puoi farlo. Non voglio mescolare i due generi o metterli insieme per forza, perché non hanno nulla in comune».
Ci fai i nomi di qualche artista di cui ammiri le opere?
«Rembrandt, i disegni della cattedrale di Saint Albans. Il cavaliere, la morte e il diavolo di Dürer, Rubens, Charles Le Brun. Mi piacciono anche i disegni di Van Gogh».
E qualche paroliere di cui ammiri i testi?
«Ce ne sono parecchi: Hank Williams, Johnny Mercer, Merle Haggard».
Che cos’è che rende bello un disegno?
«Le linee giuste nei posti giusti».
Che cos’è che rende bello un testo di una canzone?
«Le parole giuste all’interno della melodia giusta».