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 2018  ottobre 21 Domenica calendario

La riabilitazione delle star del bridge

Chi non gioca a bridge non sa cosa perde nella vita», amava dire l’attore Omar Sharif, che si intendeva dell’argomento. Claudio Nunes e Fulvio Fantoni, i due più forti giocatori italiani della specialità, sicuramente sanno cosa hanno perso negli ultimi tre anni, in cui sono stati costretti a restare lontani dai tavoli di gioco. Nel 2015 un avversario norvegese li ha accusati di barare utilizzando un sistema semplice ma efficace per comunicare fra di loro: se uno posava una carta in senso verticale, significava che ne aveva in mano un’altra buona dello stesso seme; se la posava in orizzontale, voleva dire che non ne aveva. «Il più grave scandalo nella storia del bridge», lo definì il Times di Londra, una volta tanto non brillando per understatement: il titolo era casomai un po’ esagerato, perché la polemica, riferita a un campionato europeo in cui il duo italiano si era piazzato al secondo posto, non è stata certo l’unica.
L’articolo conteneva anche l’ombra di un conflitto d’interessi: al torneo aveva partecipato il columnist di bridge del quotidiano britannico. Uscendone sconfitto anche lui, naturalmente. Il fatto riguardava tuttavia due celebrità in questo campo: Nunes e Fantoni sono stati più volte campioni del mondo. Tuttora sono considerati i due giocatori di bridge più forti della terra.
L’accusa di essere bari ha avuto conseguenze serissime: la European Bridge League ha aperto un’inchiesta, altre federazioni hanno seguito l’esempio, ben presto i due sono finiti all’indice, lontani dal gioco che per loro è una professione a tempo pieno (nella squadra del Principato di Monaco).
«Risponderò in sede appropriata», si limitò a dire Fantoni. Ci sono voluti tre anni di ricorsi, indagini e processi, ma alla fine la risposta è arrivata: il Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna ha dato ragione ai due italiani, annullando le precedenti condanne. Le prove sono state giudicate inconsistenti, i periti dell’accusa si sono spesso contraddetti, perfino il pubblico ministero ha caldeggiato l’assoluzione. «È la conclusione di un incubo», ha commentato Fantoni, brindando insieme al compagno di giochi, quando è arrivata la sentenza che li ha riabilitati. «Non siamo imbroglioni, non abbiamo mai vinto con il trucco», gli ha fatto eco Nunes. Aspettano a fare dichiarazioni pubbliche su consiglio del loro avvocato, ma solo perché la federazione Usa è l’ultima che, in base del verdetto di Losanna, deve ancora riabilitarli e riammetterli ai tornei negli Stati Uniti. Una formalità.
Secondo fonti del bridge tricolore, dietro il clamoroso “j’accuse” di avere barato c’era in realtà l’invidia di giocatori di altre nazionalità, in particolare americani, che non perdono occasione per cercare di mettere gli italiani in cattiva luce, come già avvenuto contro il famoso Blue Team, la squadra azzurra che dominò negli anni ’60-’70.
«Gli stranieri caldeggiano la tesi che i bridgisti italiani vincono da sempre solo perché sono scorretti, non perché sono i migliori», osserva un portavoce della nostra coppia d’assi.Dopodomani, al club dell’Olgiata di Roma, un torneo ad inviti con alcuni dei più importanti giocatori del pianeta, alla presenza di Francesco Ferlazzo Natoli, presidente della Federazione Italiana Gioco Bridge, festeggerà il ritorno sui tavoli di Nunes e Fantoni. «La vita non dipende dall’avere in mano buone carte», scriveva Robert Louis Stevenson, “ma dal giocare bene una cattiva mano”. I nostri campioni non potevano giocare meglio quella che gli hanno messo in mano rivali gelosi.