Il Sole 24 Ore, 21 ottobre 2018
Sistema rifiuti, l’Italia verso la paralisi totale
Il sistema italiano di raccolta, riciclo e smaltimento dei rifiuti è a un passo dalla paralisi. Non c’è il mercato capace di assorbire la quantità sempre più grande di materiali che i cittadini dividono con coscienza attraverso le raccolte differenziate; al tempo stesso mancano gli impianti per smaltire questo avanzo colossale di materiali riciclabili inutilizzati, di spazzatura urbana, di scarti rigenerabili prodotti dalle imprese e non usati.
Secondo il censimento dell’Ispra, gli italiani producono ogni anno 31-32 milioni di rifiuti urbani (il 52% viene separato per il riciclo) e 125 milioni di tonnellate di rifiuti industriali (il 65% ricuperato).
Ma il mercato è più piccolo dell’offerta e gli impianti di selezione e di riciclo si riempiono di carta, plastica, vetro che nessuno compra, mentre gli impianti sono intasati dall’immondizia generica di città arretrate come Roma. La raccolta differenziata si estende di giorno in giorno, e aumentano le quantità disponibili di materiali, al contrario non cresce il mercato finale dei prodotti rigenerati, la cui domanda è troppo modesta.
I 41 inceneritori che ci sono non bastano, e marciano a piena forza. Si può piazzare questo accumulo di materiale negli inceneritori del resto d’Europa? Macché: sono tutti strapieni. Così diventano orgogliosi i prezzi del mercato dello smaltimento. Oggi per acquistare un po’ di spazio per una tonnellata di spazzatura in una discarica lombarda si paga più di 140 euro, il doppio rispetto al 2014.
Il mercato chiuso e i prezzi superbi aprono la strada alle soluzioni facili e sbagliate, quelle della malavita.
«Negli ultimi 3 anni sono bruciati quasi 300 siti di stoccaggio dei rifiuti. Prima non accadeva. C’è qualcosa di strutturale. Le procure e le forze di polizia, in prima fila i carabinieri, stanno indagando», nota il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, area Cinquestelle. Il numero esatto censito dal Sole24Ore è di 343 incendi dal 2014 fino all’altra settimana. In questi mesi si stanno moltiplicando gli incendi dovuti agli accumuli abusivi di spazzatura o di materiali da riciclo, oppure all’ammassarsi di questi materiali altamente infiammabili negli impianti di selezione e di trattamento.
In molti casi gli incendi sono dovuti ad avarie e guasti, e con questi accumuli le fiamme diventano incontrollabili; in molti incendi però è evidente la mano umana.
Si fanno avanti mediatori ambigui. Ecco due proposte. «Dia a noi i suoi rifiuti: sappiamo come bruciarli in Macedonia». Oppure: «Abbiamo una nave pronta a salpare verso una discarica sicurissima e riservatissima in Guatemala», ed è verosimile che carichi simili non arrivino mai né in Macedonia né in Guatemala.
Nel Paese che conta milioni di esperti di qualsiasi disciplina per i quali «il problema è un altro» e che hanno la soluzione, anche nel settore dei rifiuti ogni progetto di un nuovo impianto di smaltimento trova i comitati nimby (sigla di “not in my backyard”) che si oppongono alla costruzione. Così a furia di risposte semplici e sbagliate, il servizio rifiuti e l’intera raccolta differenziata potrebbero bloccarsi nella crisi della spazzatura più severa mai sperimentata in Italia.
In questi giorni è saltato il progetto di un inceneritore A2a a fianco della raffineria di Milazzo al posto di una centrale termoelettrica (il motivo: rovinerebbe il paesaggio), il presidente della Regione Lazio ha annunciato che spegnerà l’inceneritore di Colleferro che è l’àncora di salvezza di Roma, e in via preventiva il consiglio comunale di Brindisi ha detto no all’ipotesi che in futuro qualcuno possa realizzare un impianto per produrre compost agricolo. La Regione Marche ha vietato l’incenerimento di rifiuti per bruciarli nelle regioni a fianco, e il ministro Costa ha detto che smonterà l’articolo 35 dello Sblocca Italia che, inapplicato, potrebbe favorire la costruzione di odiati inceneritori.
Sono in crisi le imprese che producono rifiuti, assediate da prezzi insostenibili, ma sono in crisi anche le aziende del settore riciclo. Gli allarmi arrivano sempre più accorati dalle imprese aderenti all’Unirima (i riciclatori) e dalla Cisambiente (le aziende di servizi ambientali), e allarmi sono stati espressi da altre organizzazioni come Assoambiente e Utilitalia.
Due commenti per tutti. Alessandro Bratti, direttore generale dell’Ispra: «È tutto tremendamente semplice. Quando non si riescono trattare e smaltire i rifiuti si bruciano». Lucia Leonessi, direttrice generale della Cisambiente: «Gli impianti di smaltimento sarebbero anche centro di produzione di energia sana e pulita, contrariamente al rogo».