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 2018  ottobre 17 Mercoledì calendario

Biografia di Angela Lansbury

Angela Lansbury (Angela Brigid L.), nata a Londra il 16 ottobre 1925 (93 anni). Attrice (britannica naturalizzata statunitense). Tra i numerosi riconoscimenti: un premio Oscar onorario (2014); cinque Tony Award, di cui quattro alla miglior attrice in un musical (1966, 1969, 1975, 1979) e uno alla miglior attrice non protagonista in un dramma (2009); un Lawrence Olivier Award alla miglior attrice non protagonista (2015). «Sono eternamente grata per il mio lato irlandese. È da lì che prendo il mio senso della commedia e della stravaganza. Così come per la mia metà inglese – è il mio lato riservato… Ma mettimi sul palco, e l’irlandese viene fuori. Questa combinazione fa una buona miscela per la recitazione» • Figlia dell’attrice irlandese Moyna Macgill (1895-1975) e del politico britannico Edgar Lansbury (1887-1935), membro del Partito comunista di Gran Bretagna e a propria volta figlio del leader laburista George Lansbury (1859-1940), punto di riferimento importante per la nipote durante l’infanzia: «Quando co­minciai a recitare ero ancora una bambina. Mio non­no, George Lansbu­ry, è stato un gran­de leader laburista pacifista; sapeva at­tirare le folle. Io volevo imitarlo, ma recitando». Rimasta orfana di padre a soli nove anni, reagì concentrandosi sulla recitazione, dapprima a livello amatoriale, frequentando assiduamente il cinema e cimentandosi nello studio della musica, e poi, nel 1940, iscrivendosi a una delle principali scuole d’arte drammatica di Londra, per intraprendere un percorso professionale che continuò quindi alla Feagin School of Drama and Radio di New York, dopo che la madre ebbe trasferito oltreoceano la famiglia in seguito ai bombardamenti nazisti su Londra. Dopo il diploma, conseguito nel 1942, si spostò ancora al seguito della madre, dapprima a Montréal, dove – dichiarando diciannove anni anziché sedici – ottenne un impiego come cantante in un locale notturno, e poi a Los Angeles, dove nel 1944 ebbe la sua grande occasione. «Io ero sol­tanto una ragazza inglese, però a Hollywood questo è un pregio per la deferenza che gli americani han­no sempre avuto verso gli attori anglosassoni. E andavo in giro per gli studios cercando lavoro. Guidavo una Ford sul Sunset Boulevard e sognavo di conquistare ruoli che mi permettessero di dedicarmi solo al­la recitazione, perché per mantener­mi facevo anche la commessa e la cameriera. Infatti, ironia del desti­no d’attrice, debuttai nel ruolo di una cameriera che accendeva an­che la sigaretta a Charles Boyer, in Angoscia». Il debutto nel film di George Cukor, al fianco di Ingrid Bergman, le valse la prima candidatura all’Oscar, come miglior attrice non protagonista; la seconda giunse l’anno successivo, con Il ritratto di Dorian Gray di Albert Lewin, in cui l’interpretazione della cantante di varietà infelicemente innamorata del protagonista le valse il primo Golden Globe alla miglior attrice non protagonista. «Il cinema allora si faceva provando ogni scena, a volte per giorni interi. La Metro Goldwyn Mayer mi mise sotto contratto. Cominciai a guadagnare benissimo: 500 dollari a settimana per 62 settimane. Un sacco di soldi. Ma pochissima libertà. Non si poteva scegliere niente. Eravamo burattini messi in un film o nell’altro a seconda delle esigenze produttive. Ci obbligavano ad andare alle prime, e ci dicevano anche con chi saremmo dovuti arrivare alla serata» (a Paola Jacobbi). Sin da subito, a Hollywood «ha dovuto pagare pegno per quel suo volto così lontano dai canoni estetici che imperavano alla mecca del cinema. Vecchia prima del tempo, con quello sguardo mansueto e il viso tondo, le toccava sempre il ruolo di madre di attori che avevano più o meno la sua stessa età e di moglie di altrettanti che potevano esserle padri. E non bastava mai il fatto che fosse veramente brava» (Massimiliano Jattoni Dall’Asén). In ogni caso, anche se generalmente in ruoli di secondo piano, «affiancherà da qui in avanti solo grandi nomi: Elizabeth Taylor (Gran premio, 1944), Judy Garland (Le ragazze di Harvey, 1946), Frank Sinatra (Nuvole passeggere, 1946), Janet Leigh (Peccatori senza peccato, 1947), Katharine Hepburn e Spencer Tracy (Lo stato dell’Unione, 1948, di Frank Capra), Vincent Price (I tre moschettieri, 1948: è una splendida Anna d’Austria) e Victor Mature (Sansone e Dalila, 1949), mentre le viene suggerito il ruolo di Miss Caswell nel capolavoro Eva contro Eva (1950), ma Marilyn Monroe le ruba la parte. All’inizio degli anni Cinquanta, si allontana dal cinema, tentando la strada del teatro» (Fabio Secchi Frau). «Di me, inglese, non la classica bellezza che andava di moda allora, Hollywood non sapeva che farsene. Scappai a Broadway, a fare musical. Adoravo cantare e ballare. A furia di ballare e saltare mi sono rovinata le ginocchia e le anche. È tutto finto, adesso: sono piena di protesi. Ma funzionano, ed è quel che conta». «A Broadway debutta nel 1964 con il musical Anyone Can Whistle di Stephen Sondheim, ma è a partire dal 1966 che la Lansbury conquista pubblico e critica grazie al musical Mame (tratto dal piccolo capolavoro camp di Patrick Dennis), la cui musica Jerry Herman aveva scritto pensando alla tonalità di Judy Garland, prima che gli agenti dell’attrice declinassero l’offerta perché certi che la Garland fosse incapace di sostenere otto repliche alla settimana. La parte viene offerta allora alla Lansbury, che non batte ciglio. Professionale e stacanovista come poche, replica per 1.500 volte e mette le mani sul suo primo Tony Award. […] Nel frattempo, recita a fianco di Frank Sinatra in Va’ e uccidi (The Manchurian Candidate) di John Frankenheimer. Siamo nel 1962, e lei, a 37 anni, è la madre maligna e manipolatrice di Laurence Harvey, che di anni ne ha solo 34. Ancora la solita storia, ma alla Lansbury non importa più: il personaggio al quale ha dato vita è inserito al 21º posto della classifica stilata dall’American Film Institute dei 50 cattivi migliori del cinema americano. Da un’intervista alla Cnn emerge che questo è il ruolo, fra le centinaia che ha impersonato, che più di ogni altro preferisce» (Jattoni Dall’Asén). «Molto amata dalla Disney, le viene proposto il ruolo di un’apprendista strega che si prende cura di tre orfanelli londinesi, ma che si ritrova a combattere uno sbarco nazista, nel film Pomi d’ottone e manici di scopa (1971). Il sodalizio e la stima reciproca con la casa di produzione di Topolino durerà per lungo tempo, passando, dopo il doppiaggio di The Last Unicorn, a quello più famoso della teiera parlante Mrs Bric in La Bella e la Bestia (1991). […] Quando però le chiesero di cantare la canzone principale del lungometraggio, la Lansbury fece resistenza, lasciandosi poi convincere dagli autori del cartone. Il brano, intitolato La Bella e la Bestia, sarà uno dei più amati dai bambini di ogni generazione. […] Nel 1973, torna sul palco con Gypsy nel West End di Londra e poi ancora al Winter Garden Theatre di Broadway, dove veste di panni di Rose, una madre disposta a tutto purché le figlie abbiano successo nel mondo dello spettacolo. […] Per ben tre volte è la bellissima Anna in Il Re ed io (1978) e poi è la strabiliante Mrs Lovett nel thriller musicale di Stephen Sondheim Sweeney Todd (1979). “Le sue canzoni […] sono incredibilmente difficili, ma lei le canta incredibilmente bene. La sua voce è una voce chiara, che potete seguire anche in mezzo alla confusione”, scriverà il New York Times. […] Fra i grandi rifiuti di Angela Lansbury, quello dell’infermiera Ratched nel film di Miloš Forman Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975). Il ruolo non era nelle sue corde… “Troppo bitch”, disse. Ma […] viene scelta per il ruolo dell’alcolizzata scrittrice rosa Salome Otterbourne, seconda vittima in Assassinio sul Nilo (1978, per il quale sarà nominata ai Bafta) con Bette Davis, […] e […] diventa l’esperta della natura umana Miss Marple in Assassinio allo specchio (1980, nominata ai Saturn Awards) con Elizabeth Taylor. […] Ha continuato con il genere mystery diventando la famosa giallista Jessica Fletcher nella serie tv americana La signora in giallo (1984-1996), una delle più longeve investigatrici della storia del piccolo schermo» (Secchi Frau). «“Io avevo 58 anni, le occasioni al cinema e a teatro scarseggiavano, e con mio marito decidemmo che era arrivato il momento della televisione. Non fu facile far passare l’idea di una serie tivù con una protagonista della mia età”. Già, ma poi 264 episodi e un successo che neanche abbiamo bisogno di spiegare. Ma lei che rapporto ha con Jessica Fletcher? “So benissimo che sarà nella prima riga del mio necrologio, quando morirò. […] Preferirei essere conosciuta per il mio lavoro a teatro o al cinema? Forse. Ma così è la vita!”» (Jacobbi). In seguito alla conclusione de La signora in giallo, dopo un periodo di pausa legato alla malattia e poi alla morte del marito, Angela Lansbury si è dedicata principalmente al teatro, tornando a calcare le scene di Broadway nel 2007, dopo 23 anni di assenza, nei panni della protagonista di Deuce di Terrence McNally, e continuando poi negli anni successivi a mietere successi e riconoscimenti: tra gli altri, il quinto Tony Award e l’altrettanto prestigioso Lawrence Olivier Award per la sua interpretazione dell’eccentrica Madame Arcati in Spirito allegro di Noël Coward («Dopo tutti questi anni, dopo tante soddisfazioni, non ho dubbi sul fatto che Madame Arcati sia il ruolo migliore che mi sia mai capitato di interpretare. Un personaggio insolito, misterioso, dinamico»), il titolo di Dama comandante dell’Eccellentissimo ordine dell’Impero Britannico conferitole personalmente dalla regina Elisabetta II e il premio Oscar alla carriera. Ancora attiva a oltre novant’anni, nel 2017 la Lansbury ha interpretato la «signora dei palloncini» ne Il ritorno di Mary Poppins di Rob Marshall, la cui uscita è prevista per il dicembre 2018, e la bisbetica zia March in un nuovo adattamento televisivo di Piccole donne realizzato dalla Bbc • Polemiche, nel novembre 2017, per una sua affermazione in merito allo scandalo delle molestie sessuali nell’ambiente cinematografico («Le donne dovrebbero prendersi parte della colpa. Rispetto a questa vicenda ci sono due facce della stessa medaglia. Dobbiamo ammettere che, da tempo immemorabile, noi facciamo di tutto per sembrare attraenti, e sfortunatamente tutto ciò ci si è ritorto contro. Ed è questo il punto cui siamo arrivati oggi»), poi rettificata («È terribile dover dire che noi non possiamo renderci attraenti senza rischiare di essere molestate o essere stuprate. Dovremmo metterlo in conto? No, e non ci sono scuse per quanto accaduto. E penso che adesso tutto questo potrebbe finire, o almeno dovrebbe essere così. Molti uomini adesso dovrebbero avere paura») • Due matrimoni: il primo con l’attore e artista statunitense Richard Cromwell (1910-1960), durato appena un anno, tra il 1945 e il 1946, a causa della repressa omosessualità di lui («Oggi una ragazza non sarebbe così ingenua, ed è ormai rarissimo che i gay si nascondano dietro matrimoni di facciata; ma io ero affascinata: era bellissimo, era un artista, era intelligente»); il secondo, dal 1949 fino alla morte di lui, con l’attore e produttore inglese Peter Shaw (1918-2003), da cui ha avuto i due figli Anthony Peter e Deirdre Ann, entrambi i quali alla fine degli anni Sessanta ebbero una fase di dipendenza da stupefacenti (la ragazza, Deirdre Ann, giunse persino a unirsi alla «famiglia» di Charles Manson), dalla quale li riscossero però con successo i genitori, portandoli in Irlanda a disintossicarsi. «L’importante è che tutto sia finito per il meglio. Deirdre ha sposato un italiano e insieme gestiscono un ristorante, “Enzo e Angela”. Anthony inizialmente voleva fare l’attore, ma poi ha capito di essere più bravo come regista ed è venuto a lavorare con me, mio fratello Bruce e il suo fratellastro David [figlio di primo letto di Peter Shaw – ndr]. Ha diretto moltissimi episodi della Signora in giallo: mio fratello li ha scritti e David li ha prodotti, seguendo le indicazioni di suo padre, che è rimasto sempre nell’ombra ma che era il vero ispiratore di tutto. […] Mi manca ogni giorno. Era tutta la mia vita: partner e complice, padre dei miei figli, un uomo attento agli altri, fin nei piccoli gesti. Era di quelli che ti aprono la portiera della macchina, capisce? Un uomo di quelli che oggi non esistono più» • «Lei viene da una famiglia di politici: suo nonno è stato leader del Labour Party e anche suo padre è stato un attivista di sinistra. A lei interessa la politica? “No, forse proprio perché vengo da quella famiglia lì me ne sono sempre disinteressata. Però, si figuri, l’anno scorso quelli del Labour mi hanno addirittura contattata”. Volevano che si candidasse? “No, però volevano che stessi nei dintorni, a rinfrescare il nome Lansbury agli elettori. E comunque, non so se ha visto: le ultime elezioni, le hanno perse”» (Jacobbi) • «Le piace il presente, l’epoca in cui viviamo? “Mi piacerebbe dirle di sì, per civetteria, per sembrare giovane, ma non posso. Non mi interessano i film di fantascienza che vanno di moda, e non capisco niente delle nuove forme di comunicazione. Francamente, anche fossi in grado di maneggiarle, le pare che, alla mia età, possa mettermi a twittare?”» (Jacobbi). «Non ho segreti. Non ho una formula magica. Mi tratto bene, senza strafare, e cerco di essere felice. Ah, e bevo tanto tè. Rigorosamente irlandese» (a Emily Stefania Coscione) • «La fortuna è che ho sempre lavorato perché non sono mai stata un’attrice nota per la sua bellezza. Con il passare degli anni è più facile continuare ad assicurarsi ruoli». «Io amo il teatro, il mio cuore è lì. Ogni volta che, nella mia vita, qualcosa non andava bene, ci sono sempre tornata». «Ho portato in teatro grandi successi, da Gypsy alle mille e cinquecento repliche di Mame, a Sweeney Todd, ma il palcoscenico mi dà sempre le stesse emozioni». «Dovranno aspettare la mia morte per tirarmi giù dal palcoscenico».