Corriere della Sera, 13 ottobre 2018
Il rosso del Milan sale a 126 milioni
Le cifre del bilancio del Milan (stagione 17-18), che saranno approvate dall’assemblea dei soci del 25 ottobre e che contemplano una maxi perdita di 126 milioni di euro (53 in più rispetto all’esercizio precedente), sono già diventate oggetto di polemica tra chi parla di «polpetta avvelenata» lasciata in eredità dalla gestione cinese e chi al contrario di «scaricabarile» sui conti dei vecchi proprietari. Ma sono questioni ormai poco interessanti.
Un certo margine di «pulizia» di bilanci – ovviamente nel rispetto dei principi contabili —, che fa sì di gravare un po’ di più su questo esercizio per assicurarsi un futuro più roseo e avere conti più brillanti in seguito, era da mettere in conto. Anche se in questo caso il peggioramento rispetto alle previsioni è significativo.
I numeri. Partiamo dalla perdita: il cda del 18 giugno (ultimo della gestione Fassone-Li) aveva approvato un bilancio con un passivo consolidato di 88 milioni; al Tas il 20 luglio sono stati portati documenti che parlavano di perdita ridotta a 80. Da luglio a ora siamo arrivati a 126 milioni (46 in più), un aumento considerevole. E non proprio il biglietto da visita migliore da presentare all’Uefa che deve ancora sanzionare il Milan (anche se per le violazioni 14-17). Come ci si è arrivati?
Prima una considerazione generale. L’eredità che si è trovata a gestire Elliott – che ha effettuato aumenti di capitale per 51 milioni e rimborsato i bond di 120 milioni dando stabilità al club – è oggettivamente pesante: le perdite «cinesi» sono da imputare soprattutto alla campagna acquisti dispendiosa chiusa il 30 giugno 2017, quindi alle voci aumento dei salari (da 135 del precedente esercizio a 150 milioni), commissioni agenti, ammortamenti, rinnovi contrattuali, interessi passivi sul debito e aumento generale dei costi (354 milioni, +22,7%). E questo di fronte a ricavi invece cresciuti (256 milioni, rispetto ai 212), ma considerati da Elliott sempre bassi, soprattutto quelli commerciali (62,5 milioni): ci dovrà lavorare il neo a.d. Ivan Gazidis.
Numeri difficili, ma in parte attesi. Meno immediato è come si sia formato il peggioramento dei conti di 46 milioni da luglio a oggi. A luglio gli ammortamenti erano di 88 milioni, oggi sono di 110 milioni: probabilmente sono state «smontate» operazioni di mercato (Kalinic, Bacca) che si pensava di spalmare in più anni, oppure si sono registrate minusvalenze. Altri 17 milioni sono accantonamenti, cifra stanziata per tutelarsi rispetto a un futuro «rischio Uefa» (la sanzione che arriverà), ai costi della ristrutturazione del personale (i contenziosi con chi è stato licenziato, per esempio Fassone), gli esoneri (Mirabelli, Mangiarano) e le buone uscite dei giocatori («scivoli»). Infine gli oneri finanziari (gli interessi passivi) al 30 giugno erano 17,7 milioni sul finanziamento di Elliott, adesso sono saliti a 22,3. Comunque sia, il lavoro per far quadrare i conti, rispettare l’Uefa e vincere, non manca.