Corriere della Sera, 13 ottobre 2018
Sondaggi, calano i nostalgici della lira
La manovra presentata dal governo è al vaglio degli organismi finanziari internazionali, delle agenzie di rating e, ovviamente, della Commissione europea che in una lettera al ministero dell’Economia ha espresso preoccupazioni per la tenuta dei nostri conti pubblici.
Le preoccupazioni Ue dividono l’opinione pubblica: il 40% le ritiene infondate, volte a screditare il governo italiano, mentre il 39% le considera realistiche perché mettono a repentaglio la situazione finanziaria del Paese e il 21% non si esprime.
Quanto alle critiche, il 38% prevede che l’esecutivo ne esca rafforzato perché l’Ue è screditata, mentre il 35% è del parere contrario. Su questo aspetto, peraltro, oltre un italiano su quattro (27%) non è in grado di esprimersi.
Le opinioni risultano chiaramente influenzate dall’appartenenza politica – gli elettori della maggioranza sono in larga misura refrattari alle preoccupazioni europee, quelli dell’opposizione e gli astensionisti risultano più attenti ai moniti – ma anche dall’età, dalla scolarità e dalla condizione professionale: i più giovani, le persone più istruite e i ceti dirigenti e impiegatizi appaiono più inclini a condividere i timori Ue.
Riguardo alle azioni future, prevale l’idea che il governo dovrebbe trovare un accordo con l’Europa per ottenere maggiore flessibilità e fare crescere la nostra economia (54%), mentre il 18% (36% tra i leghisti e 32% tra i pentastellati) ritiene che l’Italia dovrebbe decidere i parametri di bilancio in autonomia, coerentemente con il «me ne frego dell’Europa» pronunciato da Salvini nei giorni scorsi; a costoro si contrappone il 15% che sostiene l’ortodossia Ue e chiede che vengano mantenuti gli impegni presi.
Sullo sfondo c’è l’atteggiamento dei cittadini nei confronti dell’Europa e, a questo proposito, il sondaggio evidenzia che il calo di fiducia si è arrestato. L’indice, infatti, si attesta a 38 punti e risulta invariato rispetto a 20 mesi fa. L’unico dato di rilievo riguarda il capovolgimento tra gli elettori di Forza Italia, tra i quali fino a qualche mese fa prevalevano le opinioni negative nei confronti dell’Ue, mentre oggi – a seguito del forte calo dell’elettorato berlusconiano di cui ha beneficiato la Lega – prevalgono i favorevoli, coerentemente con le posizioni da tempo assunte dal loro leader.
Stabile anche la quota dei favorevoli all’«Italexit», nell’ipotesi (al momento irrealistica, tenuto conto dei vincoli previsti all’articolo 75 della Costituzione) di un referendum sulla nostra permanenza in Europa: la maggioranza assoluta (54%) voterebbe per rimanere, mentre uno su quattro (25%) opterebbe per l’uscita.
E se si votasse per scegliere tra la lira e l’euro, si registra un calo costante dei favorevoli al ritorno alla lira che negli ultimi 12 mesi passano dal 34% al 27%, mentre i favorevoli a mantenere l’euro salgono al 61% dal 53% dell’ottobre 2017.
L’Europa rappresenta oggi uno degli ambiti in cui si manifestano con maggiore evidenza le contraddizioni dell’opinione pubblica che in larga misura esprime critiche e sfiducia (56%) nell’Ue, ma nel contempo non mette in discussione la nostra permanenza e la moneta unica. E ciò sembra dipendere da almeno due ragioni: innanzitutto si vogliono evitare salti nel vuoto; in secondo luogo l’immagine istituzionale dell’Europa sta cedendo il passo ad una connotazione più «politica».
Quindi l’Europa, per quanto ammaccata, continua a rappresentare un valore e l’auspicio di molti è di sostituire coloro che attualmente sono ai vertici delle istituzioni e che vengono considerati avversari politici. Non a caso Di Maio ha recentemente dichiarato di volere rimanere in Europa, e Salvini ha ingaggiato una battaglia senza esclusione di colpi nei confronti del presidente Junker.
Sono messaggi che fanno breccia. Siamo all’inizio di una campagna che ci porterà alle elezioni europee di fine maggio e si preannuncia molto combattuta.