la Repubblica, 13 ottobre 2018
Genesi dell’icona Mbappé
Per Time rappresenta il futuro del calcio. L’Équipe ha coniato l’aggettivo mbappesque. È stato il più giovane esordiente e marcatore nella storia del Monaco, il più giovane marcatore in una semifinale di Champions League e il secondo giocatore più giovane a realizzare una doppietta in un Mondiale dopo Pelé e a segnare nella finale di un Mondiale ( sempre dopo Pelé, con cui giustamente fa rima).
Per spezzare la diarchia Ronaldo/ Messi occorreva qualcosa di unico. I due negli ultimi dieci anni si sono divisi tutti i premi, spostando la continuità ad alti livelli su di un piano prima ignoto. Adesso Ronaldo ha 33 anni e una nuvola nera sulla testa per le pesanti accuse di strupro che arrivano dagli Stati Uniti. Messi ne ha 31, viene da un Mondiale deludente e non può che avviarsi verso un dorato tramonto. Mbappé invece è l’alba, un’alba degna della penna di Shakespeare. Questo ragazzo di origini africane nato a Bondy, nell’Ile- de- France, ha tutto ciò che occorre per la nascita di un mito: doti fisiche da pantera – il rigore che in estate si procurò contro l’Argentina dopo settanta metri di corsa, attraversando gli avversari anziché scartarli, rimane una delle più splendenti epifanie dello sport contemporaneo – e doti tecniche che lo avvicinano a Henry, al Ronaldo brasiliano e (specie per la leggerezza plastica) allo stesso Pelé; poi c’è la suggestione della povertà che si arrampica fino al cielo, della pelle scura che ci riunisce sotto l’egida della bellezza, della trasversalità con cui il giovane prodigio fende campi e folle; infine, la precocità. Rappresentando un mistero, ci affascina. Non esiste alcun merito nell’essere precoci; anzi, in genere finisce per meritarsi la nostra ammirazione chi raggiunge la vetta grazie a un duro lavoro. Tuttavia la precocità seduce. Non è razionale. Non è prevedibile. Stravolge i canoni delle nostre vite insoddisfacenti. Ci risarcisce dei sogni accantonati, della magia ripudiata. Scompagina l’ordine delle cose, e poiché l’ordine delle cose ci opprime finiamo per amarla. Ma la precocità ha un prezzo. Scatena aspettative altissime e dunque pressioni fortissime. Alimenta promesse infinite che col tempo si trasformano in cappi. Quante volte ci si imbatte nell’espressione” talento perso per strada”? Il mondo ne è pieno, gli angoli delle strade ne sono carichi. Le ombre del rimpianto, della rabbia, della delusione si appostano laggiù, in attesa di un futuro mai arrivato.
Mbappé somiglia a Pelé pure nella fiducia in sé stesso, una fiducia pulita benché quasi irriverente. Non possiede l’inquietudine irrisolta di Balotelli – talento comunque di caratura minore – bensì una sorta di gioia placida, saggia. Mbappé sembra rendersi conto che tutto questo sta succedendo proprio a lui, che per qualche motivo proprio lui è stato scelto per riempire il vuoto, tecnico e d’immagine, che si preparava dopo CR7 e Messi; e lo accetta con la naturalezza di chi, pur sapendo di dover fornire continue risposte, non si pone domande.
La comparsa di Ronaldo il brasiliano fu del pari fragorosa. Ronaldo vinse il Pallone d’Oro nel 1997, a 21 anni: il più giovane di sempre. Mbappé, che compirà vent’anni a dicembre, è un serio candidato per i prossimi trofei. Se lo vincerà subito, sorpasserà anche il Fenomeno. Veloce com’è, può sorpassare chiunque. Una terribile serie di incidenti impedì a Ronaldo di diventare, forse, il numero uno assoluto. Chissà se a Mbappé gli dei risparmieranno la loro invidia. Quella, nemmeno lui potrebbe dribblarla.