Il Sole 24 Ore, 13 ottobre 2018
Tra economia illegale e sommerso viene nascosto 1 euro su 8
Economia sommersa più attività illegali, rileva l’Istat, hanno prodotto nel 2016 un valore di 210 miliardi, il 12,4% del prodotto interno lordo. È un po’ meno rispetto al 2015 (12,6%) e al 2014 quando la percentuale arrivò al picco del 13,1% con 212,9 miliardi in valore assoluto.
L’economia sommersa nel report Istat si manifesta con le dichiarazioni mendaci su fatturato e costi delle unità produttive, che pesano per 95 miliardi. L’impiego di lavoro irregolare, pari a 78 miliardi: tre milioni e 701mila irregolari rispetto a più di 20 milioni di lavoratori in regola. Altre componenti, come gli affitti in nero, valgono circa 18 miliardi. L’aspetto più specifico delle attività illegali, legato alla cosiddetta economia criminale, cioè produzione e traffico di droga, prostituzione, contrabbando di tabacco: altri 18 miliardi, stima l’Istat. In percentuale siamo a meno del 10% del sommerso.
Ma i due aspetti della cosiddetta «economia non osservata», definizione di sintesi del sommerso più le attività illegali, si guardano e si contaminano a vicenda. Il traffico di stupefacenti, in particolare, è l’espressione più evidente e lucrosa degli affari della criminalità organizzata.
Basta attingere alla relazione 2018 della Dna (direzione nazionale antimafia e antiterrorismo) guidata da Federico Cafiero De Raho. «Nel corso di tutto il 2016, il numero di persone complessivamente denunciato all’autorità giudiziaria per violazione della legge sugli stupefacenti, ammonta ad oltre 23.700». Di più: «Il narcotraffico – non da ora, ma da circa 40 anni – è l’insostituibile motore», ricorda il sostituto procuratore Francesco Curcio nella relazione, «di tutte le attività illecite svolte, a livello globale e a livello nazionale, da tutti i grandi sodalizi criminali».
Ci vuole poco, insomma, a legare gli affari della criminalità organizzata alle pratiche di economia illegale: quante volte gli accertamenti giudiziari hanno trovato il cosiddetto indotto generato dalle associazioni mafiose contraddistinto da declinazioni come lavoro irregolare, dichiarazioni fiscali mendaci e casi simili.
Facendo un confronto tra il 2016 e il 2015 per valutare le tendenze, l’Istat osserva che la composizione dell’economia non osservata registra variazioni limitate. Nel 2016 la componente relativa alla sotto-dichiarazione pesa per il 45,5% del valore aggiunto (circa -0,6 punti percentuali rispetto al 2015), pari a circa 95 miliardi di euro. La restante parte è attribuibile per il 37,2% all’impiego di lavoro irregolare (37,3% nel 2015), pari circa a 78 miliardi; per l’8,8% (era 9,6% nel 2015) alle altre componenti (fitti in nero, mance e integrazione domanda-offerta), pari a circa 18 miliardi; infine, per l’8,6% alle attività illegali (in aumento dall’8,2% dell’anno precedente). Le altre attività dei servizi (33,3% nel 2016), il Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (23,7%) e le Costruzioni (22,7%) si confermano i comparti dove l’incidenza dell’economia sommersa è più elevata.