Libero, 12 ottobre 2018
Il monologo di Valerio Mastandrea sul padre travolto dai figli
Formidabile il monologo scritto da Mattia Torre (uno degli autori della serie Boris), recitato da Valerio Mastandrea, andato in onda nell’ultima puntata di EPCC su SkyUno. Dimostrazione che non tutto quello che diventa virale – il monologo in rete impazza – è tossico, anzi. Il tema del monologo è che «i figli invecchiano, ma non invecchiano loro, invecchiano te». Senza citare le noiosissime statistiche, i dati sui «padri-nonno», Mastandrea, nei panni del genitore maschio medio, racconta in pochi minuti l’evoluzione della paternità in Italia. In un tempo ormai lontano i padri erano giovani, felicemente irresponsabili e sventati, sfamavano famiglie numerose senza essere continuamente rintronati dalla litania del declino e del futuro incerto. La loro forza era non proiettarsi in un tempo lontano, ma vivere giorno per giorno. Poi tutto è cambiato.
VECCHI E SPAVENTATI
È esplosa l’informazione, sappiamo milioni di cose, vediamo miliardi di pericoli, abbiamo lo sguardo lunghissimo (non c’è giorno in cui non ci venga intimato di pensare al futuro dei nostri nipoti... ma quali nipoti? Se molti di noi nemmeno hanno un figlio!) e ha cominciato a circolare quella frase – l’avrete sentita almeno una volta – «in un mondo come questo mettere al mondo un figlio è un crimine». È questo passaggio epocale che, raccontato con ironia, ha colpito il cuore del pubblico. Oggi i padri sono più vecchi e più spaventati. Mastandrea nel monologo scherza sulla schiena che duole, sulla lombalgia, e sui gin tonic che non torneranno più, spazzati via dalle pappine e dal cambio dei pannolini. Sul senso di soffocamento che una famiglia di addirittura due figli (prova in egual misura di eroismo e masochismo) impone neanche si fosse agli arresti sotto 41-bis. Sul fatto che l’arrivo di un figlio tronca spietatamente quella famosa «adolescenza prolungata», cioè il fatto che a trenta e persino a quarant’anni ancora ci si comporti in tutto come un fresco ventenne, illudendosi di non invecchiare mai.
DEFLAGRAZIONE
Poi arriva un figlio e, «come una deflagrazione» dice Mastandrea, il tempo fa un lunghissimo balzo in avanti. L’adolescente tardivo si scopre un padre col fiato degli anni sul collo, ed ecco quindi che il suo essere padre è ancora più esasperato, i suoi sentimenti più estremi: se gli manca il figlio, gli manca tantissimo, anche se poi quando sta in casa con lui, non fa altro che trovare scuse per uscire e respirare un po’ di libertà. È questa sorta di padre bipolare che ha colpito il pubblico: pieno di sensi di colpa, oppresso dall’egoismo di aver generato troppo tardi e quindi disperatamente desideroso di farsi perdonare. Bellissimo poi il racconto di quando, accompagnando i figli a scuola, giocando con loro, ecco che si torna di nuovo agli anni della propria infanzia, ma anche questa nostalgia, si badi, è un sintomo di un padre vecchio, cioè del padre medio italiano. Un padre giovane non è nostalgico, è volto al futuro, non gliene frega niente di risentire «l’odore degli alberi al mattino prima di entrare a scuola».