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 2018  ottobre 12 Venerdì calendario

A 43 anni Vinicio Marchioni si riscrive all’università

In Italia viviamo in momento molto particolare: chi studia viene visto con sospetto, chi non studia e non ha studiato è un cittadino comune, e va stimato in quanto tale. Meno sai, più vieni rispettato. E quindi a cosa serve studiare da noi, visto che abbiamo ministri non laureati, i quali non si vergognano di dare perfino lezioni a chi ha studiato, come si è visto nel caso dei vaccini, difendendo strafalcioni di fronte all’intera comunità scientifica? A cosa serve studiare, se non c’è nessun rispetto per chi ha studiato, e neppure per chi vuole studiare? A cosa serve studiare, se al controllo dei concorsi universitari viene messo uno che per curriculum ha condotto in tv Le iene senza nessuna pubblicazione scientifica? 
Una volta si diceva: «prenditi il pezzo di carta», ma oggi il pezzo di carta non serve a niente. Anzi, se ce l’hai è peggio, vieni visto con sospetto: chi ti credi di essere? Sei un saccente, ti dicono, io ne so più di te perché l’ho letto per cinque minuti su Google o su Wikipedia. È la moderna arroganza dell’ignoranza. Di fronte alla quale perfino medici come Roberto Burioni sono in difficoltà, sbeffeggiati dall’utente medio di Facebook e Twitter. A tal punto che è difficile oggi motivare un giovane a studiare. Magari economia e commercio, magari giurisprudenza, magari ingegneria, forse medicina (fino a un certo punto, perché basta un naturopata per screditarti, a suo avviso, anni di studi), ma altro?
Tuttavia non è così per tutti. Non per esempio per l’attore Vinicio Marchioni, che a quarantatré anni si iscrive alla facoltà di Lettere. Sì, avete capito bene, Lettere, a quarantatré anni. Perché vuole studiare. Magari sarete perplessi, considerando che, oltretutto, si tratta di una facoltà non propriamente produttiva. Cosa ti rende laurearti in Lettere? Qualsiasi genitore dei nostri giorni sconsiglierebbe l’iscrizione al proprio figlio a una facoltà umanistica, figuriamoci a un quarantatreenne. 
In quanto se ti va bene (molto bene) vai a insegnare, se ti va male sarai disoccupato. Invece Vinicio, che è un attore, vuole studiare, approfondire, perfezionarsi, conoscere. Ma cosa studi a fare? Sei già un attore, cosa ci fai? Se però così fosse non si capisce perché studiare Petrarca, Boccaccio, Leopardi, Manzoni nelle scuole. Senza parlare di Shakespeare, Balzac, Flaubert, Proust, Dostoevskij, a cosa serviranno mai? E Aristotele, Socrate, Platone? E Giotto, Michelangelo, Raffaello? In realtà servono a capire il mondo, servono a capire l’uomo. Sono tanto indispensabili a comprendere l’uomo che si chiamano, non per altro, facoltà umanistiche. 
Inutili? Può essere. Tanto inutili quanto lo spaesamento che capita a un normale cittadino quando si trova a visitare le capitali europee: va a Parigi e alla fine si infila al Louvre, così, perché ci vanno tutti, va a New York e entra al Moma, va a Madrid e non può non entrare al Prado. Per vedere Leonardo, Giotto, Caravaggio, di cui però prima, diciamo la verità, se ne era sempre fregato. Ma cosa li vede a fare se non li ha studiati prima? Siccome, al di là di quanto si è portati a credere, si vede e si comprende solo ciò che si conosce. Perché perfino le città, senza cultura, senza arte, non sono niente. E non basta vederli, bisogna studiarli. 
Così come a Recanati, ogni giorno, ci sono centinaia di turisti lì, per vedere la siepe dell’Infinito, come se l’infinito di Leopardi si potesse visitare senza prima averlo studiato, mentre in realtà se lo hai studiato puoi pure fare a meno di andare a Recanati.
Insomma, ha ragione Vinicio Marchioni quando dice: «L’unica guerra che riconosco è quella contro l’ignoranza di questo paese. E la combatto anche così. In culo a chi ha voluto far credere negli anni che le lauree sono inutili. Inutile è la violenza, inutile è la chiusura, inutile è un’esistenza senza domande». Caro Vinicio, fai bene a studiare, contro l’ignoranza. Che purtroppo, almeno da noi, è diventata la regola. Come dici tu, rimettendoti a studiare: in culo all’ignoranza.