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 2018  ottobre 12 Venerdì calendario

Biografia di Paul Simon

Paul Simon (Paul Frederic S.), nato a Newark (New Jersey, Stati Uniti) il 13 ottobre 1941 (77 anni). Cantautore. Cofondatore, con Art Garfunkel (New York, 5 novembre 1941), del duo Simon & Garfunkel, in attività dal 1956 al 1970 (con episodiche ricomposizioni nei decenni successivi, solo per esibizioni dal vivo). Numerosissimi riconoscimenti, tra cui 12 Grammy Awards e un Grammy Lifetime Achievement Award. «La rivalità era nata dopo i primi successi: Garfunkel non sopportava di dipendere da Simon per i testi e per la musica delle canzoni e anche per l’accompagnamento alla chitarra; Simon era geloso del fatto che Garfunkel come cantante solista, e grazie anche al suo bell’aspetto e ai riccioli biondi, si prendesse la maggior parte degli applausi senza quasi fare niente. Era infatti Simon la vera anima del duo: lui aveva suonato con Bob Dylan e Carole King, lui scriveva i versi e componeva le melodie, mentre sul palcoscenico appariva un comprimario di Art, era solo quello piccolo con i capelli neri» (Vittorio Sabadin) • Figlio di due ebrei ungheresi – il padre docente universitario e bassista, la madre maestra elementare –, nel 1945 si trasferì con la famiglia a New York, nel Queens, teatro della sua formazione e del suo primo incontro con Garfunkel. «Paul e Art si sono conosciuti nel 1953. Erano in classe insieme, prima media, in una scuola del Queens, a New York. “Siamo diventati amici a 11 anni”, ha raccontato una volta durante un concerto Paul: “A 13 anni abbiamo cominciato a cantare insieme. A 14 ci siamo messi a litigare”. Sintesi scarna ma efficace della tormentata storia di Simon e Garfunkel» (Massimo Gaggi). «I ragazzi crescono nell’America del dopoguerra, delle radio e del boom economico. Si appassionano al rock’n’roll di Elvis Presley e al soul/rhythm’n’blues dei neri. Con una particolare predilezione per il cristallino pop e le armonie vocali degli Everly Brothers, autentici idoli guardati con rispetto e desiderio d’emulazione. Nelle loro camerette Paul e Artie non fanno altro che provare e riprovare: una strofa, un ritornello, un inchino e un sorriso per la stampa. Aiutati dalle famiglie (le madri sono buone amiche) che li supportano, i due non cessano di credere in un’occasione di celebrità nello show business. Nel 1957 registrano per quindici dollari un provino di Hey Schoolgirl, tra le primissime canzoni, e la fanno arrivare sulla scrivania di Sid Prosen, discografico dell’etichetta Big Record. […] Prosen decide di scritturarli. Con i nomi d’arte Tom Graph (dalla mania di Garfunkel per il disegno di grafici e classifiche) e Jerry Landis (cognome di una fidanzata di Simon) stampati in copertina, Hey Schoolgirl fa il suo esordio in classifica salendo fino al n. 49. Il primo momento di gloria arriva nel novembre di quell’anno, con l’apparizione dei due in televisione, ospiti dell’American Bandstand di Dick Clark, una delle più popolari trasmissioni d’America. Quell’esperienza (cantano subito dopo Jerry Lee Lewis!) vale a Tom & Jerry più del tocco di Re Mida: 150.000 copie vendute del primo singolo, un risultato più che lusinghiero. Da quel giorno e fino al 1961, la coppia sforna altri otto singoli per varie etichette, che però falliscono tutti l’appuntamento con le zone calde delle hit parade. […] Nel 1959, finito il liceo, la coppia si separa: Garfunkel va a studiare Architettura alla Columbia, mentre Paul alterna gli studi di Letteratura inglese al Queens College con l’attività di cantautore in piccoli locali del Greenwich Village per guadagnarsi da vivere e sbarcare il lunario. Dopo la laurea (1963) e alcuni interessanti viaggi in Francia, Caraibi, Sudafrica e Brasile (decisivi per la futura passione in materia world music), Paul ritrova anche il vecchio amico Art, che ha nel frattempo inciso due 45 giri con falso nome. Dopo averlo coinvolto in alcuni dei suoi lavori di sessionman (con nuovi pseudonimi: Paul Kane, True Taylor, Tico & the Triumphs), Simon introduce l’amico ad alcune sue composizioni originali nello stile del folk acustico. […] Sparrow, Bleecker Street e He Was My Brother: questi sono i titoli di quelle prime canzoni proposte al pubblico dal duo (che finalmente si presenta come "Simon & Garfunkel") nelle coffee house del Village intorno all’autunno 1963. Il piccolo seguito di culto newyorkese e il ritrovato sodalizio artistico con l’amico bastano a Simon per decidere di abbandonare gli studi di Legge alla Brooklyn Law School e investire tutto sulla musica. Colpito dalle potenzialità della coppia, Tom Wilson della Columbia (produttore di Dylan) decide di mettere sotto contratto Simon & Garfunkel e far loro incidere il primo album. Una scommessa da non deludere. Wednesday Morning, 3 A.M. è il fatidico esordio dei ragazzi, un disco scarno e acustico, sorprendente per l’eclettismo di due ventiduenni» (Ariel Bertoldo). «Era il 1964. […] I due avevano appena registrato il loro album di debutto Wednesday Morning, 3 A.M.: un disco che non aveva avuto successo. Terminate le sessioni di lavorazione e consapevole del momento difficile, Simon decise di lasciare New York per trasferirsi per un po’ a Londra. Voleva suonare nei club europei, approfondire il folk britannico e crescere come musicista. Ma il suo manager, Tom Wilson, già al lavoro con un certo Bob Dylan per il capolavoro Highway 61 Revisited, diede la scossa alla carriera di Simon, fino ad allora ancora incerta. Wilson decise infatti di recuperare uno dei pezzi forti del primo album, The Sound of Silence. Una canzone acustica e intima. Il manager la trasformò in chiave elettrica, seguendo la strada che lo stesso Bob Dylan aveva indicato in quegli anni. Così, mentre Simon era impegnato in Inghilterra, telefonò a Bobby Gregg, Bib Bushnell e Al Gorgoni, per far registrare diverse sovraincisioni sulla versione originale del brano. Risultato: la ballata è diventata una delle canzoni simbolo degli anni ’60 americani, in grado di unire la tradizione del folk all’energia del rock, sul modello di gruppi come i The Byrds. Un pezzo in grado di scalare da subito le classifiche, arrivando a un milione di copie e costringendo Paul Simon a un frettoloso ritorno in patria per registrare subito l’omonimo album» (Giovanni Ansaldo). «Sounds Of Silence si apre proprio con quel magnifico trattamento elettrico riservato alla title track. […] Ispirato tanto nei testi quanto nella musica, l’album fa la sua comparsa nei negozi a metà gennaio ’66, salendo in un mese fino al n. 21 delle chart statunitensi e rimanendovi per ben 143 settimane. Il successo fulmineo dell’album e del singolo The Sound of Silence porta agli onori della classifica persino il riscoperto primo album, trascinandolo in alto fino al numero 30. Il grande passo è ormai compiuto: Simon & Garfunkel con il loro folk dalle buone maniere non sono più fenomeno locale. Amatissimi dal pubblico studentesco dei college e dei circoli letterari, i due preferiscono tuttavia non prendere parte attiva alla frenetica vita politica che assorbe l’America in quegli anni. […] Come Dylan e a differenza di Joan Baez, Paul e Artie desiderano concentrarsi sul lavoro di songwriter: lambire i confini della controcultura senza mai esporsi oltre un certo limite, senza scottarsi. […] Prima che il ’66 finisca, la coppia è tornata in azione: durante l’estate si sono accumulate tante idee, prontamente impresse su nastro. […] Come il precedente, anche Parsley, Sage, Rosemary and Thyme è premiato a furor di popolo, spuntando un lusinghiero n. 4 (per 145 settimane) negli States. Subito dopo l’uscita autunnale, la coppia si imbarca nella prima massiccia tournée americana: un fiume di date che li vede esibirsi senza sosta tra campus universitari e prestigiose symphony hall, sera dopo sera, un viaggio lungo ed estenuante. Il culmine del giro di concerti è certamente raggiunto con l’apparizione al Monterey Pop Festival (giugno 1967), la prima grande kermesse di talenti dell’era psichedelica: Paul (tra gli organizzatori) e Artie si esibiscono in uno stadio da 50.000 persone, salutati come nuovi profeti alla stregua degli altri grandi ospiti (da Jimi Hendrix a Janis Joplin, da Otis Redding a Byrds, Who e Buffalo Springfield). Il battesimo ufficiale del nascente popolo della "Summer of Love" dona nuova linfa al duo, che a fine anno riceve un’altra proposta, ancora più allettante: il regista Mike Nichols offre loro la possibilità di curare la colonna sonora del suo film Il laureato, con un giovane Dustin Hoffman agli esordi. I ragazzi accettano con entusiasmo: il clamoroso boom della pellicola è ormai storia. Basti ricordare le prime sequenze di Hoffman sui tapis roulant dell’aeroporto (The Sound of Silence di sottofondo) o l’immortale Mrs. Robinson in versione quasi definitiva, tema trainante di tutto il lavoro. […] La colonna sonora di The Graduate irrompe sul mercato direttamente al n. 1 delle classifiche (febbraio ’68), trainata in vetta dal fortunato singolo anch’esso al vertice per tre settimane. Il 1968 è certamente annus mirabilis dal punto di vista commerciale. Oltre al successo del film (Grammy Award per la colonna sonora; Mrs. Robinson votata canzone dell’anno), arriva anche quello per l’album Bookends, nuovamente in cima alle chart americane e inglesi contemporaneamente. Mentre in America la stampa specializzata e la televisione non cessano di occuparsi di loro, in Inghilterra tutti gli album dei due sono presenti insieme in hit parade. […] Bookends contende al successivo il titolo di grande capolavoro di Simon & Garfunkel. […] Dentro c’è la versione definitiva di Mrs. Robinson, con l’intro ritmata di voci e quel ritornello mandato a memoria da almeno tre generazioni. Per non parlare di America, un’altra ballata autobiografica, tra le migliori dell’intero songbook di Simon. […] Il 1969 […] vede l’aggravarsi del rapporto di coppia tra Paul e Artie. I due si frequentano sempre meno, si fatica a trovare un equilibrio artistico come solo pochi anni prima. Nonostante i dissapori, si lavora: canzoni inedite per un nuovo album che, però, si rivela di lunga e laboriosa gestazione, […] tra incomprensioni e allettanti, inediti sbocchi di carriera: come quello capitato a Garfunkel, che accetta l’invito di Mike Nichols (una vecchia conoscenza) a far parte del cast del suo nuovo film, Comma 22. Il regista assicura ad Artie che le riprese (in Messico) non lo distoglieranno troppo dal lavoro in studio e che non gli ruberanno più di un paio di mesi. Lui accetta comunque, sicuro che un periodo di "disintossicazione" dall’amico non potrà che giovare agli equilibri interni del duo e alla sua dignità artistica. Le cose non vanno comunque per il verso giusto: la pellicola richiede ulteriore tempo (da 2 a 5 mesi) e Simon, per la prima volta, si sente snobbato, messo da parte. […] Al ritorno dell’amico dal Sud America e dopo una manciata di concerti a fine anno, la coppia porta finalmente a termine il lavoro, dopo mesi e mesi di ritardi e rimandi. Artie ancora non lo sa, ma Simon ha già rivelato a Clive Davis della Columbia l’intenzione di sciogliere il duo, poco dopo l’uscita del disco nuovo, che rimarrà l’ultimo in carriera. Bridge over Troubled Water (gennaio 1970; n. 1 in Usa e Uk) fa quindi storia a sé, album fortunatissimo (oltre 10 milioni di copie vendute) e lodato dagli artisti stessi, che, malgrado tutti i problemi, lo reputano il loro migliore di sempre. Tutto è davvero in magica armonia: le parti vocali, gli arrangiamenti, i testi, le musiche. […] Se Bookends era un album che rifletteva sul passato e celava un bisogno infantile di crescita, allora Bridge over Troubled Water è il disco del futuro e dei progetti dell’età adulta. L’ultima pagina di una storia che offre fin troppi spunti di riflessione sull’attività solista della coppia. Che però a quel punto non è neanche più tale: arriva infatti, puntuale come previsto, la notizia ufficiale dello scioglimento. A livello umano (attenzione: non artistico) non è più possibile andare avanti, le divergenze caratteriali e le ambizioni sono troppe e diverse» (Bertoldo). «Da allora solo apparizioni episodiche insieme, e sempre molto sofferte. Nel ’72 ad un concerto per il candidato democratico alle presidenziali, George McGovern. Nel 1981 il celebre concerto di Central Park, a New York, con mezzo milione di spettatori. Poi bisogna aspettare fino al 1990 per un altro concerto. Poi, tre anni dopo, una tournée con 21 show in America, seguita, nel 2004, da 25 eventi in Europa, compreso quello a Roma, davanti al Colosseo, con 600 mila spettatori. Ancora un’apparizione insieme nel 2009, per la riapertura del Beacon Theatre. Poi un altro tour cancellato, nel 2010: stavolta per i problemi di salute di Garfunkel» (Gaggi). «Simon aveva nel frattempo consolidato una valentissima carriera da solista. Il punto più alto della stessa, il momento che dà il via alla seconda fase artistica del nostro, è datato 1986. Graceland, settimo album, rappresentava un’esplosione di suoni modernissimi e trascinanti, registrato non a caso in Sudafrica con il massiccio apporto di musicisti locali. Trascinato dall’impeto di singoli come The Boy in the Bubble e You Can Call Me Al, Graceland comprendeva una mistura di pop, rock, afro, cappella e altri stili ancora, e raccolse l’unanime consenso mondiale di critica e pubblico» (Alfonso Gariboldi). «Paul Simon è riuscito nell’impresa di proseguire da solo una carriera che lo ha portato a risultati artistici più complessi, dimostrando di possedere le risorse per andare molto più in là del ruolo di ’’metà creativa’’ del duo con Garfunkel. Ha fatto incetta dei premi più prestigiosi, dal Grammy al Gershwin Prize (che è uno dei più importanti riconoscimenti della cultura americana), si è tolto la soddisfazione di tenere un concerto a Central Park (da cui è stato ricavato un magnifico live) di fronte a 750 mila persone, ha suonato alla Casa Bianca ed è riuscito a riprendersi anche dal clamoroso flop, alla fine degli anni ’90, di The Capeman, il musical che nelle sue intenzioni doveva essere la sublimazione della sua vicenda solista e invece è diventato un disastro per il quale si dice abbia dovuto sborsare 11 milioni di dollari di tasca sua» (Paolo Biamonte). Negli ultimi anni Simon ha continuato a pubblicare nuovi album in studio (Surprise nel 2006, So Beautiful or So What nel 2011, Stranger to Stranger nel 2016), generalmente ben accolti da pubblico e critica. Il 5 febbraio 2018, con una lettera pubblica sul suo profilo Facebook, ha annunciato il suo ritiro dalle scene («Mi piace fare musica, la mia voce è ancora forte e la mia band è un affiatatissimo gruppo di musicisti di talento. […] Sfortunatamente, abbiamo perso il nostro primo chitarrista e mio amico da 30 anni, Vincent N’Guini, che è morto lo scorso dicembre. La sua perdita non è l’unica ragione per cui ho deciso di smettere con i tour, ma è un fattore che ha contribuito. Soprattutto, ho la sensazione che i viaggi e il tempo lontano da mia moglie e dalla mia famiglia influiscano negativamente sulla mia gioia di suonare») e una serie di concerti d’addio in Europa e Nord America, iniziata il 16 maggio a Vancouver e conclusa il 22 settembre a New York, pochi giorni dopo l’uscita del suo ultimo album, In the Blue Light, composto di rielaborazioni di vecchi brani poco noti del suo catalogo. «Appena dopo le prime due canzoni dell’ultimo concerto dell’Homeward Bound Farewell Tour, Paul Simon ha poggiato la chitarra e indossato un guanto da baseball. “Siamo a meno di due miglia da dove giocavo ai tempi del liceo”, ha detto. “È buio là fuori, ma sapete cosa? Credo che giocherò ancora un po’”. Poi ha lanciato la palla verso il pubblico, e ha chiesto che gli venisse tirata indietro. […] Un momento di gioia per quella che poteva essere a tutti gli effetti una brutta faccenda. In fondo, eravamo tutti lì a guardare uno dei più grandi cantautori di New York mentre suonava l’ultimo concerto del suo ultimo tour. Ma, invece di lasciare che la serata diventasse una triste riflessione sul crudele passare del tempo, Simon – a poche settimane dal suo 77esimo compleanno – ha messo in piedi una festa, in un parco dove perfetti sconosciuti potevano ballare insieme Diamonds on the Soles of Her Shoes, armonizzare in coro il ritornello di The Boxer e saltare e gridare ogni parola di You Can Cal Me Al. Non c’è stato nemmeno un momento in cui Simon ha solo suggerito che quella era la fine, anche quando i suoi occhi si sono inumiditi alla fine di Homeward Bound. […] Mentre le lancette dell’orologio annunciavano la fine della serata, la dimensione di quello che stava succedendo ha cominciato a farsi sentire, anche mentre Simon faceva del suo meglio per non darlo a vedere. Canzoni gioiose come Late in the Evening e Kodachrome sembravano come infuse da un insolito senso di rammarico, e il pubblico si è ritrovato in un silenzio purissimo durante la devastante The Sound of Silence, l’ultima canzone del concerto. L’ha scritta 55 anni fa nel bagno della casa in cui è cresciuto, e nel 1965 è diventata la hit che ha cambiato la carriera di Simon & Garfunkel. E, ora che l’ha cantata per l’ultima volta, la vicenda della sua vita ha chiuso il cerchio. […] Alla fine di The Sound of Silence Paul Simon ha poggiato la chitarra, si è fermato a guardare il mare di persone di fronte ai suoi occhi e si è immerso nel loro amore per l’ultima volta. Poi ha alzato le braccia in trionfo, e si è avvicinato al microfono per dire otto parole: “Non avete idea di cosa significhi per me”» (Andy Greene) • Tre matrimoni: il primo con Peggy Harper, da cui ebbe il figlio Harper Simon (1972), cantautore a propria volta; il secondo con la celebre attrice Carrie Fisher (1956-2016), con cui ebbe una grande e tormentata storia d’amore; il terzo con la cantante Edie Brickell, sua attuale consorte, da cui ha avuto tre figli • «Scrivo canzoni con l’istinto, a partire da un’inspiegabile scintilla. Non so il motivo per cui sto scrivendo quello che sto scrivendo. Di solito, mi siedo e lascio che le mie mani vaghino sulla mia chitarra. E io canto qualsiasi cosa. Suono qualsiasi cosa. Aspetto finché mi imbatto in un incidente gradevole. Poi comincio a svilupparlo. […] Si inizia con un impulso, e si va verso ciò che all’orecchio piace».