Corriere della Sera, 8 ottobre 2018
Brasile, Bolsonaro al ballottaggio
Rio de Janeiro Si è fermato a un passo dalla vittoria l’ex militare Jair Bolsonaro, outsider di estrema destra, esploso in pochi mesi come l’uomo forte della politica brasiliana. Al primo turno ha raccolto attorno al 47 per cento dei voti, con un forte distacco sul candidato di sinistra Fernando Haddad, erede di Lula, che ha ricevuto il 28% dei consensi. I due disputeranno il ballottaggio per la presidenza tra tre settimane, il 28 ottobre. Non è stata una tornata elettorale qualsiasi per il Brasile, quasi 150 milioni di elettori, quarta democrazia del mondo. Non violenta, per fortuna, ma assai tesa e aggressiva, tutta «contro». L’ha dominata come nelle previsioni Bolsonaro, con una vaga piattaforma di liberismo nell’economia e mano dura contro la criminalità e le minoranze. Contro la sinistra «ladra», il populismo e la corruzione è il consenso raccolto dal «Capitano». Per fermare intolleranza, razzismo e l’attacco ai diritti dei lavoratori il voto è andato al suo avversario. Polarizzata e sbilanciata, è la corsa elettorale più anomala degli ultimi 30 anni, da quando cioè è tornata la democrazia in Brasile. Se la destra radicale di Bolsonaro ha avuto una crescita costante nei consensi, frutto di una strategia costruita nel tempo, il polo opposto è figlio delle scelte personali di Lula e delle sue tattiche, risolte soltanto nel rettilineo finale. L’ex presidente, in prigione da sei mesi condannato per corruzione, ha insistito fino all’ultimo per restare in corsa con una raffica di ricorsi e bloccando allo stesso tempo la crescita di alternative nel campo progressista. Fino a quando, costretto dalla legge, ha passato il testimone a un fedelissimo del suo partito, già ministro e sindaco di San Paolo ma poco conosciuto nel resto del Paese.
Nei sondaggi l’operazione di trasferimento dei voti ad Haddad ha funzionato con una certa rapidità e come si immaginava: il Pt, Partito dei lavoratori, gode di fedeltà assoluta nelle aree più povere del Nordest, tuttora beneficiate dai programmi sociali dell’era Lula, mentre gli scandali lo hanno colpito a morte nelle aree urbane del Sud e nella classe media. A Lula i sondaggi attribuivano un 30-35 per cento dei consensi, il suo delfino Haddad (o la sua marionetta secondo i detrattori) ne ha ereditati una buona parte, salendo velocemente al secondo posto dietro Bolsonaro un paio di settimane fa. La retta finale della campagna elettorale può ancora cambiare molte cose, ma chi ha finora tratto i maggiori vantaggi dal protagonismo eterno di Lula è proprio Bolsonaro. Il quale senza fare praticamente campagna elettorale ha visto piovere sul suo nome i consensi di elettori moderati che non l’avrebbero votato, ma hanno visto in lui l’unica alternativa possibile contro il ritorno al potere del Pt, partito con un forte indice di rigetto a causa degli scandali e della recessione provocata dal governo di Dilma Rousseff.