Corriere della Sera, 8 ottobre 2018
Più lavoro nero (e meno ispettori)
Dalle stime ufficiali dell’Inps ammonta ad almeno undici miliardi di euro l’anno l’evasione dei contributi pensionistici. Il dato si riferisce soltanto al lavoro dipendente, esclusi dunque almeno altrettanti miliardi relativi a liberi professionisti, artigiani, consulenti e imprese individuali. Chi deve recuperare il dovuto, che si perde nei meandri dell’economia sommersa, sono i servizi di ispettorato dell’Inps, Inail e ministero del Lavoro.
Fino a qualche anno fa riuscivano ad incassare quasi il 10 per cento ogni anno, poi con il governo Renzi e il ministro Poletti nel 2015 è arrivata la riforma: per evitare sovrapposizioni, sprechi di risorse e rendere più efficaci i controlli i soggetti vigilanti devono essere coordinati dall’Istituto Nazionale del Lavoro. Oggi il risultato raggiunto è esattamente l’opposto. Che cosa è successo?
Aumenta il lavoro nero e calano i controlliPer capirlo confrontiamo i numeri. Nel 2013, un anno prima che si iniziasse a parlare di riforma, i 3.537 ispettori del ministero del Lavoro, avevano recuperato 90.982.451 euro; i 1.492 ispettori Inps 1,240 miliardi; infine i 377 ispettori Inail 89.936.000. Nel 2017, primo anno con le nuove regole, l’incasso delle attività ispettive è passato a 125.550.287 euro per il ministero del Lavoro, a 894.150.678 per l’Inps, e 80.398.967 euro per l’Inail. In totale 321.773.000 milioni di euro in meno, con un calo dei contributi previdenziali evasi del 27,94%. Che sia dovuto a una diminuzione del lavoro nero? A guardare i dati, pare proprio di no.
L’Istat e la Commissione per l’economia non osservata istituita presso il Tesoro, registrano fra il 2012 e il 2015 (cioè prima della riforma) un aumento del lavoro irregolare del 5,1%. Sempre nel 2015 l’economia sommersa valeva 208 miliardi di euro, pari al 12,8% del Prodotto interno lordo. Nel 2017 i dati non sono ancora omogenei, ma secondo i calcoli del centro Studi e ricerche sul mezzogiorno, il giro d’affari dell’economia sommersa è balzato a 320 miliardi di euro, ovvero al 19,5% del Pil.
Burocrazia e fughe di notizieCome è possibile allora che sia crollato l’incasso delle attività di vigilanza? Le cause, sostengono gli stessi ispettori, sono di diversa natura. Prima di tutto l’accentramento delle funzioni sotto il ministero del Lavoro ha burocratizzato l’iter dei controlli. «Ogni mese c’è una riunione di un comitato territoriale al quale va sottoposto l’elenco dei controlli che si intende effettuare. Questa procedura, introdotta per evitare sovrapposizioni – spiega Giancarlo Sponchia, presidente dell’Associazione nazionale ispettori di vigilanza – allunga i tempi di intervento. Per esempio, se prima, di fronte ad una situazione di allarme, l’ispettore poteva decidere nel giro di un paio d’ore di effettuare un controllo a sorpresa, oggi non è più possibile, perché le ispezioni vanno preventivamente autorizzate nel corso della riunione mensile. E più si allarga il numero di persone a conoscenza in anticipo dei nomi delle aziende da ispezionare, più cresce il rischio di fughe di notizia».
Rischio fondato, stando alle dichiarazione fatte da Fabio Querin, delegato Rsu di Fincantieri (dove lavorano 4.000 lavoratori in appalto) lo scorso maggio a Report: «Quando viene l’ispettorato del lavoro lo sa tutto il cantiere, e tre giorni prima i lavoratori degli appalti dell’azienda da ispezionare cominciano a far pulizia nella zona di lavoro».
L’Inps ha perso trecento ispettoriSul recupero dell’evasione ha inciso poi la drastica riduzione del numero degli ispettori Inps, che erano quelli che portavano i risultati quantitativamente maggiori. Con il jobs act chi va in pensione o passa a altro incarico, non viene sostituito, per permettere il passaggio delle funzioni ai controllori del ministero del Lavoro. E così dal 2014 a oggi l’Inps ha perso oltre trecento ispettori, e di conseguenza il numero dei controlli è crollato, tanto che nel bilancio previsionale per il 2018 viene indicato come valore degli accertamenti di vigilanza la somma di 432 milioni di euro, a fronte della media di oltre un miliardo di recupero annuo nel periodo 2013-2016.
Inoltre il ministero del Lavoro non rende facile i controlli: i propri ispettori infatti devono muoversi quasi sempre con i mezzi pubblici, anche per raggiungere le aziende con la sede in zone periferiche e spesso servite da linee disastrate.
Il ministero coordina, ma non ha la tecnologiaPaolo Pennesi, ex capo del Dipartimento silurato da Luigi Di Maio all’inizio di settembre, nella relazione dell’attività del 2017 ha attribuito la flessione degli incassi soprattutto al minor utilizzo di molti ispettori impegnati nella formazione. In altre parole: il ministero non dispone del know how necessario per coordinare l’attività.
«Gli ispettori Inps e Inail – continua Giancarlo Sponchia – lavorano con software molto avanzati che elaborano e incrociano numerosi dati per verificare se i versamenti contributivi di un’azienda sono in linea con l’attività dell’azienda stessa. Inps e Inail hanno offerto la disponibilità a fornire i propri dati al ministero, che però ha risposto di non essere in grado al momento di gestire l’enorme molte di informazioni. Ma è un paradosso che chi deve coordinare non abbia gli strumenti per comprendere i fenomeni che deve contrastare».
L’evasione toglie soldi alle pensioni di tutti noiPer adesso, fra l’altro, gli ispettori Inps e Inail sono rimasti in carico ai rispettivi istituti, pur dipendendo funzionalmente dal ministero, ma se un giorno sarà formalizzato il passaggio alle dipendenze dirette del dicastero, rischiano di perdere una parte delle retribuzione annua compresa fra i 5 e i 10 mila euro. Ed è questo uno dei motivi che sta spingendo molti ispettori a chiedere il collocamento in altro ruolo.
«L’evasione contributiva toglie soldi alle pensioni di tutti noi, e lo Stato, con questa riforma, anziché potenziare l’attività ispettiva, ha ottenuto il risultato opposto – conclude Giancarlo Sponchia —. È giusto che ci sia un accentramento e coordinamento delle attività di controllo, ma sarebbe più corretto affidare questo ruolo all’Inps che ha le competenze per farlo».
In conclusione: o è stata avviata la riforma senza predisporre prima la formazione e l’adeguamento tecnologico dentro al ministero per manifesta incapacità, oppure la competenza è stata affidata al ministero per permettere alla politica di controllare i controllori.