La Stampa, 8 ottobre 2018
Sei bimbi su dieci sono a rischio di abusi fisici o psicologici
L’orrore, troppo spesso, si annida nel quotidiano. Nei luoghi che dovrebbero proteggere e invece nascondono, tra le braccia di chi dovrebbe prendersi cura e invece uccide. Accade il 14 settembre, a Sant’Agata, poco lontano da Scarperia, in provincia di Firenze, dove un uomo di 34 anni, al culmine di una lite con la compagna, accoltella a morte il figlioletto di un anno in braccio alla convivente, e non riesce a colpire la figlia di 7 anni perché la donna le fa scudo con il suo corpo. Accade ancora il 18 settembre, a Roma, in un luogo che non è una casa, ma che dovrebbe essere sicuro e sorvegliato: il carcere di Rebibbia, dove una detenuta tedesca di 33 anni si accanisce contro i due figli, una neonata e un bimbo di due anni, lanciandoli dalla scala della sezione nido. Muoiono entrambi. Ma la cronaca delle violenze sui minori, maltrattati nelle case dai familiari, nelle scuole e nei luoghi dello sport da insegnanti infedeli e allenatori a cui sono affidati, o adescati da pedofili in strada non risparmia nessuna data del calendario. Secondo il rapporto “Liberi Tutti”, primo indice regionale sul maltrattamento dell’infanzia in Italia, nel nostro Paese i bambini subiscono abusi fisici o psicologici soprattutto nell’ambiente familiare: è una percentuale altissima, che conta tra il 60 e il 70% dei minori di età compresa fra 2 e 14 anni. Avviene in famiglia il 90% dei casi di abuso sessuale, di cui sono vittime prevalentemente le bambine. I fattori di rischio evidenziati dal report sono l’elevato tasso di povertà, il basso livello di istruzione dei genitori, consumo di alcol e droga, disoccupazione, con la Campania ultima in Italia (sia per contesto che per i servizi) nella cura e nella prevenzione, seguita da Calabria, Sicilia, Puglia, Basilicata e Molise. A scorrere i dati del Comando Interforze della Polizia di Stato raccolti nel dossier “Indifesa” di Terre des Hommes 2017 (l’edizione 2018 sarà presentata nei prossimi giorni) emerge che i minori coinvolti in casi di violenza nel 2016 sono stati 5.383: ogni giorno in Italia più di due bambini sono stati vittime di violenza sessuale, un numero in aumento tra il 2015 e il 2016 del 6%.
Omicidi in crescita
Tre casi su dieci tra quelli segnalati alle forze dell’ordine riguardano vittime di maltrattamenti in famiglia, con una crescita del 12% tra il 2015 e il 2016. Allarmante anche l’aumento degli omicidi: erano stati 13 nel 2015, sono saliti a 21 nel 2016. Statistiche drammatiche. Spiega Melita Cavallo, una vita in magistratura come giudice minorile e fino al 2015 presidente del tribunale per i minorenni di Roma: «Nella separazione e nell’interruzione di convivenza gioca un ruolo rilevante il senso di possesso del genitore dichiarato decaduto dalla responsabilità genitoriale, la cui logica è: se i figli non sono più miei, non saranno più nemmeno tuoi. Questa logica perversa - sottolinea - nasce e si alimenta in una cultura di violenza, che può portare al delitto». Per evitare che i figli restino stritolati in questo meccanismo, afferma, è necessario «intervenire in tempo utile, all’inizio del conflitto familiare, prima che il rapporto si deteriori irrimediabilmente, con strategie di mediazione». Le leggi a tutela dei minori, sottolinea, esistono e sono efficienti, ma vanno fatte rispettare.
“Non servono nuove leggi”
«La normativa - insiste - offre una gamma articolata di protezioni in favore del genitore vittima, come il non avvicinamento ai luoghi frequentati dalla donna e dai figli, fino all’accoglienza della donna e dei figli in una casa-famiglia. Non ritengo necessarie ulteriori norme, occorre viceversa assicurare l’implementazione rigorosa delle norme esistenti». Quella di Taranto, concorda Maddalena Cialdella, psicologa, psicoterapeuta e consulente di tribunale, «è l’ennesimo caso dove i figli vengono utilizzati come strumento, in un gesto estremo di distruzione, per annientare l’altro. Si tratta di uomini che non sono in grado di tollerare la frustrazione e il dolore di una perdita che necessariamente la separazione comporta».