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 2018  ottobre 07 Domenica calendario

In morte di Montserrat Caballé

All’apprendere che ieri mattina è mancata dopo una lunga malattia nella sua Barcellona Montserrat Caballé, 85 anni, chi non è appassionato d’opera è probabile che esclami: «Chi, quella che cantava Barcelona con Freddie Mercury nel ’92?». Niente di male, perché Montserrat Caballé è anche quella: quel soprano, che in quell’occasione straordinaria fu capace di catturare l’attenzione del pianeta duettando, lei, La Superba (questo il suo appellativo), la sua voce impostata, con la non meno superba (e non impostata) voce rock dell’indimenticabile frontman dei Queen: una cosa che, a rivedere il video, fa emozionare ancora oggi, 26 anni dopo. Che classe, che sprezzatura, che personalità: niente a che vedere con le comparsate pop di altri colleghi a caccia di notorietà o di elisir di lunga vita.
Per ricondurre le cose alla loro dimensione più autentica, occorre tuttavia dire che con La Superba si è spento, dopo Renata Tebaldi, Maria Callas e Joan Sutherland, l’ultimo dei quattro punti cardinali della vocalità sopranile del XX secolo. Con lei entra definitivamente nella leggenda quel perimetro probabilmente irripetibile di voci da soprano che ha reso permanentemente viva, nella mente e nel cuore dei contemporanei, la storia dell’opera. Non è un iperbole. L’ha dimostrato in oltre 4000 recite d’opera, interpretando più di 90 titoli. Quelli di Bellini, Donizetti, Verdi e Puccini sono, dovendo proprio scegliere, i più significativi per quantità e qualità. Paradossalmente, la sua è stata una carriera «normale». Non ha iniziato giovanissima – debuttò 23enne nel ’56 a Basilea ma il primo trionfo risale al ’65, quando sostituì Marilyn Horne a New York nella Lucrezia Borgia di Donizetti —; non ha bruciato le tappe poiché alla Scala (ancora con Lucrezia Borgia) e negli altri teatri d’opera europei di alto lignaggio debuttò al principio degli anni Settanta (l’esordio italiano fu al Maggio Fiorentino del ’67 con Il pirata) e con il progredire degli anni ha ridotto progressivamente gli impegni fino all’addio nel 2013.
Per oltre 50 anni, dunque, Montserrat Caballé ha esibito – rarissime le cadute – le sue superbe (appunto) qualità, messe peraltro al servizio di un’amplissima porzione della storia della vocalità. Dalla tradizione rinascimentale a Mozart, da Rossini ai Veristi, da Wagner a Strauss, da Bizet a Offenbach (e così anche la geografia è coperta per intero), non v’è tipologia di stile vocale che Caballé non abbia affrontato: quello sacro, quello da camera e quello leggero, oltre naturalmente a quello operistico. E tale è stata la sua versatilità, che è praticamente impossibile collocare oggi l’interprete catalana nella categoria dei soprani drammatici piuttosto che dei soprani lirici, senza dimenticare che anche nelle parti «di coloratura» ha detto la sua.
Tale versatilità le era permessa da un senso innato dello stile. Non uno dei direttori d’orchestra con cui ha lavorato – inutile elencarli, dei migliori non manca nessuno – ha dovuto faticare per ottenere i fraseggi, i colori, gli accenti del caso. Come i massimi esponenti nei rispettivi campi, si esprimeva con semplicità e naturalezza, senza ghirigori. L’ha sostenuta una voce fatta da un timbro luminoso, da un volume generoso (che belli però i suoi acuti in pianissimo) e da uno stupendo «legato», insieme profondo, morbido e vellutato. E anche quando affrontava parti che esigono consistente spinta drammatica, riusciva a produrre trasparenza e un’ineffabile leggerezza tutta sua, senza dare l’impressione della benché minima fatica. Maria Callas aveva identificato in lei la sua erede. Non sembra esserci un soprano che possa dirsi oggi l’erede di Montserrat.