Corriere della Sera, 7 ottobre 2018
Addio alla relazione speciale tra Gran Bretagna e Stati Uniti
Non sappiamo se la Gran Bretagna tornerà alle urne per un secondo referendum, ma sappiamo che il Paese, dopo la Brexit, è alla ricerca di una collocazione internazionale. È uscito vittorioso dalla Seconda guerra mondiale, ma Winston Churchill sapeva che l’ingresso degli Stati Uniti nel conflitto era stato decisivo e che i nuovi equilibri mondiali, da quel momento, sarebbero stati alquanto diversi. La classe dirigente britannica, tuttavia, era convinta di avere due patrimoni che le avrebbero permesso di evitare il declino: una relazione speciale con l’America e un impero che sarebbe diventato una grande confederazione di Paesi sparsi per il pianeta ma uniti dalla condivisione di alcune doti importanti: la lingua, la democrazia, il primato della legge, il sistema giuridico. Per molto tempo l’Inghilterra sperò di essere per l’America ciò che Atene era stata per Roma dopo la conquista della Grecia: un tesoro di esperienza e saggezza a cui attingere per meglio affrontare i problemi della società e del mondo. In un quadro dominato dagli Stati Uniti queste speranze andarono in buona parte deluse, ma i governi britannici continuarono a credere che il rapporto con il grande alleato sarebbe stato sempre più intimo di quello che legava Washington ad altri Paesi. Non avevano interamente torto. Per molto tempo negli uffici della Nato, a Bruxelles, i documenti segreti americani appartenevano a due categorie: quelli per tutti gli alleati e quelli esclusivamente «per occhi inglesi». Nelle questioni di maggiore importanza, tuttavia, la Gran Bretagna, per molti americani, era ormai una vecchia zia, ammirabile e rispettata, ma anche vista con sospetto dai numerosi oriundi irlandesi e da quella parte della società che non dimenticava di avere conquistato l’indipendenza contro la corona britannica. Brexit ha avuto l’effetto di rimettere il «rapporto speciale» all’ordine del giorno. I partigiani del divorzio hanno promesso che il Regno Unito, dopo avere sciolto i lacci da cui era avvinto alla Ue, avrebbe ritrovato, grazie alla sua vecchia familiarità con gli Stati Uniti, sovranità e prestigio. È questo il sogno di Boris Johnson, ex sindaco di Londra e ministro degli Esteri sino alle sue clamorose dimissioni il 9 luglio. Donald Trump ha dichiarato che sarebbe un ottimo primo ministro del Regno Unito: ma è il complimento di un presidente isolazionista e unilateralista, che ha trattato Theresa May con volgare rudezza, è continuamente fustigato dalla migliore stampa di opinione del Regno Unito e non riscuote le simpatie di una larga parte della società britannica. Elisabetta II non ci dirà mai che cosa pensa di un personaggio che ha ricevuto negli scorsi mesi, a quanto pare, di mala voglia. Ma è molto improbabile che il rapporto speciale con gli Stati Uniti possa sostituire il legame con l’Unione Europea. Forse non è troppo lontano il giorno in cui la Gran Bretagna busserà nuovamente alle porte dell’Europa.