La Stampa, 7 ottobre 2018
2018, una pessima annata per l’olio. Il maltempo ha fatto crollare la produzione dal 38 al 50%
Nelle previsioni meno pessimistiche, quelle diffuse ieri da Coldiretti, la produzione di olio d’oliva made in Italia arriverà a 265 mila tonnellate, il 38% in meno della scorsa campagna di raccolta. Nelle stime più negative che saranno presentate martedì in occasione della nascita del consorzio nazionale Italia olivicola la produzione è praticamente dimezzata e arriva a 215 mila tonnellate. Tutta colpa di un’annata climatica condizionata dal maltempo che ha flagellato in particolare le regioni del Sud Italia dove, infatti, si sono registrati i danni maggiori agli ulivi. L’Italia resta comunque il secondo produttore mondiale dietro la Spagna e la Puglia,. nonostante il calo, è di gran lunga la prima regione. In crescita il contributo delle regioni del Nord Italia dove l’impatto delle cattive condizioni climatiche si è fatto meno sentire.
Secondo Coldiretti, però, è in calo tutta la produzione a livello mondiale. L’organizzazione agricola guidata da Roberto Moncalvo, si stima una riduzione dell’8 per cento dei raccolti con una previsione di poco più di 3 miliardi di chili. A parte al Spagna dove si registra un aumento del 23% che rafforza la sua produzione di leader mondiale si registra un’annata negativa in Grecia (-31%) e in Tunisia dove la produzione dovrebbe essere più che dimezzata. Stabile, invece, il Portogallo.
«Sono dati pesanti che vanno a colpire un settore che sta già attraversando un momento critico per l’aumento delle contraffazioni, la prepotenza sul mercato di alcune multinazionali che fingono di mantenere una parvenza di italianità e l’invasione di olio tunisino», spiega David Granieri, presidente di Unaprol. Nei primi sei mesi del 2018, infatti, sulla base dei dati Istat, le importazioni dalla Tunisia sono quasi triplicate raggiungendo i 35,9 milioni di chili. Secondo Coldiretti c’è il rischio di destabilizzazione dei mercati europei perchè «si tratta di produzioni svendute a prezzi insostenibili, ma commercializzate dalle multinazionali sotto la copertura di marchi nazionali ceduti all’estero per dare una parvenza di italianità da sfruttare sui mercati, a danno dei produttori e dei consumatori». Da qui la richiesta all’Ue di «respingere al mittente la richiesta del Governo di Tunisi di rinnovare la concessione temporanea di contingenti d’esportazione di olio d’oliva a dazio zero verso l’Ue».
Anche Italia Olivicola, il consorzio nato dalla fusione da Cn oe Unasco che debutterà ufficialmente martedì e che raggruppa 250 mila produttori, va in pressing sull’Unione Europea per bloccare le importazioni a dazio zero. Ma per il presidente, Gennaro Sicolo, «l’Italia deve state attenta anche ad altri «Paesi produttori dinamici con una filiera olivicola in forte espansione, come il Marocco, l’Argentina, il Cile e l’Australia». Dal suo punto di vista servono «innovazione e investimenti per la modernizzazione e la competitività. Chiediamo al Ministero e alle regioni di puntare all’utilizzo degli strumenti della consulenza e dell’assistenza tecnica e alla diffusione delle nuove tecnologie». Per Granieri è necessario che «il governo metta subito in atto un piano olivicolo nazionale 2.0 che preveda innanzitutto finanziamenti per il reimpianto di nuovi oliveti».