Il Sole 24 Ore, 7 ottobre 2018
La diffusione della crioterapia
La punta dell’iceberg, in tutti i sensi. I centri italiani dove ci si può curare con il freddo sono pochi puntini sulle mappe delle città più grandi ma la crioterapia ormai non è più solo di sportivi, vip e attori. Si diffonde piano e in modo costante, un albo dei centri non c’è ancora ma gli adepti crescono e il freddo di quell’iceberg ci conquisterà.
Tutto inizia sul finire degli anni 70 quando il medico giapponese Toshima Yamauchi si accorge che i suoi pazienti, afflitti dall’artrite reumatoide, al rientro dai loro villaggi di montagna dopo Capodanno mostrano un netto miglioramento delle condizioni. Che sarà mai, si chiede? Merito del freddo: d’altra parte, già Ippocrate l’aveva scritto e nelle terme romane il frigidarium non mancava mai.
Gli sportivi battistrada
«Il freddo scatena un’elevata vasocostrizione, alla quale fa seguito una altrettanto significativa vasodilatazione: in questo shock termico sta il beneficio della crioterapia per gli atleti e non solo», spiega Roberto Pozzoni, medico specializzato in traumatologia e attivo presso il centro sportivo dell’Istituto ortopedico Galeazzi di Milano. «Ricordo – prosegue il medico, che è stato responsabile sanitario della Nazionale di rugby dal 2007 al 2013 – che quando iniziai il mio percorso azzurro gli atleti alla fine degli allenamenti si tuffavano nei cassonetti verdi dell’immondizia riempiti da un camion di ghiaccio: in questo modo recuperavano dall’affaticamento muscolare e dai traumi». Da quella scena, che ha un sapore molto artigianale, è nato un protocollo preciso: crioterapia alla fine di ogni allenamento o gara, anche in trasferta dove un furgone con la criosauna a bordo seguiva l’Ital-rugby. «Il freddo – dice Pozzoni – ha proprietà antinfiammatorie e analgesiche e svolge un’azione miorilassante grazie alla quale i muscoli si sciolgono evitando contratture». Gli sportivi, dai rugbisti ai calciatori, dai tennisti ai velocisti, sono dei “crioterapia addicted”: Usain Bolt e Ronaldo, l’ex maratoneta Paula Radcliffe, Rafa Nadal, Novak Djokovic, solo per fare alcuni nomi. Poi, ci sono le star stregate dal freddo: Demi Moore, Jennifer Aniston, Jessica Alba, ma anche Yoko Ono e Daniel Craig.
Il picco a meno 170 gradi
La temperatura più bassa sulla Terra è stata di -93,2 gradi registrati nell’agosto 2010 in Antartide, ma con la crioterapia si arriva a -160, -170°. Ogni seduta, sempre sotto osservazione medica, inizia con un riscaldamento della muscolatura, magari con un po’ di cyclette, per proseguire in una pre-camera a -60° e arrivare alla criosauna – una specie di box doccia – dove ci si ferma non più di tre minuti, indossando slip, guantini e cappellino. Ormai, però, non è più un’esclusiva di vip e sportivi: «Nel 2012 abbiamo installato sei cabine, nel 2018 quaranta», dice Marcello Di Brisco, partner di Cryomed, la società slovacca che produce le cabine all’interno delle quali l’azoto liquido, evaporando, porta le temperature a 150-170° sotto zero in un ambiente secco e asciutto. Certo, si tratta ancora di una clientela d’élite perché il costo di una seduta oscilla fra i 70 e i 100 euro. Per creare uno shock al corpo, bisogna programmarne almeno una decina in pochi giorni e in Italia, a differenza di quanto accade in Polonia o in Germania, il servizio sanitario nazionale non copre questa terapia.
Benessere e anti-age
Di certo, però, come confermano i dati della Cryomed, il business si sta ampliando: nuove cabine nei centri termali, nei grandi alberghi, nelle spa private di imprenditori e manager. Anche perché non è più solo una questione che attiene al recupero da grandi sforzi sportivi, ma che riguarda il benessere a tutto tondo: «Il freddo mette in moto il sistema endocrino e quello immunitario, crea quasi euforia», dice Simone Doti, nei cui centri milanesi Cryovis (è allo studio lo sbarco a Roma) sono in funzione le criocamere total body elettriche. Dunque, nessuna delle difficoltà logistiche che si possono incontrare con l’azoto. «Oggi la crioterapia è percepita come una forma di wellness a 360°, molti medici, ad esempio, tornano con grande frequenza – prosegue Doti, nei cui centri fanno capolino anche Lapo Elkann e Afef – e i primi studi dicono che ci saranno sviluppi interessanti nell’ambito dell’anti-aging».
Insomma, quasi una forma di massaggio quotidiano. Molto simile a quello che Fredrik, il protagonista delle Scarpe italiane di Henning Mankell, si regalava ogni giorno nel freddo del Nord: bucava il ghiaccio per immergersi nel mare di Svezia e “sentirsi vivo”.