il Fatto Quotidiano, 7 ottobre 2018
Ritratto del senatore leghista Simone Pillon
A settembre per il leghista col farfallino è arrivata l’imitazione di Crozza: Simone Pillon è ufficialmente famoso. Come uno Scilipoti, un Razzi, al massimo un De Luca. Il senatore è la prima macchietta della legislatura. Titolo conquistato con le uscite su identità di genere, lobby gay, propaganda e reclutamento omosessuale, su stregoneria ed esoterismo, sulle donne da convincere a non abortire offrendo “somme ingentissime” (e se vogliono abortire lo stesso, “glielo impediamo”).
Ci sarebbe da ridere, se Pillon non fosse serio. E se la sua fiorente attività parlamentare – 100% di presenze, 5 ddl firmati – non avesse già partorito una legge. Il testo di Pillon sull’affido condiviso è in commissione Giustizia al Senato, sede redigente. Ha l’obiettivo di stabilire la “bigenitorialità perfetta”: i figli di coppie separate devono dividersi tra le case dei genitori “almeno per 12 giorni” l’una, durante i quali madre e padre devono provvedere al mantenimento del bambino in egual misura. Queste norme, come prevedibile, hanno scatenato proteste feroci e spaventato un po’ anche gli alleati di governo, che hanno promesso di metterci mano prima che sia troppo tardi (l’ha dichiarato al Fatto la 5Stelle Maria Edera Spadoni, vicepresidente della Camera). A chi lo accusa di maschilismo, Pillon risponde che ha “una moglie, due figlie femmine e due sorelle”. Magari anche qualche amico gay.
Alto, allampanato, il papillon al posto della cravatta come licenza e distintivo; un collega di partito descrive Pillon come un tipo “un po’ bizzarro”, “solitario”, che in definitiva “con la Lega non c’entra praticamente niente”. E invece pare sia stato proprio lui a suggerire a Matteo Salvini di sfoggiare il rosario e il Vangelo durante i comizi. Il senatore bresciano sarà pure solitario ma non è solo: mentre riprendono vigore forum e associazioni antiabortiste e si rialza il venticello mai sopito contro la 194, Pillon è a capo di un intergruppo parlamentare sui temi etici, “Vita, famiglia e libertà”. Sostiene di avere già 150 adesioni: di sicuro ci sono il leghista Alessandro Pagano, i berlusconiani Maurizio Gasparri e Lucio Malan, il sempreverde Gaetano Quagliariello. Ne ha fatto parte per qualche giorno anche la 5Stelle Tiziana Drago, prima di uscire per “evitare strumentalizzazioni”. Lo presiede un extra parlamentare: Massimo Gandolfini, l’uomo del Family Day, di cui Pillon è braccio destro. Ecco da dove sbuca: dopo una lunga gavetta nell’associazionismo cattolico (ultimo incarico: consigliere nazionale del Forum delle Associazioni Familiari) la sua figura è emersa nelle manifestazioni del Circo Massimo contro la legge Cirinnà.
La prima vita di Pillon è da avvocato e mediatore familiare. Nel sito del suo studio già mette a profitto i benefici del suo stesso ddl: “È in corso di approvazione – si legge – una modifica al codice civile che conferirà grande rilievo all’attività di mediazione nel corso dei procedimenti per la separazione dei coniugi”.
Tra i vecchi successi professionali si registra la restituzione della statua lignea della Madonna alla parrocchia di Santa Croce in Castiglion Fosco (Perugia): una reliquia trafugata 28 anni prima. Tra le grane, invece, il processo per aver diffamato l’associazione Lgbt Omphalos, accusata di distribuire “materiale pornografico nelle scuole” – ovvero opuscoli per l’educazione sessuale – e di offrire la propria sede per “pratiche di iniziazione”.
Poi l’ascesa a Palazzo Madama e la fama grazie a un’interrogazione parlamentare sulla “strega sincretica interculturale”. Ovvero una recita in una scuola elementare lombarda, dove secondo Pillon sarebbero stati propagandati “stregoneria e occultismo”. Così, a modo suo, rappresenta un mondo, e un bacino elettorale. Da quel bacino l’ha pescato Salvini, affatto imbarazzato dalle sue uscite. In fondo raccontano un’idea della società, che hanno in comune.