Al New Scientist la ricercatrice Angela Fan ha raccontato che il lavoro compiuto con i suoi colleghi dei laboratori Facebook di Menlo Park è molto più soddisfacente perché separa la fase dello schema della narrazione da quella della composizione delle frasi – secondo precetti retorici antichissimi (ladispositio, l’elocutio…) che probabilmente a Menlo Park sono perfettamente ignorati. Inoltre al software è stato fornito un corpus di centinaia di migliaia di raccontini di confezione umana. A quel punto, la macchina ha cominciato a elaborare le sue storie, con risultati indubbiamente più piacevoli che in precedenza.
«Rimanere in tema è particolarmente difficile per una rete neurale – ha dichiarato Angela Fan – perché questi modelli non hanno una memoria esplicita». È un modo un po’ curioso di esprimersi: ai profani parrebbe che per i computer sia difficile «rimanere in tema» perché non sanno cosa significhi rimanere in tema. Ma chissà se Angela Fan converrebbe sul principio che il senso, a questi racconti, lo conferisce chi li legge.
A quanto se ne sa il procedimento è il seguente. Si istruisce il programma con un tema (come "Gli alieni incominciano a rapire i terrestri") e il computer scrive una storiella di dieci righe che potrebbe sembrare opera di una persona umana. Domande: perché il ricercatore non ha scritto da sé la storia? Perché lo sviluppo di storyteller artificiali interessa per migliorare la funzionalità di molte applicazioni. Pensiamo solo ai software di traduzione automatica. Come fa il computer a scrivere in modo coerente? Oltre a componenti linguistiche già sviluppate negli anni, il software elabora "scalette", che forniscono l’arco narrativo e quindi le "svolge"; riesce a farlo perché emula i racconti che ha nel suo database. Non è certo una spiegazione approfondita, perché le modalità precise grazie alle quali tutto ciò può effettivamente avvenire sono conosciute solo a Menlo Park e al locale Ufficio Brevetti. Ma a noi tanto basta per capire il punto: questi racconti sono possibili perché esiste un’idea di "racconto standard" (in realtà, un pacchetto di racconti standard), realizzare artificialmente il quale è solo questione di tecnologia.
Ultima domanda. La letteratura andrà disumanizzandosi? No, perché la macchina non sa elaborare nuovi standard e i temi glieli diamo noi. La letteratura che davvero ci interessa scava nell’inconscio, in ciò che non è ancora stato detto e quindi non è reperibile su nessun database.
Il resto è combinatoria. «Scompaia l’autore» auspicava Calvino già in una conferenza del 1967 «per lasciare il suo posto a un uomo più cosciente, che saprà che l’autore è una macchina e saprà come questa macchina funziona».
Mezzo secolo dopo, dubitiamo che le macchine abbiano aumentato la nostra consapevolezza. Ma confermiamo la conclusione di Calvino: le intenzioni dell’autore contano poco; la forza critica della letteratura viene dalla lettura che se ne dà.