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 2018  ottobre 06 Sabato calendario

Sparisce a Tokyo il tempio del pesce

Un giorno non molto lontano in tanti potranno salire al 46esimo piano del palazzo Dentsu a Tokyo e indicare in basso, verso un enorme parcheggio ed esclamare con un groppo in gola: qui una volta sorgeva il più grande mercato di pesce del mondo.
Quando qualcosa ha fatto il suo tempo e viene smantellato, come sta per accadere appunto al più famoso mercato di pesce, lo Tskiji market di Tokyo, c’è sempre qualcuno che non ci sta. C’è chi, accomunandolo a un’opera d’arte, lo voleva conservare così com’era, evoluto nel corso degli anni in una vera attrazione turistica, meta fissa per chi, anche solo per un weekend, metteva piede nella capitale nipponica: ma per farlo doveva fissare la sveglia alle 2 del mattino e mettersi in fila con la speranza di unirsi al gruppo selezionato di 120 visitatori autorizzati.
Ma come l’antichissimo santuario di Ise è vecchio di due millenni solo sulla carta, perché di fatto il legno di cui è composto viene interamente rinnovato ogni 20 anni, così niente dura per sempre nel Paese dei ciliegi in fiore che sono il simbolo stesso della fugacità nelle cose.
Troppo moderno
E cosi il nuovo mercato del pesce, oggi destinato a diventare un banale parcheggio per improcrastinabili esigenze (leggi, Olimpiadi di Tokyo 2020), rinascerà anche lui, solo non più a un passo da Ginza, forse il quartiere più chic al mondo, ma due chilometri più a est, nello stesso quartiere del Miraikan, il Museo Nazionale della Scienza e dell’Innovazione che ha sempre uno sguardo rivolto più in là, sul futuro. E per questo che il sito dove verrà inaugurato il nuovo mercato Toyosu non piace: troppo moderno. I detrattori lo comparano a una fredda e grigia fabbrica, nulla di attraente.
Eppure l’espressione usata dai giapponesi per descrivere l’essenza della bellezza, mono no aware, intraducibile in italiano, comprende in sé l’idea del bello, del dolore e dello scorrere del tempo: tutto ciò che è provvisorio, oltre che triste, è anche sublime.
Se dunque è questo il sentimento che alberga nel cuore di ogni giapponese si può ben capire come non possono esser bastati qualche centinaia di contestatori – tra operatori del mercato, casalinghe e turisti di passaggio – che hanno marciato in un piovoso pomeriggio per le strade della capitale sventolando cartelli con su scritto «salvate il mercato Tsukiji», a convincere sia autorità che normali cittadini che il passaggio del tempo vale per tutto e tutti eccetto che per lo Tsukiji. Così come tre anni fa non erano bastate le numerose petizioni online dei fan di 007 a salvare il bellissimo e storico (questo sì) Okura Hotel, che aveva fatto da scenario alla spy story di James Bond “Si vive solo due volte” e dove la Jvc nel 1976 annunciò per la prima volta al mondo l’invenzione del registratore Vhs.
Tra l’altro da quando alle pittoresche e famose aste del pesce era stato fissato il numero chiuso (nel 2008) non era più il mercato Tsukiji interno ad essere l’attrazione principale, ma il vivace mercato che giace all’esterno della struttura, un labirinto di minuscoli vicoli dove centinaia di piccoli negozi offrono di tutto: dal sushi al ramen, dal kombu (alghe) ai coltelli giapponesi.
Negli ultimi giorni di vita del vecchio mercato era proprio questa la zona che schiumava di turisti con l’acquolina in bocca, presi dalla smania di lanciare quell’hashtag che avrebbe trasformato il proprio tour nel Sol Levante da moderatamente frizzante ad indiscutibilmente epico: #tsukijifishmarket. C’ero anch’io a testimoniare la Storia, il sottinteso.
Ma ormai i giochi son fatti, dall’11 di Ottobre i 1,6 miliardi di yen, o circa 12,5 milioni di euro, che fluivano ogni giorno nel mercato traslocheranno anche loro nella nuova location, con buona pace dei nostalgici.
Dove andranno i roditori?
In realtà la fiammella di proteste che può trasformarsi in un vero e proprio incendio, e non solo metaforico, non ha niente a che fare con la distruzione del mercato in sé piuttosto con le sue immediate conseguenze: dove traslocheranno i suoi più numerosi inquilini? Non si tratta di tonni e gamberi, ma di ratti. Se ne contano 10.000 che risiedono ormai stabilmente lì intorno. Tra i roditori c’è il temutissimo dobu nezumi eccezionalmente aggressivo arriva a misurare la bellezza di 25 centimetri, è un ottimo scavatore, è resistente al freddo e ha un senso dell’udito sviluppatissimo, praticamente un rambo della specie, e cosa più grave non disdegna i cavi elettrici. I pompieri della zona sono avvertiti, e al primo scoppio di incendio ormai tutti sapranno a chi addossare la colpa. L’elegante quartiere di Ginza è già in sommossa. Sono molti i ristoranti che temono un assalto notturno di topi famelici in cerca di cibo avanzato non potendo più, quelli, sfamarsi di tonno e altre prelibatezze di mare come avevano tranquillamente fatto ormai per 88 anni.
Per di più questi super ratti sanno nuotare come castori, anche per 4 ore di seguito avvertono gli esperti e il fiume Sumida è a due passi, farsela a nuoto fino al Koukyo, la residenza dell’Imperatore, è un attimo. Come se non bastasse a buttare benzina sul fuoco ci si son messi pure gli indovini che hanno lanciato predizioni apocalittiche per l’anno 2020 quello delle attesissime Olimpiadi di Tokyo: calendario cinese alla mano, è proprio l’anno del topo.