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 2018  ottobre 06 Sabato calendario

Filippo La Mantia e Chiara Maci: l’amore ai tempi dei fornelli

Lui è perentorio: «Il cibo va mangiato. Non può essere comunicato attraverso i social». Lei alza il sopracciglio e sorride: grazie al web s’è inventata un lavoro «di cui vado estremamente fiera». Lui ha bandito da ogni suo piatto aglio e cipolla. Lei non rinuncerebbe mai al soffritto. Potremmo andare avanti così all’infinito, con lui che assapora un po’ di nostalgia per Palermo e il suo andamento lento, e lei che non rinuncerebbe mai a Milano... Filippo La Mantia, oste e cuoco (guai a chiamarlo chef) e Chiara Maci, foodblogger: tra loro 23 anni di differenza di età («ma lei è più anziana di me anche se è più giovane, sia chiaro» dice lui), due idee di cucina (e non solo) che stanno se non agli opposti comunque parecchio lontane, ma con una passione per il cibo che li ha fatti incontrare e innamorare. La loro storia d’amore è fatta di sapori intensi e gustosi dissapori che hanno messo per iscritto in un (divertente) libro dal titolo «Ma tu come la fai la caponata?» (ed. HarperCollins). Quasi 200 pagine dove si mescolano ricette e vite, dal quel primo incontro a Roma al Majestic dove La Mantia era già un cuoco affermato, fino ad arrivare alla nascita 7 mesi fa del loro piccolo Andrea. In mezzo una miriade di ingredienti che lei mescola utilizzando con destrezza ora i mestoli ora i post su Instagram, mentre lui resta fedele ai suoi frullatori «senza i quali la mia cucina non esisterebbe». Non è un libro di ricette, anche se ce ne sono parecchie. Come un racconto e tutte senza dosi quelle di Filippo perché la cucina è «puro istinto», con ingredienti e preparazione quelle di Chiara «perchè la tecnica è importante».  
È un libro che sa di buono, che quasi quasi vuoi andare a vedere come va a finire con Chiara che racconta la sua scelta di diventare madre-single di Bianca, la sua bellissima bambina avuta prima di incontrarlo e Filippo che prima di lei aveva già vissute mille vite. Come quella di fotografo nella Palermo degli anni ’70, tanto per dire. Sono sue le foto finite su tutti i giornali della morte del generale Dalla Chiesa. Oppure quella che lo ha portato in carcere per un errore che è stato poi rimediato sette mesi dopo da Giovanni Falcone. Poi la cucina. Roma. Il successo. Milano. E infine Chiara che al primo invito a cena gli prepara un panino con l’hamburger. E lui ancora se lo ricorda... «Non è stato facile fargli capire questo lavoro perché ai suoi occhi io spippolavo col cellulare. Non capiva cosa facessi... mi faceva le stesse critiche di mio padre» incalza lei. «È una lotta intellettuale – replica lui – Bisogna togliere il fighettismo dal cibo. Il cibo è quello della mamma, dei nonni. Uno va al ristorante non per fare il figo ma perchè quello che mangi ti deve lasciare un buon ricordo. Se non te lo lascia c’è qualcosa che non funziona». Chi cucina in casa? «Io», dice Chiara. E lui: «Non le piace quello che cucino...».