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 2018  ottobre 06 Sabato calendario

Quelli che hanno detto no al Nobel

Il No è libero, il Si, tante volte, una resa. Alle buona educazione, al quieto vivere, al carattere che non c’è. Il No non è solo tigna testarda, ti spiegano quelli che lo hanno studiato, ma coraggio, volontà, identità. Ci sono manuali che ti insegnano a dire no, perché dirlo è sempre una barriera da abbattere, specie se risponde a chi ti apre le porte della gloria, a chi ti riconosce un merito, a chi, che non guasta mai, ti consegna una borsa piena di soldi che ti spettano. I No mettono paura, si pagano cari. Quando Dio rivela che vuole distruggere Sodoma e Gomorra, Abramo si oppone: si offre di cercare almeno dieci brave persone da salvare, ma è Dio a dirgli di no. Immaginate di dire no a Dio nell’era del «disposti a tutto per un like».
Dire no a un Nobel, il premio dei premi, non è come sfidare il Padreterno, ma opporsi al narcisismo degli umani, divinità pagana dai tempi della Creazione, non è meno impegnativo. Jean Paul Sartre per esempio lo fece: diceva che, almeno quello per la Letteratura, doveva essere consegnato solo a babbo morto, cioè dopo che il premiato fosse defunto in modo da poterne valutare l’opera come si deve. Pasternak disse «no grazie» perché il Kgb lo teneva prigioniero (ma a libertà ritrovata andò a riprenderselo); George Bernard Shaw prima lo respinse, non sopportava che Nobel avesse inventato la dinamite, e poi convinto dalla moglie lo ritirò, lasciando però sul piatto l’assegno. Il vietnamita Le Duc To invece rimandò al mittente il Nobel per la pace. Motivo: la pace non c’era. Era il 1973.
Ma la fila dei bastian contrari è lunga anche per medaglie, titoli e allori assortiti. Per l’enigma che aveva risolto c’era in palio un milione di dollari e la medaglia Fields prestigiosa come un Nobel. Ma GregoriJ Perelman, Grisha per gli amici, non solo disse niet ma ne approfittò per chiudere i conti con la matematica «inquinata da intriganti e disonesti». George C. Scott, famoso per il dottor Stranamore, chiuse le porte in faccia all’Oscar «perché Hollywood è un mercato di carne, e la cerimonia degli Oscar un affare di soldi». Marlon Brando mandò invece la pellerossa Sacheen Littleleather a leggere un sermone contro lo sterminio degli indiani. La ragazza fu fischiata. Il migliore però resta Paul Newman: quando lo vinse in tarda età per Il colore dei soldi, dopo averlo preso alla carriera, non si presentò: «È come inseguire una bella donna per 80 anni e alla fine quando lei ti dice che ci sta, tu dici: scusami, tantissimo ma sono stanco». In realtà di anni ne aveva 61.
Alfred Hitchcock, che aveva l’aplomb per riceverlo, declinò invece l’offerta della regina Elisabetta di diventare Sir: amava, si sa, i colpi di scena. Così come David Bowie che comunque, almeno per la musica, era già Duca di suo. Nessuno rivelò mai, come si conviene a un patriota. di aver rifiutato l’onore e la lista dei gran rifiuti restò segreta a Buckingham Palace fino a una decina di anni fa. Meno riservati i francesi visto che Sophie Marceau il suo no lo urlò forte e chiaro dopo aver saputo di doverlo condividere con il ministro dell’Interno saudita Mohammed ben Nayef. Cosa che fece anche Assad, «siete schiavi degli Usa» la giustificazione. Piero Fassino invece non si tirò indietro. La scienza spiega che dire no è un atto di amore verso se stessi, un passo verso l’affermazione, che migliora addirittura la produttività e la salute mentale. Basta non esagerare: a volte per paura del no ci perdiamo un sacco di si.