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 2018  ottobre 06 Sabato calendario

L’arte è sempre più un affare: dal 2000 incassi su del 1.700%

Record di vendite e boom di interesse tra i collezionisti internazionali per il mercato dell’arte contemporanea. L’ottimo stato di salute è confermato dal Rapporto Artprice 2018, che dimostra come tale settore stia attraversando un momento d’oro, grazie all’aumento della domanda, alla proliferazione dell’offerta e ad un contesto economico favorevole soprattutto oltreoceano. Per la prima volta dalla crisi finanziaria di dieci anni fa, i quattro principali indicatori della salute dell’arte contemporanea risultano positivi negli ultimi dodici mesi, con un incremento uniforme di prezzi, transazioni effettuate e volumi totali gestiti. A partire dal fatturato mondiale in salita del 19% capace di raggiungere la cifra di 1,9 miliardi di dollari, per passare al numero di lotti venduti con un +17% a quota 66.850 aggiudicazioni e proseguire con l’indice dei prezzi del comparto cresciuti del 18,5%. Il tasso di pezzi invenduti rimane stabile al 39%, mentre il costo medio di un’opera si pone intorno ai 28mila dollari. Decisamente interessante esaminare le aree geografiche continentali dove il mercato galoppa, con gli Stati Uniti a farla da padrone con il 32% delle contrattazioni totali, seguiti da Gran Bretagna con il 29%, Cina (16%), Hong Kong (9%) e poi Francia, Germania, Taiwan. Il mercato appare come un vero terreno di gioco per investitori, con gli abili, o fortunati, che acquistano a peso d’oro degli artisti (di solito statunitensi) i cui valori lievitano a una notevole velocità, consentendo incrementi pecuniari calcolati in centinaia di migliaia di dollari oppure in milioni per i personaggi celebri. Tra i nomi più quotati del momento spiccano Christopher Wool, Mark Bradford, e soprattutto quel Jean Michel Basquiat a cui si devono venti delle cento migliori performance dell’anno, imponendosi come pilastro e re mida assoluto. Da segnalare comunque l’avanzata di alcuni esponenti cinesi, forti di un mercato interno assai motivato di fronte alla potenza a stelle e strisce. Sono circa 500 gli artisti richiesti, in grado di generare l’89% del profitto globale, su venti mila persone di cui almeno un pezzo è stato aggiudicato nel periodo tra luglio 2017 e giugno 2018. Il trio di testa concentra da solo il 22% delle entrate mondiali, con Basquiat che inanella i due colpi maggiormente redditizi attraverso la vendita dei dipinti Flexible (45.315.000 dollari) e Flesh and Spirit (30.711.000 dollari), seguiti da Jeff Koons grazie alla scultura Play ‘ Doh a 22.812.500 dollari e dall’asiatico Chen Yifei con il quadro Warm Spring a 22.640.280. Considerando la totalità delle opere passate di mano Basquiat ha realizzato un business da oltre 256 milioni di dollari con 125 vendite, mentre Peter Doig si ferma a 100 milioni attraverso 45 aggiudicazioni e l’altoatesino Rudolf Stingel giunge al terzo posto grazie a 52 milioni e 27 opere cedute. Stingel risulta il nostro connazionale nella migliore posizione, mentre sono nove gli artisti italiani nella graduatoria dei migliori 500: Maurizio Cattelan, Gino De Dominicis, Sandro Chia, Mimmo Paladino, Giuseppe Penone e l’emergente Marcello Lo Giudice. E dal 2000 i ricavi derivanti dalle vendite sono saliti del 1.700%, da 300 milioni ai quasi 2 miliardi dello scorso anno.