Corriere della Sera, 5 ottobre 2018
«Dark Tourist», sguardo (divertito) sulle vacanze macabre
Su Netflix c’è una nuova serie documentaristica che mi ha molto incuriosito: si intitola Dark Tourist e vede protagonista il giornalista e filmmaker neozelandese David Farrier. Farrier si è inventato un’idea molto originale e per otto puntate ha girato il mondo per visitare con uno sguardo divertito i luoghi che attirano con sempre maggiore frequenza una sorta di «turismo macabro», ultima sciagurata frontiera del turismo di massa, naturalmente enfatizzata dai social.
Si tratta di località diventate tristemente famose per grandi tragedie naturali, efferati fatti di cronaca, guerre e altre fatalità assortite. Per dire, nella prima puntata Farrier si reca a Medellin, Colombia, dove i tour organizzati sui luoghi di vita e malaffare di Pablo Escobar sono diventati un business fiorente che attira turisti da tutto il mondo e vede addirittura protagonisti alcuni dei suoi vecchi sicari.
Oppure viaggia fino in Giappone, per scoprire che nella zona di Fukushima esistono apposite guide che si occupano di portare i turisti internazionali in escursione nelle zone del disastro nucleare, tutti muniti di mascherine e apposito rilevatore Geiger per misurare le radiazioni. Lontani i tempi in cui il «gran tour», la forma più nobile del turismo, era un’occasione di formazione e crescita. In questo caso a dominare sono voyerismo e, sotto sotto, un inconscio desiderio di sentirsi più vivi che mai di fronte a luoghi di morte (simile al concetto di Sublime).
Si capisce subito che l’aspetto più interessante del racconto di Dark Tourist non sono tanto i luoghi ma le persone che li visitano: Farrier è attratto dal lato bizzarro della vita e fa emergere una sorta di ritratto antropologico (light) del «turista macabro» e delle sue grottesche motivazioni. Spero solo che a David Farrier non venga in mente di fare un salto in Italia: sul turismo macabro non scherziamo.