Corriere della Sera, 5 ottobre 2018
Le passioni bisex di Keira Knightley
«Sono abituata ai film d’epoca, da Orgoglio e pregiudizio a Anna Karenina. Gli amici, scherzando, mi definiscono “la donna della Belle Époque”. Ma interpretare Colette, una autentica rivoluzionaria, è stato un impegno straordinario», dice Keira Knightley, volto della «scandalosa» scrittrice e attrice francese (1873-1954). Il film Colette, diretto da Wash Westmoreland, presentato al Sundance e a Toronto, avrà un’anteprima italiana agli incontri del Cinema d’Essai a Mantova. Presto sarà al Festival di Londra per la prima europea.
Che cosa significa essere Colette?
«Non sempre capita a noi attori la possibilità di entrare nei pensieri e nello stile di vita di un mito. Tale è stata e sempre sarà la scrittrice-attrice francese, una donna libera che anche in futuro potrà essere definita “moderna”. In tutto: dal modo di vestire alle sue svariate libertà sessuali»
Come l’ha «scoperta»?
«Mia madre, autrice di teatro, è una fan di Colette. Mi ha insegnato a leggerla e a capirla. Aspetto con ansia il suo giudizio. Colette è stata e resta un patrimonio senza barriere di lingua, una presenza letteraria che ha ispirato il binomio “cinema e letteratura”. Il nostro film non è una biografia: scava sul legame della protagonista con il primo marito Willy, sulle sue relazioni con le donne».
Nessun imbarazzo nelle scene d’amore?
«Nessuno. Eravamo tutti, uomini e donne, coinvolti dai nostri personaggi e “innamorati” di Colette. Per esempio Dominic West, l’altro protagonista, ci diceva sempre che stava dalla parte di lei e giudicava il suo Willy un padre-padrone insopportabile».
Che cosa l’ha affascinata di più in una personalità così complessa?
«La trasformazione da ragazza semplice, arrivata a Parigi senza particolari ambizioni, in una donna emancipata. È riuscita per esempio a ribellarsi a quel marito che le ordinava “scrivi” come se lei fosse una schiava... Gli interni e gli esterni, che riproducono un’epoca artistica e mondana parigina, ci hanno aiutato. Ci sembrava di vivere dentro un quadro fin de siècle. Mi è piaciuto anche recitare con Fiona Shaw, un’attrice da me ammirata in teatro e sullo schermo».
Quale tra i libri di Colette predilige?
«Spesso rileggo “La vagabonda”, ma è la vita di Colette che mi ha letteralmente irretita e spero tanto che la platea giovane abbia voglia di leggere i suoi libri per scoprire tanto, anche la sua amicizia con il regista Sacha Guitry, che la scelse per una sua commedia».
Rivedendosi sullo schermo che cosa ha pensato?
«Mi sono detta: un film solo non basta a raccontare i passaggi della vita di Colette, la sua presenza nella “vie parisienne” e le sue relazioni. Le battaglie per la sua libertà e ciò che fece per riappropriarsi della creatività di scrittrice sono importanti: le femministe hanno fatto di lei una bandiera, nei tempi attuali del #MeToo Colette potrebbe essere strumentalizzata. Ma lei prese le distanze dal femminismo. Ho cercato di capirla nei desideri, nella sua vitale curiosità».
Un’attrice inglese per interpretare un mito francese... Teme critiche?
«Mi sono sposata in Francia, patria di Colette. I francesi forse mi perdoneranno sentendo la loro Colette parlare inglese».
Dopo questo film quali altri impegni ha affrontato?
«Sono stata fortunata perchè sono entrata nel mondo fantasy di Lo schiaccianoci e i quattro regni diretto da Lasse Lasse Hallström e Joe Johnston: sarà un regalo natalizio della Walt Disney per grandi e piccini. Con costumi fiabeschi mi sono sentita davvero a mio agio».
Lei ha sposato un musicista dei Klaxons, ha una bambina. Edie. Come concilia la vita di moglie e madre con un film dopo l’altro?
«Con fatica. Ma mi aiuta una tata insostituibile. E comunque resto a Londra, non mi trasferirò mai a Hollywood».