Corriere della Sera, 4 ottobre 2018
Lectio minimalis di Carlo Sini
La memoria corta genera ignoranza, presunzione e ingiustizia. Se fossi un docente di scuola dedicherei un tempo adeguato a ricordare la grande scuola dei traduttori nella Toledo medievale e poi a Siviglia e a Murcia (non so quanto oggi lo si faccia): senza di loro tutto il nostro sapere e la nostra cultura «occidentale», di cui giustamente siamo fieri e che sta diventando sempre più planetaria, non ci sarebbero. La premessa storica è il periodo d’oro della conquista araba della Spagna, accompagnata da una grande quantità di manoscritti. Quando i re cristiani si impadronirono di quelle terre, cacciando gli arabi (in realtà la situazione si ribaltò più di una volta), quei preziosi manoscritti ispirarono la grande impresa della loro traduzione in latino, consegnando un po’ alla volta a tutte le scuole d’Europa trattati preziosissimi di filosofia, di teologia, di astronomia, di scienza, di matematica e con essi una parte cospicua della cultura greca sino ad allora perduta o dimenticata in Occidente. Senza questi lavori la grande rivoluzione della Scolastica in Europa, patrocinata anzitutto da Tommaso d’Aquino, non sarebbe stata possibile.
La cosa ancora oggi straordinaria e degna di molta riflessione fu il progetto di far convivere in armonia studiosi arabi, cristiani ed ebrei: progetto che consentì quella fiorente scuola di traduttori che Alfonso X re di Castiglia e di Leon particolarmente protesse e potenziò, ispirando anche traduzioni dal latino al castigliano.
L’Occidente, in conclusione, è l’invenzione e l’uso della parola scritta, invenzione resa nel tempo universale dalla cultura greca. Come ogni pratica, anche la scrittura si accompagna a forme di vita e a istituti diversi, ma essa è e rimane il cuore della nostra cultura, greca, araba, romana, cristiana ed ebraica: ignorarlo o trascurarlo è un delitto contro la civiltà e un suicidio intellettuale.