Libero, 4 ottobre 2018
Né pacifista né vegetariano: il vero San Francesco
Anche il 2018 ha riservato al più santo degli italiani e al più italiano dei santi, Francesco d’Assisi, un’attenzione particolare che è venuta articolandosi attraverso opere di scavo interpretativo e narrazione simbolico-spirituale di grande interesse e spessore scientifico. Maria Sticco, con il suo San Francesco d’Assisi (edizione Porziuncola, euro 11, pagine 320), ha voluto raccontare la storia e gli scritti del Santo Poverello mixandone interpretazione e scritti delle fonti. Ne è venuto fuori un felice affresco che non può non indurre nel lettore un amore tenero e incondizionato verso questa straordinaria figura di homo spiritualis nell’accezione agostiniana del termine. Umberto Occhialini, nel libro Storia di Francesco. Il Santo d’Assisi (ed. Porziuncola, pagine 72, euro 7,60) fa rivivere il Patrono d’Italia con tratti di autentica poesia, senza tralasciare una rigorosa ricostruzione storica e ambientale; un ritratto simile a una ampia tavolozza con su spalmati dipinti che ricordano la scuola di pittura umbra. Pagine che fanno risuonare la voce di un uomo capace ancora oggi di trasmetterci il segreto di una vita piena, segnata dalla gioia.
NUDO IN PUBBLICO
Ne La nudità di Francesco. Riflessioni storiche sulla spoliazione del Povero d’Assisi, (Biblioteca Francesca editore, pagine 144) Marco Bartoli sviscera, sotto il profilo della significazione simbolica, uno degli episodi chiave dell’esistenza di Francesco: l’esibizione pubblica della propria nudità che si manifesta in almeno tre episodi importanti della vita del Santo: a Roma sul sagrato di San Pietro, ad Assisi davanti alle autorità cittadine, e alla Porziuncola, al momento della morte. Secondo l’autore, la spogliazione costituisce una delle chiavi di lettura più affascinanti e meno studiate della vicenda personale del santo di Assisi. Da qui la volontà di sottoporre al lettore una riflessione sulle intenzioni di Francesco e sulle interpretazioni di questo gesto fiorite subito dopo la sua morte, per cercare di comprendere sino in fondo la sua vita e il suo messaggio del Poverelo di Assisi. Questa sorta di breve Francis Quest sembrerebbe non discostarsi troppo da quella chiave di lettura eterodossa del Patrono d’Italia tenuta a battesimo da intellettuali come Vittorio Messori e Franco Cardini. Perché sarebbe il caso di ricordare che il «giullare di Dio» era tutt’altra cosa rispetto a quel santino buonista entro il quale il politically-correct lo vorrebbe costringere: una sorta di «araldo di un cristianesimo dolciastro, melenso, ecologico-pacifista» come scrive il grande medievalista Franco Cardini. Nei confronti della natura, tanto per cominciare, Francesco (come del resto tutti gli uomini del Medioevo) aveva un atteggiamento di lucreziana, prudente diffidenza. La vedeva come un nemico, un pericolo da domare. «La allegoria del lupo addomesticato parla chiaro – ricorda Messori nel suo Pensare la storia, una lettura cattolica dell’avventura umana, – la natura è matrigna, occorre dunque indirizzare al bene le pulsioni distruttive di cui ridonda». Qualche animuccia bella poi ha addirittura preteso di farne una sorta di vegetariano avant lettre. Anche qui siamo lontani dal vero anni luce. Quando poteva, ricorda ancora Messori, il figlio di Pietro di Bernardone mangiava allegramente bistecche e costatelle d’abbacchio. Di più. Una volta alcuni suoi discepoli pensarono di fargli cosa gradita promettendogli che, presto, avrebbero cominciato a nutrirsi di soli alimenti di origine vegetale. Francesco s’incavolò come una bestia e rispose loro che essere vegetariani avrebbe rappresentato una forma di lusso di chi può scegliere cosa mangiare: i frati, ammonì, devono accettare tutto ciò che la Provvidenza gli mette dentro il piatto, che si tratti di bacche o di preziose leccornie.
GUERRA AI MUSULMANI
Quanto all’altra fola del Francesco ecumenista e terzomondista Messori ricorda che «dopo la conversione, tutta la sua vita fu segnata dall’ansia non di dialogare accademicamente con i musulmani, ma di convertirli a Gesu Cristo. Più volte tenta di giungere in Oriente con lo scopo esplicito di conseguirvi il martirio: non vi andava, dunque, per diffondervi idee ireniche, ma per predicarvi il Vangelo». Spesso ci si dimentica che Francesco fu cappellano della quinta Crociata al cui seguito andò certamente non per indurre i cruce signati alla non violenza. Anzi, prima della celebre presa di Damietta, sul delta del Nilo, li esortò ad uccidere più saraceni possibile. Da ultimo si recò dal Sultano d’Egitto Malik al-Kamil non per «instaurare un dialogo interreligioso» come direbbe (e auspicherebbe) un prete di rito bergogliano ma per indurlo all’abiura in favore della fede in Cristo. Insomma «Francesco d’Assisi – taglia corto Cardini – non è affatto il personaggio che generalmente ci viene presentato adesso. Una sorta di scemo del villaggio che parla con gli uccellini e fa amicizia con i lupi».