la Repubblica, 4 ottobre 2018
L’ultima fuliggine sui minatori della Ruhr
"Addio, amore del mio cuore, addio! Laggiù nel profondo, nella notte oscura della miniera, penserò a te, penserò a te”. Il canto dei minatori della Ruhr, lo “Steigerlied”, non si spegnerà mai. Rimbalza sugli spalti degli stadi tedeschi da anni, da quando è diventato l’inno della mitica Schalke 04, la squadra di calcio di Gelsenkirchen.
Soprattutto: l’identità di questa parte della Germania è stata forgiata dal carbone e dall’acciaio. Nel bene e nel male.La Ruhr è il polmone nero del Paese, è stata l’orgoglio dei nazisti e la roccaforte inespugnabile dei socialdemocratici. Il “fabbro del diavolo” che ha armato la Germania guglielmina e poi quella hitleriana, ma anche il motore del boom economico che ha rimesso in piedi la Germania in macerie del dopoguerra. Ora il governo Merkel ha deciso – giustamente che le miniere vanno chiuse.
Perché inquinano troppo, perché la “cancelliera del clima” cerca disperatamente fonti alternative. E perché la Germania non può essere la Cina. Del resto, il grande cancelliere socialdemocratico Willy Brandt non aveva promesso di restituire “un cielo blu” alla Ruhr, mezzo secolo fa? Ecco.
Il 21 dicembre Prosper Haniel, l’ultima miniera di ‘Steinkohle’, il carbone più nobile e più difficile da estrarre, smetterà di pompare in superficie vagoni di “oro nero”. Niente più “tosse dei Krupp” come veniva chiamata negli anni del boom la silicosi, il cancro che decimava le famiglie di Essen e Duisburg e Bochum e Bottrop. Secoli fa, queste terre erano talmente ricche di carbone che i contadini le trovavano nei campi, i filoni esplodevano letteralmente in superficie. Oggi chi sfreccia con l’ascensore velocissimo nelle profondità di una terra andata in malora per lo sfruttamento intensivo, porta i tappi nelle orecchie. Una volta quel rumore infernale dei vagoni rendeva sordi dopo un paio di turni.
Con la chiusura di Prosper Haniel calerà il sipario su quasi due secoli di storia industriale della Germania. Con la consegna dell’ultimo pezzo di carbone al presidente della Repubblica, Frank-Walter Steinmeier, la lunga riconversione continuerà a costringere la Renania a ripensarsi, a ricostruirsi un’identità al di fuori dagli inni al carbone, della fiera tradizione proletaria e dei suoi corollari: il calcio e Santa Barbara, i chioschi con le patatine fritte e il senso dell’umorismo proverbiale, asciutto e tagliente.
Le facce nere di fuliggine, i panni stesi quando il vento soffia dalla parte giusta finiranno nei libri di storia, insieme a una concertazione incredibile, che dalla prima crisi dell’acciaio della fine degli anni ’50 è riuscita a spegnere un’acciaieria dopo l’altra, una miniera dopo l’altra senza lo scoppio di rivoluzioni per le strade della Ruhr.
Prosper Haniel fu aperta negli stessi anni in cui Alfred Krupp presentava al mondo il suo primo cannone in una lega di acciaio indistruttibile, alla metà dell’Ottocento. In queste settimane sono stati estratti gli ultimi vagoni per soddisfare il piano del 2018, un milione e ottocentomila tonnellate. Da qui a dicembre, dice un portavoce, ogni tuffo nei filoni “sarà simbolico”. E qualcuno, c’è da scommetterci, continuerà a cantare l’inno, forse con un filo di malinconia. “Buona fortuna, buona fortuna! Arriva il minatore, con la sua luce per la notte”.