la Repubblica, 4 ottobre 2018
La vittoria russa nella guerra degli scacchi
Alla fine lo scacco matto lo ha fatto la Russia. Dopo una lunga partita a tre all’ultima mossa, Mosca è riuscita ad assicurare il suo ex vice primo ministro Arkadij Dvorkovich al vertice della Federazione internazionale degli scacchi (Fide). La corona degli scacchi ha cambiato testa, ma non Paese: Dvorkovich succede all’eccentrico miliardario russo Kirsan Iliumzhinov, in carica dal 1995. Pur di non perdere lo scettro il Cremlino non ha esitato a muovere pedoni e alfieri in una campagna elettorale disseminata di ricorsi, accuse di scambi di voti ed interferenze politiche.Erano tre i candidati in corsa alle elezioni che si sono tenute ieri a Batumi, in Georgia: il greco Georgios Makropoulos, 65 anni, attuale vicepresidente della Fide, e il Gran maestro britannico Nigel Short, 53 anni, oltre al protégé del Cremlino, il 46enne Dvorkovich.
Presentandosi all’Assemblea generale che riunisce 188 Federazioni di tutto il mondo, Dvorkovich ha promesso di costruire «un’istituzione professionale, efficiente e trasparente». Poi è stata la volta di Short. Prima le dichiarazioni di rito, poi il colpo di scena: il ritiro della sua candidatura e il sostegno a Dvorkovich. Divise dal caso dell’ex spia Skripal avvelenata lo scorso marzo a Salisbury, Londra e Mosca si sono così trovate dallo stesso lato della scacchiera. A questo punto, il greco ha avuto poco margine: ad Arkadij sono andati 103 voti contro 78.Che Short e Dvorkovich avessero stretto un patto era diventato chiaro già quando, un mese fa, il Gran maestro aveva pubblicato su Twitter una loro foto in un esclusivo club londinese. Non è stata la sola mossa a sorpresa.
Secondo Adrian Siegel, tesoriere della Fide, almeno una trentina di federazioni scacchistiche sarebbero state contattate da diplomatici russi. Quest’estate funzionari africani avevano assistito grazie a biglietti omaggio ai Mondiali di calcio in Russia del cui comitato organizzativo era, guarda caso, presidente Dvorkovich. Diverse federazioni latino-americane avevano invece ricevuto lettere dall’ambasciata russa. E Vladimir Putin in persona sarebbe intervenuto per ingraziarsi il favore d’Israele.
Stando a un’email in ebraico di Pnina El-al, alta funzionaria del ministero degli Esteri israeliano, visionata anche da Repubblica, ricevendo il primo ministro Benjamin Netanyahu al Cremlino lo scorso luglio, gli avrebbe chiesto di sostenere la candidatura russa in cambio della promessa di tenere «il prossimo campionato» di scacchi in Israele.
Non è la prima volta che scacchi e politica s’intrecciano all’ombra del Cremlino. Quando nel 1972, in piena Guerra fredda, Bobby Fischer batté il campione del mondo in carica sovietico Boris Spasskij, non si trattò solo di una sfida sportiva, ma soprattutto politica tra i due blocchi del mondo. Ora, con Dvorkovich nuovo Re degli scacchi, la Russia vuole riguadagnare il prestigio perso durante il regno ventennale di Iliumzhinov. L’ex presidente della Calmucchia non solo aveva raccontato più volte di essere stato rapito da alieni in tute spaziali gialle e di essere alla sua «69ma vita reincarnata», ma era stato sanzionato dagli Usa per i suoi legami con il siriano Assad portando al congelamento dei conti della Federazione. Perciò era stato costretto alle dimissioni lo scorso luglio. Dvorkovich ha dalla sua credenziali politiche e scacchistiche. Vice premier con delega alla Cooperazione economica per sei anni e figlio di un arbitro internazionale degli scacchi nonché membro del Consiglio di sorveglianza della Fide, ha promesso di ridare lustro alla Federazione. Prossima mossa: ottenere lo scongelamento dei conti. Del resto, recita una popolare massima, la Fide è come la Fifa, bisogna solo togliere qualche zero.