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 2018  ottobre 04 Giovedì calendario

Netto il divario tra le due Germanie

I festeggiamenti del giorno dell’unità si sono svolti ieri a Berlino, città simbolo della divisione in due del Paese; capitale situata in quell’Est tedesco dove ventotto anni dopo la riunificazione i salari reali non hanno ancora raggiunto i livelli occidentali, essendo pari all’82 per cento di essi. Un velo di tristezza è calato sull’anniversario del 2018 mentre i sondaggi danno la Cdu di Angela Merkel superata in alcuni Stati dell’Est dall’estrema destra xenofoba di AfD. 
«La riunificazione tedesca – ha detto la cancelliera – non è finita. Ventotto anni dopo sappiamo che quello che definiamo unità tedesca è un processo e una lunga strada. È importante ascoltarci gli uni con gli altri, andare gli uni verso gli altri e non mollare». Non dimenticare Helmut Kohl, è stato il suo monito mentre anche sul Paese più grande dell’Unione europea si addensa la tempesta anti-sistema. 
I numeri di un avvicinamento ancora incompiuto nell’economia dicono che colmato l’enorme gap iniziale, i progressi sono stagnanti da quasi un decennio. Il report annuale sullo stato dell’unificazione diffuso dal Governo dice che nei Länder della ex Repubblica democratica tedesca la disoccupazione è al 7,6%, contro il 5,3 dell’Ovest; quella giovanile (8,4%) è il doppio; il prodotto interno lordo pro-capite dell’Est, inclusa Berlino, ha raggiunto il 73% di quello occidentale rispetto al 43% del 1991. 
Negli anni seguenti alla caduta del Muro la svolta era stata radicale, quasi impensabile: a un effetto iniziale drammatico che aveva visto crollare l’offerta di lavoro del 34% tra il 1989 e il 1992 e la disoccupazione balzare dallo 0% del regime comunista al 15 per cento, era subentrata una rapida crescita, grazie ai finanziamenti pompati a Est dal Governo con il “Patto di Solidarietà”: dal 2005 al 2019 un totale di 156 miliardi di euro. Ma negli ultimi dieci anni il riavvicinamento ha rallentato e la riduzione della disparità nel Pil pro-capite è stata di 4,2 punti percentuali. La differenza nel reddito disponibile è più o meno invariata dal 2000. 
L’industria privata non si è riversata a Est nonostante salari più competitivi (la produzione industriale pro-capite risulta tuttora pari al 52% del livello occidentale) e i Länder ex comunisti si sono man mano spopolati. Nel 1991 contavano il 18,3% della popolazione totale, oggi il 15,2. 
Inoltre, i cittadini dell’ex Ddr sono estremamente sotto rappresentati nell’economia, nella magistratura, nelle istituzioni governative. Nel Governo Merkel su 16 ministri soltanto due provengono dall’Est: la stessa cancelliera e la ministra della Famiglia Franziska Giffey nata negli ultimi anni di vita della Repubblica democratica, nel 1979. L’anno scorso dei top manager delle società del Dax era dell’Est l’1,6 per cento; l’1% di generali e ammiragli. 
Da un sondaggio dell’Università di Lipsia condotto nel 2015 emergeva che a Est i due terzi delle posizioni di vertice nelle amministrazioni, in politica, giustizia ed economia risultavano occupate da cittadini nati e cresciuti a Ovest. I tedeschi dei Länder orientali, hanno scritto ieri molti commentatori, lamentano di essere cittadini di serie B. Un lungo articolo della Faz si è chiesto se non ci sia stata un’umiliazione nel processo di riunificazione che si è trasformata in rabbia. Quella che esplode a Dresda, dove è nato il movimento anti-islamico Pegida o a Chemnitz. 
L’unità ritrovata, in effetti, non ha potuto riavvolgere il nastro della storia, eliminando 45 anni di vita dietro la Cortina di Ferro. Non ha spazzato via di colpo il ritardo accumulato in decenni néi ricordi amari di quando i tedeschi dell’Est vedevano i fortunati cittadini dell’Ovest fare vacanze nei resort del Mar Nero in Bulgaria – un Paese della “fratellanza socialista” – dove loro potevano a stento permettersi di prendere un caffè. Però il rammarico di chance e fortune perdute a causa del socialismo reale non è stato causato dalla riunificazione. 
Ancora una volta i freddi numeri possono aiutare a spiegare lo smarrimento e la rabbia. Nel passato, osservano i media, la xenofobia nell’Est si è nutrita della scarsità di contatti con gli stranieri. Tra il 2015 e 2016 la Germania ha accolto 1,2 milioni di rifugiati, distribuiti tra gli Stati in proporzione alla popolazione e alla ricchezza. Ma nell’Est meno densamente abitato abbondavano gli spazi. Risultato: nei Länder orientali (Berlino esclusa) è arrivato il 20,7% dei richiedenti asilo. Un numero ben più elevato della quota di residenti.