la Repubblica, 4 ottobre 2018
La crisi del settore costruzioni
milano Per Astaldi si profila – anche – la possibilità che intervenga un cavaliere bianco. Secondo quanto è trapelato il dossier sta girando sui tavoli degli addetti ai lavori: i big si contano sulle dita di una mano, forse meno, e il principale indiziato per una soluzione del genere è il più grande, Salini Impregilo. «Siamo interessati sempre a tutto e valutiamo in maniera opportunistica i vari progetti – ha dichiarato Pietro Salini, amministratore delegato del gruppo – nel mantenimento del profilo finanziario che abbiamo identificato. Bisogna vedere se l’operazione con Astaldi crea valore». Ma, ha specificato una nota del gruppo, «al momento non è stata presa nessuna determinazione». Secondo rumors di mercato il dossier, su cui sono molto attive le banche d’affari ma anche i principali creditori, è stato informalmente presentato a tutti i grandi gruppi di costruzioni, senza trovare al momento grandi riscontri. Il più motivato potrebbe essere proprio Salini. Insieme, i due gruppi sarebbero al primo posto in Italia (ora sono rispettivamente il primo e il secondo) e il nono in Europa, ben distanziati rispetto al vertice della classifica, che vede la francese Vinci, seguita dalla spagnola Acs e dall’altra francese Bouygues. A favore dell’ipotesi di unione gioca anche un altro elemento, la presenza dei due gruppi in alcuni grandi cantieri, tra cui la metro M4 di Milano, la parte italiana del Tunnel del Brennero e il porto d’Ancona. Astaldi, che ha appena presentato domanda di concordato in bianco, ieri in una nota ha ribadito che la procedura «ha lo scopo, tra l’altro, di garantire ai committenti la regolare prosecuzione dei lavori in tutti i cantieri». La società è gravata da debiti per 1,75 miliardi, in parte rappresentati da bond ( quello che scade nel 2020 vale 27 centesimi). La mazzata finale sul gruppo, già messo a dura prova dalla crisi venezuelana, è arrivata con l’impossibilità di cedere nei tempi previsti la concessione sul ponte sul Bosforo. Saltata la ricapitalizzazione, la società ha chiesto il concordato, su cui il tribunale potrebbe esprimersi la settimana prossima. Dopo fortissime perdite nei giorni scorsi, ieri il titolo ha chiuso in rialzo del 3,51% con grandi volumi, su cui la Consob ha acceso un faro. Ma la crisi di Astaldi è solo l’ultima tappa delle difficoltà che attraversa il settore dei grandi lavori. A fine luglio aveva chiesto il concordato in continuità Grandi lavori Fincosit, poco dopo Condotte era andata in amministrazione straordinaria – e proprio stamane si terrà una riunione presso il Mise tra commissari e sindacati – mentre continua ad essere in difficoltà Trevi. La società, partecipata da Cdp Equity, ha rimandato la riunione del cda per varare la manovra di rafforzamento di capitale: si parla di un aumento da 130 milioni, accompagnato dalla trasformazione di circa 250 milioni di crediti bancari in strumenti partecipativi. Un po’ tutte le società del settore vivono una realtà a due facce: una forte crescita del fatturato all’estero – più 4,6% nel 2017 – a fronte di un calo del 4,4% in Italia. La forte esposizione all’estero è anzi un effetto dell’ancora più netta contrazione del mercato interno, dove in dieci anni il fatturato si è ridotto di oltre un quarto. Ora i nodi stanno venendo al pettine e l’effetto- domino rischia di estendersi. In ballo c’è un settore che pesa per mezzo punto di Pil, le crisi attuali hanno già coinvolto circa 20mila addetti in Italia. Non solo, le difficoltà dei grandi gruppi mettono a repentaglio tutta la filiera dell’indotto: solo nel settore del calcestruzzo ci sono 30 milioni di crediti a rischio, per forniture coinvolte nelle procedure concorsuali. «L’effetto domino che sta interessando le grandi società è strettamente correlato alle scelte che farà questo governo sulle grandi opere – spiega Barbara Cerutti, della Filca Cisl – l’inspiegabile blocco del V lotto del Terzo Valico da parte del ministro Toninelli non è affatto una buona premessa».