la Repubblica, 3 ottobre 2018
Come ricavare acqua dall’aria
Entro il 2025, due terzi della popolazione mondiale potrebbero trovarsi in condizioni di stress idrico ( proiezioni Fao). E i dati dei satelliti Nasa mostrano già oggi come metà delle falde acquifere più vaste del mondo procedano verso l’esaurimento. Per prevenire le temute “guerre dell’acqua” del futuro, vale a dire le tensioni per accaparrarsi il prezioso “oro blu” a fronte dell’incremento demografico e dell’inaridimento del clima, una soluzione promettente è l’estrazione dell’acqua potabile dall’aria. Pratica che evita l’esaurimento per estrazione delle falde sotterranee. Del resto sono circa 13.000 i chilometri cubici di acqua sospesi, come umidità, nell’aria: più di tutta l’acqua contenuta nel secondo lago più grande del mondo, il Lago Superiore ( 11.600 chilometri cubici).
Una delle soluzioni più interessanti al problema – che a differenza di pressoché tutte le altre, non consuma energia elettrica – è italiana, ed è ideata dall’architetto Arturo Vittori. Si chiama” Warka Tower”, è formata da uno scheletro esterno, convesso, fatto di canne di bambù intrecciate, per un’altezza di 9 metri, che sorregge una fitta rete di nylon e polipropilene. È questa rete che fa condensare la rugiada mattutina, facendola sgocciolare verso una tanica interrata sotto la struttura. «In un giorno, una torre può raccogliere da 50 a 100 litri di acqua potabile», spiega Vittori. «L’ispirazione per questo progetto viene dalla natura: sia dalle spine dei cactus, che riescono a imprigionare le goccioline d’acqua trasportate dalla nebbia, che da un coleottero del Namib con microscopiche sporgenze sul dorso che condensano il vapore acqueo e convogliano acqua verso la bocca». È efficace soprattutto in quei luoghi dove l’umidità relativa dell’aria è alta. Tra le soluzioni che invece richiedono elettricità, la più presente sul mercato è quella dell’azienda sudafricana Water From Air: un condensatore per uso domestico che può produrre 32 litri d’acqua al giorno. Il principio di base è quello dei deumidificatori: spire metalliche dove circola gas refrigerante che abbassa la temperatura dell’aria circostante fino al punto in cui il vapore diventa liquido. Ma in più l’apparecchio di Water From Air filtra l’acqua prodotta e la sterilizza con luce ultravioletta in modo che si possa bere in sicurezza. È vero che in generale l’efficacia dei sistemi per catturare acqua dall’aria dipende dall’umidità relativa ( se inferiore al 50 renderebbe poco vantaggioso l’impiego di energia necessario alla refrigerazione) ma esistono nuove soluzioni appetibili anche per i Paesi più siccitosi. Un esempio è il sistema messo a punto da ricercatori inglesi: un’unità raccogliacqua contenuta in un container, capace di funzionare con un’umidità relativa del 15% e di produrre tra 500 e 2000 litri al giorno, a seconda del clima. Alimentandosi con energia solare.
Funziona a energia solare anche un nuovo prototipo di raccoglitore d’acqua realizzato da ricercatori dell’University of California di Berkeley e sperimentato con successo nel deserto dell’Arizona. Grazie a un materiale altamente poroso detto” reticolo metallorganico” – formato da ioni metallici connessi tra loro da leganti organici in modo da lasciare molto spazio vuoto all’interno ( fino al 90% del volume del materiale) – il macchinario assorbe acqua durante la notte, e poi, di giorno, grazie all’energia generata dalle celle fotovoltaiche, la eroga. Così si possono produrre 0,2 litri d’acqua per ogni chilogrammo di materiale. Ma proprio il materiale, è, oggi, l’ostacolo a una diffusione di massa: lo zirconio usato per il reticolo metallorganico è infatti costoso. I ricercatori californiani hanno però in via di sviluppo un secondo modello basato sull’alluminio, 150 volte più economico e capace di catturare una quantità doppia di acqua.
Un approccio ancora più adatto ai climi più secchi è quello ideato da Cody Friesen, docente di scienza dei materiali all’Arizona State University che ha fondato la startup Zero Mass Water. Invece di usare un supermateriale poroso, Friesen ha pensato di usare un essiccante inserito all’interno di un pannello solare. L’essiccante – un mix di cloruro di litio e ioni organici – permette di assorbire acqua dall’aria anche quando l’umidità relativa è di appena il 5%, e l’energia prodotta dal pannello solare fa girare una ventola che attira il vapore esterno verso l’essiccante, dove si condenserà in acqua. Un singolo “idropannello” – di dimensioni 1,2 x 2,4 metri – può generare fino a 5 litri d’acqua al giorno, e con un’apposita cartuccia contenente calcio e magnesio, si può generare acqua ricca di sali minerali, e quindi più salutare per l’uso potabile. Usato per 5 anni, l’idropannello ideato da Friesen risparmierebbe al Pianeta lo smaltimento di 10.000 bottiglie di plastica da 1,5 litri.