Avvenire, 3 ottobre 2018
Direttori sportivi, quelli che studiano da Marotta
I nomi di Fabio Paratici, Pantaleo Corvino, Igli Tare, Walter Sabatini, Monchi e Cristiano Giuntoli sono conosciuti da tutti gli appassionati. Sono i direttori sportivi ai quali viene riconosciuto grande fiuto per le loro mosse sul mercato: una lunga serie di talenti scoperti e valorizzati con beneficio dei club di appartenenza in termini di laute plusvalenze.
Paratici si è consacrato alla Juventus insieme a Beppe Marotta, dopo gli inizi alla Sampdoria sempre a fianco del dirigente lombardo. E dopo le clamorose notizie di questi giorni il ds piacentino sarà sempre più protagonista nel progetto bianconero. Corvino ha iniziato a scovare giovani campioni al Lecce all’inizio dello scorso decennio e ha proseguito a Bologna e Firenze (anche se in modo meno eclatante). Tare sta facendo miracoli alla Lazio: una lunga serie di acquisti azzeccati simboleggiata dal colpo Milinkovic-Savic che ora vale quasi 15 volte di più della cifra pagata tre anni fa per comprarlo dal Genk. Sabatini ha lasciato il segno tra Palermo e Roma, non è riuscito a ripetersi a Milano sponda Inter, a causa delle difficoltà di raccordo con la proprietà cinese, e ha dovuto fare i conti con qualche problema di salute all’inizio della sua nuova avventura alla Sampdoria. Monchi è stato chiamato alla Roma proprio al termine dell’era Sabatini per bissare le prodezze manageriali esibite col Siviglia. E Giuntoli, dopo la splendida avventura di Carpi iniziata in Serie D e finita in A dopo quattro promozioni, sta aiutando De Laurentiis a tenere in alto il Napoli. Da manuale la costruzione del centrocampo partenopeo, effettuata puntando su giocatori di squadre medie del campionato italiano come Allan, Zielinski e Diawara.
Ma, alle loro spalle, tutti devono ingegnarsi alla ricerca del talento giusto per tenere in equilibrio risultati del campo e conti di bilancio. A maggior ragione in provincia dove non è possibile spendere troppo sul mercato e la plusvalenza giusta può garantire ossigeno e- conomico per più di una stagione. Da questo punto di vista, il faro è rappresentato dall’Atalanta con la coppia formata da Giovanni Sartori e Gabriele Zamagna, rispettivamente responsabile area tecnica e direttore sportivo (con Umberto Marino direttore generale): negli ultimi anni sono stati tanti i giocatori scovati nel settore giovanile o nelle serie minori, oppure valorizzati dopo esperienze non esaltanti con altre squadre, e rivenduti regolarmente a più di 20 milioni. Notevole anche il lavoro svolto alla Sampdoria dal ds Carlo Osti assistito da Riccardo Pecini, nel ruolo di talent scout internazionale. Basta scorrere le formazioni blucerchiate per rendersene conto: Praet, Ramirez, Linetty, Kownacki e Shick (ceduto a peso d’oro alla Roma) sono solo alcuni dei giocatori acquistati nelle ultime stagioni e protagonisti di un ottimo rendimento sul campo. Non a caso Pecini – anni fa frettolosamente lasciato andare dal Milan al Monaco – è stato cercato dall’Empoli dove si è accasato a partire dallo scorso luglio.
L’Empoli è un’altra società che ha un grande bisogno di setacciare campioncini da valorizzare rapidamente. E riesce ad assolvere bene questo compito. Il mercato dei toscani – condotto insieme al ds Beppe Accardi – ha già dato indicazioni chiare, come dimostra ad esempio l’arrivo di Rasmussen e Mraz (molto interessante anche l’ingaggio di Bennacer a Empoli dal 2017). Gianluca Petrachi al Torino sta scovando giocatori dall’impatto immediato in Serie A, come Meité. Molto buono il lavoro di Daniele Faggiano a Parma e Davide Vagnati alla Spal, entrambi capaci di allestire squadra in grado di passare dalla Serie C alla A con buone risposte nella massima divisione. La centralità dei direttori sportivi viene confermata dalla loro forte mobilità. Solo i grandi club hanno la forza di trattenere i migliori: vedi il caso della Juventus con Paratici che ha firmato un rinnovo di contratto al rialzo all’inizio dell’estate. Gli altri devono accettare a malincuore la partenza dei loro ingegneri calcistici, che assemblano la squadra così come gli ingegneri della F1 perfezionano le monoposto. Negli ultimi mesi sono state ben 7 su 20 le società di Serie A che hanno vissuto cambiamenti al vertice del loro organigramma tecnico. Un numero che sale a 8 considerando l’addio di Marotta alla Juventus: i Campioni d’Italia mantengono la continuità grazie a Paratici, ma se ne va l’ad che governava la parte sportiva. Hanno vissuto avvicendamenti il Cagliari con l’arrivo di Marcello Carli dall’Empoli, l’Empoli stesso come detto con l’approdo di Pecini, la Sampdoria con l’innesto di Sabatini a fianco di Osti, il Sassuolo con il ritorno di Giovanni Rossi, l’Udinese con l’affidamento dell’area tecnica a Daniele Pradè, il Frosinone con l’affidamento a Stefano Capozucca dell’incarico di consulente di mercato e il Milan con l’uscita di scena di Marco Fassone e Massimiliano Mirabelli, sostituiti da Leonardo e Paolo Maldini. Il numero sale a 10 allargando l’arco temporale al 2017 quando hanno modificato posizioni dirigenziali nell’area tecnica Genoa, Chievo e Roma con gli arrivi rispettivamente di Giorgio Perinetti, Giancarlo Romairone e del già citato Monchi. Metà dell’attuale Serie A quindi ha vissuto modifiche importanti nell’ultimo anno e mezzo. Come sempre in questi casi, la continuità è un requisito fondamentale perché consente di portare a termini programmi a lunga scadenza. Ma non è facile perché i maghi del mercato sono richiestissimi in questa nuova era calcistica sempre più votata alla sostenibilità di bilancio. La via maestra per galleggiare sulla superficie di questo mare è comprare a poco e rivendere a tanto. Una strada molto più rapida rispetto a quella dello sviluppo dei ricavi commerciali, oltretutto possibile per i grandi club, molto meno per le società di provincia. Per questo serve il ds giusto, con i suoi osservatori di fiducia.
Senza dimenticare, però, che talvolta ci pensa direttamente il proprietario. È il caso, ad esempio, dell’attuale capocannoniere della Serie A, il polacco del Genoa, Krzysztof Piatek, del quale Enrico Preziosi si è invaghito vedendo alcuni filmati mostrati dall’agente Gabriele Giuffrida durante una cena estiva a Ibiza. Da lì è scoccata la scintilla che ha portato al colpaccio del momento. Ma il capolavoro in questo senso lo ha confezionato Massimo Moratti nell’estate del 2009 quando si mosse personalmente per andare a vendere Zlatan Ibrahimovic al Barcellona in cambio di Samuel Eto’o più 50 milioni, utili a finanziare il prosieguo della campagna acquisti con Lucio e Sneijder dopo che alla Pinetina erano già stati portati Thiago Motta e Milito. Una serie di movimenti ricordati come “il mercato perfetto”. Non a caso da lì nacque l’epopea del Triplete. Ma queste sono eccezioni. Di solito è materia da direttori sportivi bravi.