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 2018  ottobre 03 Mercoledì calendario

La sindrome degli zombie: i vivi che si credono morti

A tutti è noto il potere persuasivo della psiche: essa sa convincerci anche di ciò a cui non vorremmo credere. Ci rende insicuri pur non avendo motivo di esserlo, malati pur essendo sani, insulsi pur essendo magnifici e, perfino, morti pur essendo vivi. Era il 1882 quando una donna passata alla storia con lo pseudonimo di ‘Mademoiselle X’ si recò nell’ambulatorio del neurologo francese Jules Cotard lamentando fastidi dei quali il medico fece fatica a capacitarsi: a suo dire non percepiva più il possesso di stomaco, intestino, nervi, cervello e torace. Ella riconduceva il tutto a un periodo risalente a due anni prima, durante il quale, il suo corpo, sembrò manifestare dei cambiamenti immotivati che, nel corso di tutto questo tempo, avevano insinuato in lei il sospetto di essere morta, tanto da non sentire più il bisogno di nutrirsi e di adempiere anche alle più elementari funzioni fisiologiche. Sono sconosciute, ai posteri, le sorti della dama, ma la sua vicenda ha dato modo di approfondire una rara patologia nota come ‘sindrome di Cotard’, della quale oggi si ha un ampio riscontro bibliografico. Cotard, per renderne accessibile la comprensione anche al profano, coniò l’espressione ‘délire de négation’, ossia: ‘delirio di negazione’. Il malato è infatti animato dalla più ostinata convinzione di essere privo di vita, e pur ricevendo tangibili smentite in proposito e relazionandosi con la gente viva attorno a sé, resta fermo sulle sue paradossali idee. Gli studi più accreditati sulla materia attribuiscono tutto a un’interruzione patologica delle fibre nervose che connettono il centro delle emozioni alle aree sensoriali, il soggetto colpito avverte quindi un inesorabile distacco emotivo dalla realtà che lo circonda, e riscoprendosi incapace di provare emozioni, giunge alla conclusione di essere deceduto. Non è difficile contestualizzare ai nostri giorni la sindrome di Cotard, essa, infatti, non smette di falciare vittime, le quali vengono denominate anche ‘cadaveri che camminano’ o ‘morti ambulanti’. L’esempio contemporaneo più lampante risale ad appena un quinquennio fa, ed è rappresentato dalla storia di Esmé Weijun Wang, la quale, in seguito a un incidente aereo avuto nell’ottobre del 2013 su un volo da Londra a San Francisco, ha perso conoscenza per quattro ore. Una volta rinvenuta si è persuasa che i medici e gli infermieri che l’avevano soccorsa le mentissero parlando del suo temporaneo collasso: era certa di essere morta. Fu per questo che smise di mangiare, bere, parlare e lavorare, ma i suoi congiunti intervennero in tempo da salvarle la vita. Quella di Esmé è una storia dall’evidente lieto fine, tuttavia, coloro con i quali la donna ha condiviso questa patologia, si sono spesso tolti una vita che credevano di avere già perso, appiccando su di sé il fuoco per purificare la propria anima, considerandola dannata per l’eternità. La sindrome di Cotard, tanto rara quanto insidiosa, ha già registrato un centinaio di casi dalla sua scoperta, e nella maggior parte di essi si è manifestata attraversi sintomi che, se riscontrati tutti assieme in un unico individuo, hanno permesso di giungere a una sicura diagnosi. Ecco i più comuni: ansia incontrollabile accompagnata da un dislocamento che impedisce di capire dove ci si trovi; autolesionismo violento che sfocia nel suicidio; alterazione immotivata dell’olfatto tale da annusare il puzzo della propria carne in putrefazione; deliri di dannazione eterna e, soprattutto, sensazione di non possedere più gli organi vitali. Nonostante questa patologia vanti diverse verifiche e studi che permettono di riconoscerla quale ufficiale disturbo della mente, essa non è considerata una malattia a sé stante, bensì una conseguenza di altri squilibri mentali quali schizofrenia, disturbo bipolare, morbo di Parkinson e demenza. Ad oggi, la terapia volta al recupero del paziente, prevede la somministrazione allo stesso di antidepressivi, antipsicotici e stabilizzatori dell’umore. Qualsiasi sia l’origine di questa bizzarra mania, la cosa che di essa stupisce di più, è che i morti viventi non siano solo il prodotto della penna dei più creativi sceneggiatori dell’horror: gli zombie trovano spazio tanto nella cinematografia quanto nel mondo che ci circonda, e chissà che le cause del loro disturbo non siano da indagare nell’inconscia fuga da una realtà rispetto alla quale, l’idea della morte, rappresenta perfino un confortante rifugio.