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 2018  ottobre 03 Mercoledì calendario

Fca, si annunciano tempi duri: vendite giù e rischio diesel

L’ha detto con linguaggio felpato, ma l’ha detto: la prossima fase non sarà semplice. Nel presentare ai dipendenti la nuova struttura manageriale del gruppo Fca, il nuovo amministratore delegato, Mike Manley, ha avvertito i circa 86 mila uomini e donne alle sue dipendenze in Italia che “i prossimi cinque anni continueranno a essere estremamente impegnativi per il nostro settore”. Ovviamente, ha assicurato, ce la faremo grazie alle nostre competenze, alla flessibilità, etc etc.
I prossimi cinque anni sono quelli in cui dovrà essere applicato il piano industriale presentato lo scorso giugno dallo scomparso Sergio Marchionne, piano che però si presenta molto complicato tanto da far dire alla Fiom-Cgil che siamo in una situazione di “allarme rosso”. Il primo problema si materializzerà oggi quando il Parlamento europeo voterà le nuove norme per ridurre le emissioni di biossido di carbonio prodotte dalle autovetture nuove.
L’obiettivo è il taglio delle emissioni del 45% entro il 2030 delle autovetture nuove rispetto ai limiti del 2021, con un obiettivo intermedio del 20% entro il 2025. Alle case automobilistiche, inoltre, verrà chiesto che i veicoli a emissioni zero rappresentino il 40% delle vendite di auto e furgoni nuovi entro il 2030 e il 20% entro il 2025.
La prima conseguenza del cambio delle normative in un mercato che sta già scontando il futuro, è il crollo delle vendite di vetture alimentate a diesel. A settembre, a seguito dell’inasprimento delle norme sulla circolazione, sono diminuite del 38,3% mentre da inizio anno la flessione è del 9% passando da 878 mila a 799 mila. Nello stesso periodo le vendite di auto ibride ha avuto un balzo del 33,2%, e quello delle elettriche del 150% ma stiamo parlando, nel primo caso, di sole 16 mila auto in più, mentre nel secondo di un volume complessivo pari a 3588 auto vendute.
L’evoluzione del mercato mette alla prova il piano industriale di Marchionne-Manley in cui è previsto un investimento di 9 miliardi per l’elettrificazione dei marchi di tutto il gruppo. Ma i risultati non si sa quando verranno. Al 30 settembre, secondo i dati Unrae, sulle 65 mila vendute ibride vendute in Italia 45 mila sono della Toyota e tra le prime dieci vetture vendute non figura nessuna Fca e nemmeo tra quelle relative al solo mese di settembre. Di strada da fare ce n’è ancora tanta.
Fca è stato il gruppo ad avere l’andamento peggiore in termini di vendite sia in Italia che in Europa. Nel nostro Paese la flessione nel periodo gennaio-settembre è stata del 10,52% (dati Unrae) con una quota di mercato passata dal 29,17% al 26,97. A flettere clamorosamente sono le auto con marchio Fiat con meno 20% e quelle Lancia-Chrysler con meno 27% non compensate dal quasi raddoppio del marchio Jeep-Dodge che fa un balzo dell’86,46% con un volume complessivo di circa 65 mila auto. I concorrenti vanno meglio con il più 7% di Volkswagen e il più 6% del gruppo francese Psa che, considerando anche il marchio Opel acquisito lo scorso anno, fa invece un balzo del 45%.
La situazione europea è un po’ migliore e Fca ha un andamento positivo delle immatricolazioni grazie alle 117 mila vetture Jeep (contro le 65 mila del 2017) che frenano la caduta del marchio Fiat e di quello Lancia-Chrysler.
Sembra così premiata la strategia di diversificazione sul cosiddetto modello Premium di fascia alta basato su crossover (Jeep) e sulle berline come Giulia dell’Alfa Romeo o Levante della Maserati. Come però rilevava ieri Autonews, il sito specializzato degli Stati Uniti, il nuovo responsabile Fca dell’Europa e Medioriente (Emea), Pietro Gorlier, avrà un compito molto difficile perché a giudicare dai risultati del secondo trimestre l’utile netto dell’area si è fermato al 3% contro il 7% del gruppo francese Psa che Manley ha indicato come il modello di riferimento. Nell’area Emea, scrive Autonews, Fca soffre di “bassa profittabilità e alta sovracapacità produttiva”. L’Alfa Romeo dovrebbe trainare il segmento alto ma finora ha prodotto solo la Giulia e lo Stelvio Suv mentre la Giulietta è vecchia di 8 anni. Gli stabilimenti “del lusso”, in Piemonte a Mirafiori e Grugliasco, dove si produce Maserati, hanno subito un fermo produttivo dal 26 settembre al 5 ottobre. Pomigliano ha siglato lo scorso luglio un accordo per la cassa integrazione fino al 10 settembre 2019 in preparazione della nuova produzione che a oggi non è stata indicata e ormai è forte il rischio di un disallineamento tra durata degli ammortizzatori sociali e avvio dei nuovi prodotti. E se la Fiom parla di “allarme rosso”, ma invita il ministro Luigi Di Maio a prendere in mano la situazione, anche la Fim segnala più di una preoccupazione “in particolare per Pomigliano e per il Polo produttivo torinese, dove gli ammortizzatori sociali sono in esaurimento”. Senza contare il problema di Magneti Marelli, che tra l’altro produce a Bari motori elettrici, è che è data in vendita al fondo di private equity Kkr che al momento lascia con il fiato sospeso gli oltre 10 mila dipendenti italiani. A tutti questi Manley dovrà dire qualcosa di più che inviare una semplice lettera.