Corriere della Sera, 2 ottobre 2018
I pendolari del gioco, dal Piemonte in Liguria a caccia di macchinette
CENGIO (Savona) La coppia di pensionati arrivava ogni domenica mattina, subito dopo la messa. «Erano carini, giocavano tenendosi per mano» ricordano i gestori dei bar. L’affetto reciproco non impediva certo l’attività sulla quale erano concentrati. Per tirare la leva della slot machine infatti basta un braccio.
I due anziani coniugi risalivano via Padre Garello dall’alto in basso, prima Luccy e Carlie, poi Carte diem, che sarebbe una edicola-tabacchi con macchinette, e infine attraversavano il marciapiede per il Bar Pier, dove accanto alla sala biliardo, che è l’attività regina del locale, c’è un angolo più appartato e redditizio. A memoria d’uomo sono stati i primi, l’avanguardia. Venivano da Camerana, che sarebbe Piemonte, ma è distante solo 9 chilometri da Cengio, che invece è Liguria.
L’impasto tra due diverse regioni non è una novità nella Val Bormida, quella striscia di terra tra le Alpi liguri e il Tanaro dove la provincia di Savona si mischia con quelle di Cuneo, Asti e Alessandria senza incontrare confini naturali. Ma se le due regioni hanno legislazioni e idee quasi opposte sul gioco d’azzardo, la promiscuità territoriale diventa una via di fuga per chi alle giornate trascorse davanti alle macchinette proprio non ci vuole rinunciare. Che sia ludopatia o semplice solitudine, il risultato è un pendolarismo da bar che non prevede tappe nelle sale giochi, titolari di clientele più fidelizzate, ma passaggi collettivi da un paese limitrofo ai bar dell’altro.
I due pensionati di Camerana non hanno neppure aspettato la nuova stretta a livello nazionale arrivata nel febbraio del 2018. Gli è bastata la legge della Regione Piemonte che vietava di installare le macchinette nelle aree sensibili dei centri abitati. Appena pochi passi ed è Liguria, dove invece vige una sorta di libero arbitrio affidato ai sindaci, una liberalizzazione non dichiarata del gioco. Con i suoi tre bar muniti di slot machine a pochi metri l’uno dall’altro, via Padre Garello è la «strada del vizio» di Cengio, tremila abitanti e un nome inevitabilmente legato nell’immaginario collettivo ai brutti ricordi lasciati dallo stabilimento dell’Acna. Chiara di Carte diem sostiene che «il notevole incremento» di forestieri non è altro che una ricompensa per i taglieggiamenti subiti dallo Stato. «Le facce nuove sono in continuo aumento» racconta la signora Giancarla di Luccy e Carlie. «Per giocare alle slot arriva ormai molta gente che non è del paese. Meno male».
Dipende sempre dai punti di vista. Il proibizionismo del Piemonte è diventato una panacea per i bar liguri nelle zone di cerniera tra le due regioni. «Sono soprattutto pensionati, piemontesi anziani che non sanno più come riempire le loro giornate» spiega Pier del locale omonimo. «Giocano somme importanti, quasi per sfogarsi. Perché a una certa età è più difficile rinunciare ad abitudini radicate». Il pudore che da sempre accomuna gestore e cliente, chi ci guadagna e chi ci perde, non consente di quantificare questo pellegrinaggio non organizzato, fatto da persone che si muovono a piccoli gruppi. Ma da queste parti la gelata dovuta alla legge di stabilità del 2016, che prevedeva di ridurre del 34 per cento entro giugno 2018 il numero dello slot machine a livello nazionale, non è proprio arrivata.
Nei primi sei mesi dell’anno Cairo Montenotte, la «capitale» ligure della Val Bormida, ha fatto registrare tra video lotteria e slot una spesa di 14 milioni di euro, sei in più dello stesso periodo nel 2017, quando la città aveva avuto una impennata nelle giocate senza pari negli altri centri dei nord Italia sotto i quindicimila abitanti. A Cengio e Millesimo, i due paesi più vicini al Piemonte, da gennaio a giugno sono stati spesi per le slot machine quasi tre milioni, 810 euro per abitante, una cifra abnorme che può essere spiegata solo con l’intervento di agenti esterni. Come i pensionati piemontesi.
A ogni legge corrisponde sempre il suo aggiramento, recita la saggezza popolare. E neppure il Piemonte fa eccezione. Mr Slot è una sala giochi alla periferia di Cairo Montenotte, che rivaleggia con un’altra poco distante, gestita da cinesi. Maurizio Varaldo è uno dei titolari, esperto di un settore che frequenta da ormai vent’anni. «Hanno fatto il gioco delle tre carte, è il caso di dirlo». La stretta con annesso repulisti delle macchinette in eccedenza è stata fatta imponendo un tetto per ogni singolo locale ai noleggiatori, obbligati a riprendersi le slot che non raggiungevano i 180 «in», le 180 monetine giornaliere. Almeno tre su dieci. Ma i noleggiatori piemontesi, che hanno le mani libere per via della legislazione regionale e dichiarano una perdita del 40% del volume d’affari, si sono riversati in Liguria a riempire un vuoto che ammonta al 34% del mercato.
Tutti contenti, a cominciare dai locali liguri della Val Bormida. Alle 18 di una sera di inizio autunno nell’angolo slot del bar davanti alla stazione di Millesimo non entra neppure uno spillo. Dentro ci sono sei persone, cinque uomini e una donna, di una certa età. Vengono da una frazione di Acqui Terme, Piemonte. Sono arrivati insieme. Hanno l’espressione concentrata. Impossibile capire se sono felici o tristi. Non parla nessuno. L’unico rumore che si sente è quello dei gettoni che cadono nella vaschetta di metallo.