Luca Bizzarri, ma non è che lei nella città di Beppe Grillo rischia di fare un percorso simile, nascendo comico e finendo per diventare un leader politico, magari anti populista?
«Per l’amor del cielo, non scherziamo. Io con la politica non c’entro nulla, faccio già fatica adesso a fare il mio, relazionandomi con la politica nella mia posizione attuale (è presidente di Palazzo Ducale a Genova, ndr)».
Si, però lei sta diventando un punto di riferimento per moltissimi, in primo luogo per i genovesi che si sentono traditi da questo governo. Altro che Camera cafè, lei non ha mai avuto così poca voglia di ridere e scherzare come adesso.
«Quello che è successo il 14 agosto ha cambiato la vita di tutti noi.
Ognuno reagisce a proprio modo, io lo faccio dicendo quello che penso e sento con il mio linguaggio che non è certo quello della politica ma del giullare».
Lei ha detto che con Genova «non c’è stata serietà».
«Mi sembra evidente. Cosa è stato fatto per Genova dal 14 agosto?
Nulla, non è successo nulla. Questo decreto, io non sono un esperto, non mi sembra l’ideale, si presta a un sacco di ricorsi che possono allontanare la ricostruzione. Per fortuna i genovesi hanno reagito alla grande. Eravamo terrorizzati che la città si paralizzasse per il Salone Nautico, che ha portato 175mila visitatori. Invece, non è successo. Non sto dicendo che il traffico sia scorrevole, tutt’altro, ma i genovesi e le istituzioni cittadine si sono dati da fare. Il rischio, però, è che tra un po’ nessuno parli più di Genova, ma è un rischio che credo non convenga correre a chi ci governa».
In che senso?
«Genova sinora si è dimostrata tenace e paziente, ma è anche una città incazzosa, non è il caso di correre certi rischi».
Senta, ma lei il progetto di Renzo Piano se fosse il commissario, lo porterebbe avanti?
«Non sono il commissario, per fortuna. Io dico che con questi chiari di luna, forse bisognerebbe salvare l’esistente e provare a metterci una pezza, altrimenti chissà quando rischiamo di avere il nostro ponte. Ma questa è veramente una battuta che potrei fare al bar, vi prego non prendetela troppo seriamente».
I politici farebbero meglio a stare meno sui social e a lavorare di più, ha detto. A chi si riferisce?
«A tutti, soprattutto a quelli, molti, che non li sanno usare, i social. Io dico: prima di scrivere stupidaggini, fatevi consigliare da un amico esperto. Quelli del Pd, per esempio, perché non si telefonano invece di scriversi a distanza su Twitter per fare a gara a chi ce l’ha più lungo? Altri partiti sono nati sul web e magari sono più esperti della materia, ma non sempre».
Si riferisce ai Cinque stelle? E Toninelli allora?
«Quello è un caso particolare su cui sospendo il giudizio. Penso che un ragazzo di 16 anni gli avrebbe utilmente consigliato di non pubblicare quelle foto in vacanza dopo il crollo del ponte. Per quello ho suggerito ai nostri politici: trovatevi un amico che vi aiuti a non sbagliare. Altrimenti sono dolori. E che tristezza».