la Repubblica, 2 ottobre 2018
La Grecia prova di nuovo a chiedere flessibilità
I conti della Grecia vanno meglio del previsto. E Atene, come l’Italia, prova a sfidare la Ue e presenta un bilancio 2019 dove non ci sono i tagli alle pensioni concordati con Bruxelles, Bce e Fmi prima dell’addio alla Troika. La prova di forza di Alexis Tsipras era nell’aria da tempo: le elezioni generali sono in calendario tra un anno (ma molti scommettono sul voto anticipato a febbraio), Syriza – che nei sondaggi insegue con qualche punto di distacco il centrodestra di Nea Demokratia – ha bisogno di qualche “scalpo” da presentare al suo elettorato”. E il premier ha deciso di calare il jolly cancellando la sforbiciata agli assegni previdenziali – la quattordicesima dal 2010 – che avrebbe dovuto entrare in vigore dal primo gennaio.
La sfida della Grecia a Bruxelles, contrariamente a quella lanciata dal governo gialloverde, è giocata in punta di fioretto, con tutte le carte specie quelle sui numeri – scoperte e senza isterismi, tanto che lo spread ellenico è salito di pochi punti dopo l’annuncio a quota 367, nemmeno troppo lontano da quello tricolore. «La nostra non è una scelta unilaterale ma logica – ha detto Tsipras – troveremo un accordo». Atene ha un debito molto peggiore del nostro, pari al 183% del Pil, ma la sua economia è in netta ripresa (+2,1% quest’anno). E il governo è convinto di aver maturato qualche credito con l’Unione grazie alla disciplina fiscale dimostrata negli ultimi tre anni. La richiesta di flessibilità sulle pensioni – ha spiegato il portavoce dell’esecutivo Dimitris Tzanakopoulos – «è giustificata dall’equilibrio dei nostri conti». L’obiettivo 2018 di un avanzo primario al 3,5% imposto dall’ex-Troika – dicono ad Atene – sarà battuto per circa 900 milioni. Lo stesso succederà il prossimo anno. E grazie a questo surplus – è l’auspicio di Tsipras – Bruxelles potrà dare semaforo verde alla cancellazione delle pensioni.
Nessuno sotto il Partenone ha voglia di andare allo scontro frontale con l’Europa. Pesa il ricordo del 2015, quando Syriza ha ingaggiato un corpo a corpo con la Troika snobbando gli effetti sui mercati e lo spread.
Copione non molto diverso, fatte le debite proporzioni, con quello in scena in queste ore sull’asse Roma-Bruxelles. Come è andata a finire in Grecia si sa: l’economia è andata a picco, le banche sono saltate, sono stati introdotti rigidi controlli dei capitali. E Syriza alla fine ha dovuto trangugiare un terzo programma di tagli più duro di quelli precedenti. Il costo per il salvataggio di Atene è aumentato in quei sei mesi di braccio di ferro tra gli 86 e i 200 miliardi di euro, calcola il Fondo salvastati. E nessuno oggi ha voglia di fare il bis.